Le registrazioni sul campo (61)
Nel vivo degli eventi rituali e festivi
Nel pubblicare i sette microsolchi de "La tradizione in Campania", De Simone dichiarava, nel luglio del 1978, di essersi attenuto a presupposti e convinzioni acquisite durante quindici anni di ricerca sull'espressività popolare in Campania che lo avevano indotto a discostarsi dal criterio, assunto come norma metodologica irrinunciabile nell'ambito della ricerca etnomusicologica, di limitarsi a registrazioni sul campo per quanto riguardava le fonti della cultura orale: norma che lui stesso aveva rispettato registrando "con rudimentali apparecchi i primi documenti popolari" basandosi "essenzialmente sull'informatore e cioè registrando musiche e canti sul ricordo e la testimonianza degli esecutori" (R. De Simone, Introduzione a Canti e tradizioni popolari in Campania, Lato-Side, 1979, alla quale si fa riferimento anche in seguito).
L'idea di registrare in sala d'incisione, dettata dalla constatazione che "esistevano in Campania esecutori popolari la cui eccezionalità stilistica meritava di essere fissata meglio che non con il registratore portatile", era inizialmente orientata a integrare il materiale raccolto sul campo con "qualche registrazione che esaltasse in condizioni ottimali il virtuosismo musicale degli esecutori": l'esito fu esattamente l'opposto per cui i sette microsolchi, pubblicati l'anno dopo, integravano, con qualche documento sul campo, quanto si era venuto spontaneamente delineando in sala d'incisione.
Con le prime registrazioni era infatti emerso come "la forza e la verità espressiva delle esecuzioni non soffriva la minima alterazione" per una serie di motivi che riguardavano il rapporto personale stabilito con gli esecutori che si presentavano in gruppo e la prossimità con l'evento festivo e rituale di cui dovevano dare testimonianza, stabilendo così, anche in studio, un "reale momento espressivo".
Su queste premesse nacque l'idea di impostare l'opera discografica "non solo per aree geografiche, per stili musicali, quanto essenzialmente sui linguaggi", "linguaggi antichi e pur sempre nuovi nel momento che c’è una voce, un esecutore in grado di articolarli ed una comunità in grado di recepirli". Le perplessità riguardo al restituire in una sala di incisione "il linguaggio più puro dei canti e delle musiche tradizionali" venivano "totalmente" smentite dai risultati, vale a dire "il grado di tensione e verità raggiunto nelle registrazioni in sala discografica" attestato non solo "dalla compattezza, dall'organicità e dall'espressività delle stesse esecuzioni", ma anche "dalla straordinaria serie di fotografie scattate da Mimmo Jodice in sala durante le registrazioni": fotografie che, ritraendo la singolarità espressiva degli esecutori, la tensione drammatica dei loro volti, attestavano magnificamente come anche in sala di incisione tutto si fosse svolto "ai limiti della possessione magica del rituale".
Nel rimettere mano, trent'anni dopo, a questa sua memorabile impresa, in vista del volume con sette cd allegati, Son sei sorelle che ha costituito l'avvio delle attività dell'Archivio Sonoro della Campania, De Simone, aggregando ai materiali in studio quelli raccolti sul campo, ha offerto una mirabile riprova della bontà di quella sua intuizione data l'impossibilità di distinguere - al di là degli aspetti più strettamente tecnici - le registrazioni in studio dai brani raccolti sul campo, individuati in un lungo e meticoloso lavoro di selezione: le une e gli altri, secondo l'inarrivabile sensibilità musicale dell'autore de La gatta cenerentola, sono stati così ordinati come una straordinaria sinfonia che restituisce all'ascolto il canto corale di un popolo, l'anima e il cuore palpitante di una tradizione che, oggi come allora, si può comprendere appieno soltanto in relazione "al mito e al culto delle sette Madonne: sette sorelle, delle quali sei belle e una brutta e nera che invece risulta essere la più bella di tutte, la Madonna di Montevergine detta 'Schiavona', ossia nera".
Dai possenti canti sul tamburo, con le innumerevoli varianti delle tradizioni locali, alle tarantelle e canti "a figliola", dagli strambotti e ninne nanne fino a un'insospettata tradizione di canto sociale e politico, si dispiega così la possente forza stilistica e comunicativa dell'espressività popolare, colta al massimo delle sue potenzialità, attraverso i suoi interpreti più rappresentativi, protagonisti tanto delle registrazioni in studio quanto di quelle sul campo: Giovanni Coffarelli, grande cantatore dotato di una potenza vocale e di un'energia sonora non più eguagliate, Giulia Ciletti, rarissima superstite delle lamentatrici funebri presenti in Irpinia, Antonio Torre, il più valente suonatore di tamburo della Campania, il suo omologo femminile, Rosa Nocerino, "vera regina del tamburo" e tutti gli altri depositari di una cultura secolare, dotati di una sacerdotale sacralità che determinava lo zenit del ritmo e delle modalità stilistiche, in virtù delle quali prendeva vita quel tessuto liturgico di dialoghi e improvvisazioni in cui si riconosceva tutta una comunità.
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Descrizione
Si tratta di un canto che si esegue tuttora nella zona amalfitana durante il periodo natalizio, questuando, nelle ore serali, offerte di vino, di frutta e di dolciumi. La forma letteraria, denominata "zingarata" secondo la classificazione colta, è caratterizzata da strofe tetrastiche costituite da tre settenari e da un quaternario (ABBC – CDDE – EFFG – ecc.). Purtuttavia, nelle esecuzioni popolari connotate dal carattere estemporaneo, la successione delle strofe non segue rigorosamente l’ordine progressivo del testo, e quindi ne vanifica la conseguenzialità rimica. I contenuti traggono argomento da episodi dell’infanzia di Cristo (nascita, annunzio ai pastori, adorazione dei Magi, strage degli innocenti) o da vizi e peccati collettivi, satiricamente evidenziati e imputati perfino alle Autorità religiose e politiche. La struttura musicale si vale di una melodia tonale in 6/8 di derivazione semicolta o artigianale, assunta dai cantori di tradizione orale, che ne variano le linee, adattandole al loro stile e alle personali tessiture vocali. Ad ogni strofa eseguita da un singolo cantore segue la ripetizione corale degli ultimi due versi. L’assetto strumentale è costituito da una squadra di suonatori di tamburi a cornice che appoggiano il canto secondo formule ritmiche e stile che contrassegnano l’accompagnamento dei canti sul tamburo nelle località a ridosso della costiera amalfitana. L’esecuzione, di tanto in tanto, si arresta per dar luogo alla recitazione di un componimento monorimico giullaresco di carattere satirico e augurale.
Data: 1974
- Durata 09:53
- Luogo Maiori
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voce, tamburi a cornice
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Estemporanea suonata di zampogna che nel Cilento, a detta degli informatori, ha il potere e la funzione di richiamare e radunare le pecore intorno al pastore che suona. L’esecuzione, registrata in aperta campagna con uno strumento a cinque palmi, presenta carattere virtuosistico per le frequenti microfioriture prodotte con le due canne melodiche. La struttura musicale si vale di cellule ricorrenti, di formule precomposte, di un ritmo libero, che ne consentono una lunga durata, in cui l’esecutore dispiega tutta la sua fantasia inventiva e la sua abilità tecnica di fiato e di dita. Si può rilevare, tra l’altro, che le numerose acciaccature melodiche ed i mordenti sembrano imitare lo stesso belato delle pecore.
Data: 1993
- Durata 02:52
- Luogo Colliano
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Rocco Carbone: zampogna
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Per i festeggiamenti in onore di sant’Antonio Abate, a Portico, a Macerata Campania e a Caturano, (provincia di Caserta) tuttora si adornano dei trattori da trasporto con frasche di palma, sui quali prendono posto dei giovinetti al di sotto dei diciotto anni, che percuotono ritmicamente delle botti, dei barili, dei mastelli e delle falci. A regolare il ritmo è un giovane più adulto detto "capo paranza", il quale dirige l’esecuzione mediante secche esortazioni verbali e un fischietto. Le fasi ritmiche sono quattro: un andamento animato detto pastallessa; un moderato ritmo di tarantella – marcia sul quale si cantano delle canzoni cariche di allusioni erotiche (‘a campagnola, sei sorelle, ’a mamma ’e sant’Antuono, Cicerenella ecc.); la "musica dei morti" o grancascia, che conduce l’andamento del carro fra i sentieri della campagna; "il rullo", attivato da un frenetico battere delle percussioni e animato dal "capo paranza" mediante prolungati e assordanti suoni di fischietto.
Nel 1973 rilevammo il documento sonoro, in cui il "capo paranza" cantava Le sei sorelle: una canzone probabilmente attinta dal repertorio militaresco delle reclute o dei soldati in servizio militare.Data: 1973
- Durata 04:32
- Luogo Campagna nei pressi di Portico
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voce, percussioni, fischietto
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Registrazione effettuata nel periodo carnevalesco in un ristorante-ostello tra Avellino e Mercogliano. Gli esecutori mettevano in atto le licensiosità verbali del Carnevale mediante un sapido repertorio di parodie caricaturali del mondo femminile, della loro contradditoria religiosità, del sentimentalismo espresso dai prodotti della Canzone napoletana. La performance comprende la recita di un rosario grottesco di tipo carnevalesco, carico di giocose espressioni dissacratorie. Gli argomenti, ovviamente, assumevano toni e linguaggi nettamente espressionistici, ma, quantunque trasgressivi, essi conservavano un’epicità esecutiva che escludeva il compiacimento, garantendo il carattere ritualistico, spersonalizzato e collettivo del brano eseguito. A dirla con Michail Bachtin: "Così questo linguaggio, liberato dal potere delle regole, delle gerarchie e dei divieti della lingua comune, si trasforma in un certo senso in una lingua a sé, che, paragonata alla lingua ufficiale, è una specie di argot, ma questo linguaggio crea contemporaneamente anche una collettività particolare, una collettività schietta e libera nel suo modo di parlare e in cui è implicito un rapporto familiare fra le persone. Questa collettività era, in sostanza, la folla in piazza, la folla soprattutto nei giorni di festa, di fiera e di carnevale". Il gruppo sembrava esprimere, collettivamente, una consapevolezza di appartenenza largamente condivisa dalla società, nella quale, a volte, essi pur si sentivano discriminati. Del resto, gli stessi esecutori ribadivano la loro sincera devozione per il Volto Santo e per la Madonna di Montevergine.
Data: 1973
- Durata 02:07
- Luogo Zona avellinese
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voce
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Durante il Carnevale di quell’anno avemmo occasione di registrare l’esecuzione di una banda musicale che processionalmente conduceva il ballo della "Vecchia del Carnevale" (un’antica maschera bicefala che rappresenta un Pulcinella nano, munito di castagnette, a cavalcioni di una vecchia che lo trasporta in giro ballando). Su un animatissimo ritmo di tarantella si susseguivano rapsodicamente i temi delle più note danze di tal genere, anche di irradiazione colta, tra i quali quello tratto dall’opera Piedigrotta di Luigi Ricci (1851).
Data: 1975
- Durata 08:25
- Luogo Sala di Serino
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
La Canzone di Zeza è un contrasto drammatico carnevalesco, interamente cantato, che tuttora è rappresentato ritualmente in diversi luoghi dell’Irpinia. Ma era a Bellizzi – fino a qualche anno orsono – che la manifestazione presentava carattere di maggiore identità, risultando stilisticamente incontaminata e fedele alla tradizione. L’azione si svolge fra cinque personaggi così denominati: Pulcinella (padre e marito), Zeza (sua moglie), Porziella (loro figlia), un pescatore (pretendente di Porziella), Don Zenobio (studente in legge, amante di Porziella). I ruoli sono coperti esclusivamente da uomini. L’esile trama della commedia espone il conflitto fra Pulcinella e Zeza, il cui oggetto del contendere è rappresentato da Porziella, loro figlia, assecondata dalla madre nel suo amoreggiare col pescatore e poi con lo studente Don Zenobio, ma ostacolata dal padre contrario alle nozze. Ovviamente la vicenda si conclude felicemente e sfocia in una animatissima quadriglia danzata da un coro in maschera di venticinque persone (ovvero di quattro gruppi di interpreti della commedia carnevalesca). L’esecuzione vocale è sostenuta da una banda musicale composta da clarinetto, tromba, sax tenore, trombone, bombardino, grancassa, tamburo e piatti, diretti dal cosiddetto "Gran turco", una maschera orientale, munito di scimitarra con la quale egli dirige la manifestazione. I componenti dell’organico strumentale suonano a memoria seguendo le indicazioni del "Gran turco", che segnala le progressive articolazioni del testo nonché i mutamenti melodici. Infatti, le frasi musicali del canto sono tre: una prima frase di stile semicolto, che presenta qualche tratto modale affine alle villanelle cinquecentesche; una seconda melodia, estesa nell’àmbito di undici suoni, che sembra derivare dal repertorio melodrammatico del primo Ottocento; una terza frase che mostra discendenze dalle danze da salotto ottocentesche. Lo stile vocale è connotato da un violento modo di attaccare il canto con un salto discendente di ottava. Altra marcatura è costituita da un’esasperata tendenza a spingere l’emissione vocale oltre la tessitura centrale in cui sovente è articolata la melodia, con frequenti riprese gridate, al limite della sgranatura del suono. La tonalità d’impianto è il Fa maggiore.
Data: 1974
- Durata 02:10
- Luogo Bellizzi
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voce, banda (clarinetto, tromba, sax tenore, trombone, bombardino, grancassa, tamburo e piatti)
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Esecuzione rituale per un giorno festivo dedicato a Santa Maria del Sacro Monte (un santuario collocato presso Novi Velia sull’altissimo Monte Gelbison), dove convergono gli zampognari cilentani che suonano in onore della Madonna. È notevole il virtuosismo dell’esecutore, sia per intonazioni sia per creatività estemporanea, espressa mediante moduli e cellule musicali continuamente variati ed elaborati.
Data: 1993
- Durata 02:11
- Luogo Colliano
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Rocco Carbone: zampogna
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Il documento musicale testimonia una forma di canto bivocale che, con qualche diversificazione, in area cilentana assumeva la principale funzione di accompagnare il gesto lavorativo nelle campagne. Il sostegno strumentale è chiaramente un adattamento armonico che, articolato sul rapporto di tonica e dominante, allude anche ad un trascorso impiego della zampogna, in parte sostituita dalla fisarmonica. Ovviamente, eseguiti nei campi, tali canti presentavano esclusivamente un assetto vocale. Purtuttavia, l’accompagnamento degli strumenti (fisarmonica, violino, chitarra battente) era praticato, come già si è detto, in occasione di feste, di pellegrinaggi, di manifestazioni conviviali o di serenate, quando a cantare erano due uomini. L’esecuzione prignanese, messa in atto da due donne, evidenzia un’altissima tessitura vocale, spinta agli acuti con una tecnica di gola che non compromette mai l’intonazione e gli insidiosi passaggi di mutazione timbrica.
Data: 1979
- Durata 03:42
- Luogo Prignano
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Drammaturgicamente la Canzone di Zeza osservata a San Potito presenta le medesime connotazioni che si riscontrano un po’ dappertutto in tale brano. Innanzitutto, i personaggi femminili sono rappresentati da uomini travestiti da donna. Purtuttavia, notiamo che i personaggi dell’azione sono soltanto quattro, due dei quali hanno nomi differenti. Quindi, essi sono: Pulcinella (padre e marito), Zeza (sua moglie), Vincenzella (loro figlia), e Don Nicola (studente in legge, amante di Vincenzella). E da fonti storiche, inclusa la relativa documentazione pubblicata da Benedetto Croce, sappiamo che con gli stessi nomi era articolata a Napoli la secolare rappresentazione carnevalesca fino alla metà dell’Ottocento, quando essa era viva nella tradizione popolare (mutava solo il nome di Vincenzella che talora era chiamata anche Tolla, ossia Vittoria). La struttura poetica (anche se metricamente fluttuante e poco stabile) consta di strofe di due frasi che comprendono ciascuna due ottonari e un endecasillabo, il quale ha le sillabe finali in rima baciata col secondo ottonario (ABB – CDD). La forma musicale, osservata a San Potito, mostrava una cifra stilistica di carattere arcaico alquanto insolita. Difatti, le linee melodiche riscontrate altrove sono di ascendenza semicolta, e probabilmente di origine cinquecentesca (villanella). Per tale motivo, in esse, la prima frase di tono maggiore cadenza armonicamente sul sesto grado minore, mentre la seconda frase conclude sulla tonica. La rappresentazione, rilevata a San Potito, era eseguita monodicamente nello stile di canto "a distesa", senza l’accompagnamento di banda che, di solito, in Irpinia sostiene le parti cantate. Infine, nell’ultima parte della rappresentazione, prendono avvio delle strofe poetiche metricamente differenti, che poggiano su una linea melodica desunta da un’antica marcia borbonica da parata.
Data: 1974
- Durata 02:10
- Luogo Bellizzi
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voce, banda (clarinetto, tromba, sax tenore, trombone, bombardino, grancassa, tamburo e piatti)
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Documento registrato il martedì grasso del 1976, in cui si svolgeva una singolare mascherata, relativa al trentennale italiano della Resistenza. Il gruppo si componeva di un suonatore di ciaramella, di un trio di percussionisti (cassa, tamburo e piatti) e di un arringatore giullaresco: tutti travestiti con vecchie uniformi militari dell’ultimo conflitto mondiale. Essi avanzavano processionalmente sui motivi di Bella ciao, di Mamma e di Lilì Marlene, guidati dall’arringatore che, di tanto in tanto, interrompeva l’esecuzione musicale, e, sostando con i suonatori, declamava un componimento monorimico sul personaggio di Benito Mussolini, censurandone l’autoritarismo fascista, il narcisismo politico, la spavalda sbruffoneria, che condussero l’Italia alla catastrofe dell’ultima guerra.
Data: 1976
- Durata 01:14
- Luogo Piazza di Pandola
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Segue dalla traccia precedente. Documento registrato il martedì grasso del 1976, in cui si svolgeva una singolare mascherata, relativa al trentennale italiano della Resistenza. Il gruppo si componeva di un suonatore di ciaramella, di un trio di percussionisti (cassa, tamburo e piatti) e di un arringatore giullaresco: tutti travestiti con vecchie uniformi militari dell’ultimo conflitto mondiale. Essi avanzavano processionalmente sui motivi di Bella ciao, di Mamma e di Lilì Marlene, guidati dall’arringatore che, di tanto in tanto, interrompeva l’esecuzione musicale, e, sostando con i suonatori, declamava un componimento monorimico sul personaggio di Benito Mussolini, censurandone l’autoritarismo fascista, il narcisismo politico, la spavalda sbruffoneria, che condussero l’Italia alla catastrofe dell’ultima guerra.
Data: 1976
- Durata 02:58
- Luogo Piazza di Pandola
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
I festeggiamenti del Carnevale a Montemarano (Avellino) sono contrassegnati da una tarantella processionale, danzata dai montemaranesi disposti su due file e condotti da un Pulcinella detto "capo di ballo". La parte coreutica è condotta da un complesso musicale composto da un suonatore di fisarmonica, da un clarinettista o da un suonatore di ciaramella, e da un tamburellista. A volte, nel corso del ballo, alcune persone cantano dei distici endecasillabi e ottonari su una melodia di modo maggiore che spazia nell’àmbito di sei suoni. L’impiego del clarinetto, che, a detta di alcuni informatori, risalirebbe alla prima metà del Novecento, offre possibilità melodiche e modulazioni armoniche, assolutamente precluse alla ciaramella. Per la disponibilità della fisarmonica alla modulazione, la struttura della tarantella assume carattere rapsodico, espresso dal clarinetto con formule melodiche a volte di modo maggiore a volte di modo minore, che spaziano in diverse tonalità. La struttura ritmica si articola in 4/4, con larga variabilità di suddivisioni binarie e irregolarmente ternarie che modificano sovente il tempo in 12/8. Al tamburello tocca l’onere di accentuare le frequenti sincopazioni e di esprimere l’ambivalenza ritmica oscillante tra figure di due crome o di terzine di crome. Il documento, relativo alla notte del martedì grasso, restituisce l’atmosfera euforica del Carnevale, in cui si mostrano le frequenti irruenze ritmiche e le reazioni dei danzatori, in special modo, nelle mutazioni di tonalità.
Data: 1975
- Durata 09:28
- Luogo Montemarano
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Nelle aree circoscritte di Maddaloni e di Marcianise, nel 1972, furono rilevati alcuni documenti relativi alla manifestazione in predicato. Lo schema formale, contenuto in un distico di versi eterometrici, era svolto da una prima voce con un incipit monodico comprendente il primo verso nell’arco melodico di una terza maggiore, al quale si aggiungeva una seconda parte vocale sul secondo verso, spaziando nell’àmbito di una quinta; infine, sulla formula stereotipa Ih, gioia so’, separandosi le due voci, si produceva una cadenza diafonica di carattere bimodale. L’espressione conclusiva, ricorrente nella più generica lamentazione funebre, mi indusse a indagare più ampiamente nell’àmbito funerario ed ebbi la conferma che il modello musicale, iterativo e cadenzale della lamentazione carnevalesca, combaciava, in area casertana, con formule di panegirico rivolte al morto, come risoluzione lirica del patire, prima che si svolgessero i funerali. L’unica differenza consisteva nella formulazione elogiativa, che nel contesto carnevalesco assumeva carattere parodistico e marcatamente erotico. Nel martedì grasso, al centro di uno spazioso cortile di Maddaloni ardeva un fuoco intorno al quale danzava e cantava una donna, Michela Erbaggio, nota come Fruttella, in età di ottantaquattro anni: munita di un tamburo a cornice, cui imprimeva un impulso ritmico di selvaggia energia, celebrava la morte di Vecienzo – così era denominato il Carnevale in Campania –, ne tesseva il grottesco elogio funebre, si soffermava, di tanto in tanto, a cantare delle strofe tradizionali cariche di irruenza vocale, e concludeva con la formula: Ih, gioia so’, che caratterizzava una volta il planctus tradizionale.
Data: 1972
- Durata 03:49
- Luogo Maddaloni
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Esemplare forma vocale d’esecuzione, genericamente riferita allo stile dei canti di lavoro, ma contestualizzata strumentalmente con funzione di serenata.
Data: 1979
- Durata 04:10
- Luogo Agropoli
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Angelo Prota: chitarra battente e voce; Nazario Vaina: flauto e voce
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
In un fatiscente cortile era collocato un catafalco funebre intorno al quale sedevano alcune persone, nonché una giovinetta mentalmente minorata, che fungeva da figlia di Carnevale. I moduli di lamentazione erano quelli ricorrenti, ai quali si alternavano dei canti "a distesa" di carrettieri (cilentane) e degli ottonari di accentuata marcatura ritmica ed erotica. L’inserimento di espressioni, desunte da un repertorio di carrettieri, evidenzia la funzione simbolico-funeraria degli stessi, come conduttori del feretro di Carnevale. Inizialmente, alcune donne, accompagnandosi col tamburo, proponevano dei frammenti strofici dedotti da La Canzone di Zeza.
Data: 1972
- Durata 05:56
- Luogo Maddaloni
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
In un ampio cortile, lasciando il microfono acceso, fissammo, sia pure precariamente, la sovraeccitata atmosfera sonora che caratterizzava la parossistica espressività per il Carnevale morto, nel momento che la sua raffigurazione (un fantoccio disteso su un catafalco) veniva data alle fiamme. A un primo momento di crisi scomposta, caratterizzata da pianti e grida, seguiva una stabilizzazione rituale in cui le urla venivano incanalate e assorbite nella normalizzazione del canto, espresso dalle formule stereotipe della lamentazione.
Data: 1979
- Durata 03:57
- Luogo Marcianise
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Nell’isola di Procida, tuttora, le manifestazioni della Settimana Santa sono celebrate dai procidani con intensa partecipazione. Esse culminano nella notte tra il giovedì e il venerdì, quando, da un luogo all’altro di Procida, alcuni suonatori di tromba e di tamburo, in uniforme di confrati, lacerano il silenzio di attesa con stridenti moduli glissanti dello strumento a fiato, ai quali seguono tre colpi secchi di un tamburo muto. Nel contempo,presso la chiesa dell’Annunziata, in cui giace esposta la lignea effigie scultorea del Cristo morto, convergono dei confratelli che trasportano l’immagine presso l’abbazia di San Michele, lì, dove già sono radunati la banda musicale e i "misteri", ovvero delle costruzioni votive, raffiguranti gli episodi della Passione. Dopo le nove del mattino, ha inizio la processione del Cristo morto, sopra il quale fa da baldacchino un sontuoso pallio di seta nera ricamato in oro, sorretto da sei confrati. La sacra immagine è preceduta dalla statua della Vergine addolorata, e dai "misteri" trasportati a spalla o su un carro. Alcuni uomini reggono tra le braccia dei bambini di due o tre anni che indossano un luttuoso e votivo abito di san Michele, patrono dell’isola. In coda al corteo, le donne seguono il Cristo morto. La banda musicale esegue diversi brani, di cui i più ricorrenti sono la Marcia funebre di Enrico Petrella, tratta dall’opera Ione; un brano tardo ottocentesco di carattere verdiano intitolato Lagrime sulla tomba di una madre di Luigi Vespoli; la Marcia funebre tratta dalla sonata in Sib minore di F. Chopin, trascritta per banda. L’esecuzione bandistica è preceduta da una lauda drammatica sulla Passione di Cristo. Il brano, rilevato nel 1998, ci fu riferito da Enrica Capobianco, procidana, in età di ottantasette anni.
Data: 1998
- Durata 05:01
- Luogo Procida
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Il documento, registrato il Venerdì Santo del 1998 a Bagnoli Irpino, è relativo a una lauda pasquale eseguita in forma responsoriale da una capocoro – Giulia Ciletti di settantasei anni – e da un coro femminile. La particolare melodia si articola nei limiti angusti di un intervallo di quinta diminuita, costituito dai suoni Re, Mib, Fa, Sol, Lab, di cui il Re ha funzione di tonica ed il Fa di dominante melodica. Sporadicamente alla gamma si aggiunge anche il Do, sotto il Re, con funzione di dominante secondaria. La insolita forma ritmica e l’impianto modale, non riconducibile a nessuno dei modi classificati storicamente, fanno di questa lauda un documento di assoluta eccezionalità, ricco di quesiti, di ipotesi culturali e di problematici orizzonti musicologici.
Data: 1998
- Durata 05:30
- Luogo Bagnoli Irpino
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Giulia Ciletti (capocoro) e coro di donne
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Ancorate a una secolare tradizione sono le manifestazioni cilentane che, ad opera di numerose confraternite, si svolgono nel giorno del Venerdì Santo. A partire dalla decade che precede le celebrazioni pasquali, i confratelli delle suddette associazioni si radunano privatamente e iniziano a concertare i canti di un eterogeneo repertorio, che, sia pure articolato secondo un modello comune, varia da luogo a luogo – ed è interessante osservare le procedure atte alla conservazione dei materiali poetici e delle prassi musicali secondo la tradizione orale, che informa peculiarmente lo stile esecutivo. Nel primo mattino del Venerdì Santo, i confrati indossano l’uniforme ufficiale costituita da una tonaca e da un cappuccio bianchi, da una corta mantellina, detta "mozzetta il cui colore varia secondo l’appertenenza a una data confraternita. Poi, preceduti da un crocifero con labaro, si dispongono su due file parallele e, processionalmente, seguendo un complesso rituale itinerante, si recano in visita presso diverse chiese del Cilento, in cui è allestito il cosiddetto "Santo Sepolcro"; quivi svolgono la cosiddetta funzione, consistente in una alternante coreografia di drammatica circum-ambulazione in senso antiorario, condotta e disciplinata da colpi di bastone battuti sul pavimento, con fasi di soste in cui si eseguono progressivamente intonazioni di strofe d’ingresso prevalentemente bivocali, a mo’ di parodo; laude in endecasillabi; intonazioni di carattere monodico riferite al Miserere o Salmo 50 di Davide; parafrasi dello Stabat Mater, del Pianto di Maria; varianti riferite all’episodio dell’incontro tra Cristo e la Madonna; e, in conclusione, strofe finali di esodo. Terminate le visite programmate in diversi paesi, i confratelli in tarda serata rientrano in sede e ripetono conclusivamente il rito devozionale nella chiesa di afferenza. Le registrazioni di riferimento da noi riportate furono effettuate ad Acciaroli nella chiesa della S.S. Annunziata, in cui osservammo le manifestazioni, ciascuna delle quali si protrasse per circa trenta-quaranta minuti, secondo una formalizzazione strutturale estesa e condivisa da tutte le associazioni. Ciascun gruppo era composto da una trentina di confratelli dei quali i più numerosi formavano due compagini corali di tenori e di bassi, e dei rimanenti facevano parte il crocifero, due capicoro muniti di bastone pastorale, i solisti di canto, i recitanti e i figuranti. L’azione si snodava all’interno del sacro luogo con un percorso circolare in senso antiorario, e aveva come punto di riferimento la rappresentazione del Santo Sepolcro allestita ai piedi di una cappella laterale, collocata a destra guardando. Preceduti dal crocifero, da uno o da due cantori solisti e dai confrati muniti di bastone, i componenti del primo coro si disponevano in cerchio dopo l’ingresso della chiesa, e iniziavano a cantare un brano a due voci pari, connotato da uno stile vocale assolutamente estraneo alle pratiche polifoniche di tipo accademico. Terminata l’esecuzione, a un colpo di bastone, il primo coro avanzava fino a girare emiciclicamente dopo la rappresentazione del Sepolcro, e il secondo coro, entrato e disposto nel fondo della chiesa, ripeteva il brano eseguito precedentemente, mentre alcuni si inginocchiavano e, raccolta una disciplina collocata presso l’altare in cui era esposto il Santissimo Sacramento, prendevano a battersi simbolicamente. Successivamente, aveva luogo un’orazione di un solista, o una lauda di carattere drammatico, terminata la quale, il primo coro, nella nuova postazione, cantava un secondo brano bivocale. L’azione proseguiva con le medesime modalità, secondo le quali si alternavano i canti corali, quelli solistici, i gesti penitenziali del battersi e le orazioni recitate, fino a replicare il cammino circolare per tre o più volte. Poi il gruppo usciva di chiesa, presso la quale già attendevano i componenti di un’altra confraternita, che si disponevano ad eseguire la loro rappresentazione. Crediamo opportuno fornire alcuni ragguagli circa la struttura e lo stile di canto relativo alle esecuzioni registrate. Le strofe del testo talora si compongono di quattro versi settenari, cui fa seguito una replica di due versi. Altrove si riscontrano strofe di quattro distici endecasillabi. Lo schema melodico di base ricalca chiaramente le forme di canto cilentano di tradizione contadina, sia pure più irrigidito in schemi corali e polivocali, praticato in tessiture più basse di quelle che vengono impiegate nei canti profani. Lo stile presenta forte intensità di emissione vocale, timbri gutturali e nasali, frequente impiego di suoni vocali glissati, nel rispetto della tradizione; purtuttavia, laddove le compagini corali sono costituite da vocalisti più giovani, le connotazioni stilistiche appaiono attenuate. Ma è da notare che le parti musicali dei canti sono trasmesse solo oralmente. Nel corso delle prove gli anziani attivano l’insegnamento ai giovani mediante esecuzioni dimostrative. Le manifestazioni che osservammo si riferiscono ai gruppi di tre confraternite che si succedettero in tal modo: il gruppo di Omignano, quello di Stella Cilento, quello del Pio monte dei morti di Valle Cilento. Particolare intensità raggiunse l’ultimo gruppo mediante la rappresentazione di un dialogo d’addio fra Cristo e la Madonna. La figura del Redentore era impersonata da Sabato Antonio Di Matteo di anni sessantacinque e quella di Maria da Alfonso Falcione di anni novanta.
Data: 1999
- Durata 18:14
- Luogo Acciaroli
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Si tratta di una particolare musica ritmica, eseguita su di un carro costruito in onore di S. Antonio Abate. Gli strumenti musicali sono delle botti, delle falci e dei barili, percossi da giovinetti muniti di bacchette di legno o di metallo. Le fasi di questa musica sono tre, così come si presentano all’ascolto. Il primo movimento è denominato musica dei morti" a cui segue il cosiddetto "rullo" caratterizzato da prolungati e drammatici squilli di fischietto. Fa seguito un altro ritmo, cui si dà il nome di "pastellessa", e poi un altro "rullo" e così via. Per tradizione, gli esecutori sono dei ragazzi al di sotto dei venti anni, guidati da un capoparanza (capogruppo) munito di fischietto. L’esecuzione musicale avviene mentre il carro procede processionalmente lungo il paese e per le campagne attigue.
Data: 1976
- Durata 05:22
- Luogo Portico
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: percussioni (botti, falci, barili)
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Lauda bivocale di espressionistico stile, la quale, a detta degli informatori, era eseguita non solo devozionalmente nel giorno del Venerdì Santo, ma anche come canto rituale di lavoro durante la mietitura e la battitura del grano.
Data: 1979
- Durata 03:20
- Luogo Prignano
- Provincia Salento
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Il culto alla Madonna dell’Arco costituisce il più vistoso fenomeno extraliturgico della Campania. A Napoli e in provincia si contano più di quattrocentosessanta associazioni di Madonna dell’Arco, rette da strutture gerarchiche composte da un presidente, un vice presidente, un segretario, un vice segretario, ai quali è affidato il compito, durante tutto l’anno, di raccogliere offerte per sostenere le spese di gestione, i costi delle divise, delle bande musicali, degli addobbi di festa, dei fuochi d’artificio, nonché una certa somma di danaro per il Santuario. A partire dalla domenica successiva all’Epifania, i comitati organizzativi promuovono delle questue pubbliche, effettuate da alcuni devoti delle singole associazioni, i quali, nell’uniforme di fujenti – un abito bianco con fasce rosse o rosse e azzurre – recano in processione le bandiere devozionali e un’icona della Madonna, preceduti o seguiti dalla banda musicale. Nella domenica della Palme, nel Sabato Santo, nel mattino di Pasqua e del lunedì in albis si svolgono le "funzioni", cui partecipano tutti gli appartenenti all’associazione ed altre centinaia di pellegrini aggregati che, disposti su due file, sfilano nelle strade. Alcuni associati recano a spalla una costruzione votiva detta "tosello", i labari (detti "bandiere") e gli stendardi del proprio gruppo. Di tanto in tanto essi fan sosta presso le edicole dedicate alla Madonna o davanti ai monumenti ai Caduti, dove eseguono l’elaborato rituale della "funzione" che è regolato dai ritmi della banda. Di solito, il rito ha inizio con brani di moderato andamento, dei quali il più ricorrente è Noi vogliam Dio, contrassegnato da notevoli ambivalenze ritmiche, oscillanti tra la tarantella, la marcia e il bolero. In questa prima fase, a gruppi separati, prima giovinette, donne e bambini, i devoti avanzano lentamente verso l’edicola con un ipnotico modulo cinetico di dondolio continuo, ottenuto bilanciando alternativamente il peso del corpo sull’una e sull’altra gamba. Giunti davanti all’immagine, essi salutano militarescamente portando la mano destra alla fronte, e poi retrocedono per disporsi su due file laterali. Successivamente, avanzano i fujenti o battenti, alcuni dei quali reggono i labari, la cui asta metallica di sostegno è ancorata a una sacca di cuoio che preme sul pube ed è sostenuta da una cintura legata in vita. Essi compiono evoluzioni ginniche che richiedono grande fatica e doti fisiche da esibire con virtuosismo atletico. Quindi, viene avanti il "tosello", retto a spalla dai fujenti, i quali gli imprimono il caratteristico modulo di oscillazione orizzontale; successivamente, essi avanzano e retrocedono tre volte, poi piombano in ginocchio, si rialzano, fanno sussultare l’immagine sacra imprimendole un moto di frenetica danza, muovono la costruzione votiva in senso rotatorio, tra gli applausi dei presenti. Infine, tutti retrocedono assumendo la posizione iniziale. A tal punto, a un suono di fischietto del "capo paranza" o capogruppo, la banda musicale si arresta, ma immediatamente dopo squilla la tromba per il segnale di "attenti", cui segue La leggenda del Piave, che contrassegna la fase parossistica del rito, in cui si dispiegano l’energia emotiva, l’urgenza drammatica e i vistosi moduli coreutici dei partecipanti. Alcuni di loro, talvolta, corrono per cadere di schianto bocconi al suolo; altri, piegati faticosamente sulle ginocchia, fanno oscillare i labari o "bandiere", esibendo una sopportazione fisica e un tasso di dolore, che esprimono l’aspetto penitenziale del rituale. Infine, sempre di corsa, avanzano i trasportatori del "tosello", che di impeto scendono in ginocchio sotto l’ingente peso della costruzione votiva, poi si rialzano, e, al culmine del rito, la innalzano sulle braccia tese, tra l’esplosione di fragorosi petardi e l’entusiasmo del pubblico presente. La manifestazione ha termine; il corteo si ricompone, e, condotto dalla banda, si reca presso un’altra edicola, per ripetere il rito. Da rimarcare che una sola "paranza" può effettuare in una sola giornata otto o nove "funzioni" presso edicole diverse, i cui gestori sollecitano la prestazione rituale, contraccambiandola, talvolta, con un’adeguata offerta in denaro.
Data: 1998
- Durata 09:19
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Al Santuario della Madonna dell’Arco, il lunedì in albis, furono rilevati, dalla drammatica esecuzione di un devoto, il richiamo di questua per la Madonna e un canto religioso composto da strofe tetrastiche di endecasillabi così formalizzate: ABBC. Attraverso la linea melodica e la struttura del testo, risultava evidente la fattura popolareggiante del canto di ritmo isometrico, sia pure modellato sul modo maggiore lidio. L’esecutore impetrava dalla Vergine la grazia per un suo figlio nato con una malformazione. All’interno del Santuario, registrammo l’atmosfera acustica del luogo: quella che Diego Carpitella denominava la “fonosfera”. A tratti, dal documento sonoro, emergono i richiami di questua per la Madonna, seguiti da sospiri, singhiozzi, grida, che caratterizzano l’intenso clima emotivo del luogo, in cui spesso si verificano violente manifestazioni di crisi, provocate da labilità psicologica, da fattori isterici, o da autentica trance mistica.
Data: 1973
- Durata 08:03
- Luogo Sant'Anastasia
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
A partire dal lunedì in albis, dopo il pellegrinaggio al Santuario di Madonna dell’Arco, nei cortili di Giugliano fervevano i balli tradizionali, strutturati secondo gli schemi musicali e coreutici già descritti. La rilevazione avvenne in uno di tali luoghi, attiguo ad una masseria di contadini, dove era collocata un’edicola della Madonna, pomposamente addobbata con drappi azzurri e contornata da fiori e da una cinquantina di ceri ardenti.
Data: 1975
- Durata 01:27
- Luogo Giugliano
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Alla chiesa della Madonna di Briano, collocata in aperta campagna, nel lunedì in albis, convergono molti fedeli di ritorno da Madonna dell’Arco, i quali, dopo aver compiuto tre giri intorno all’edificio, prendono a cantare e ballare secondo le modalità della danza di Giugliano. Talvolta, come nel presente documento sonoro, uno dei presenti intona degli endecasillabi su motivi di tarantella di andamento moderato, cui fa seguire la declamazione di un brano monorimico, composto da versi eterometrici. Si tratta, in questo caso, di un componimento satirico, relativo a versi denominati Piecche oppure ’Ngiurie paisane ("Difetti" oppure "Maldicenze paesane").
Data: 1972
- Durata 05:10
- Luogo Briano
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
I festeggiamenti per la Madonna di Castello hanno inizio il sabato in albis (sabato dei fuochi), e terminano il giorno 3 di maggio. Nell’arco di tale periodo, le manifestazioni si svolgono davanti alla cappella della Madonna, in vari cortili di campagna e nel fondo di un antico cratere spento del Vesuvio, detto 'o fuosdove confluiscono vari gruppi di persone provenienti da Pomigliano D’Arco, da Sarno, dall’agro Nocerino, da Giugliano. L’identità espressiva di Somma Vesuviana era costituita, una volta, dal canto a ffigliola, che era contestualizzato ritualmente per il culto della Madonna Schiavona (appellativo conferito sia alla Madonna di Castello sia a quella di Montevergine). Oggi, purtroppo, spariti gli ultimi due virtuosi di tale genere di canto, non sussistono eredi culturali in grado di rappresentare compiutamente la tradizione, che può considerarsi estinta. La registrazione sonora, effettuata il sabato dei fuochi, si riferisce all’esecuzione rituale che si svolgeva davanti alla Cappella della Madonna, cui partecipavano i presenti con le formule stereotipe cantate in coro. Per le modalità formali, rimandiamo l’ascoltatore agli schemi già esposti nel capitolo riguardante i linguaggi. Si segnalano il fiorito stile degli incipit e delle formule cadenzali di canto, nonché la estemporanea abilità compositiva dei due cantori Gennaro Albano e Antonio De Luca. Al canto a figliola seguono alcuni canti sul tamburo, i cui testi appartengono a un repertorio di stretta gestione femminile.
Data: 1974
- Durata 05:44
- Luogo Somma Vesuviana
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
I festeggiamenti per la Madonna di Castello hanno inizio il sabato in albis (sabato dei fuochi), e terminano il giorno 3 di maggio. Nell’arco di tale periodo, le manifestazioni si svolgono davanti alla cappella della Madonna, in vari cortili di campagna e nel fondo di un antico cratere spento del Vesuvio, detto 'o fuosdove confluiscono vari gruppi di persone provenienti da Pomigliano D’Arco, da Sarno, dall’agro Nocerino, da Giugliano. L’identità espressiva di Somma Vesuviana era costituita, una volta, dal canto a ffigliola, che era contestualizzato ritualmente per il culto della Madonna Schiavona (appellativo conferito sia alla Madonna di Castello sia a quella di Montevergine). Oggi, purtroppo, spariti gli ultimi due virtuosi di tale genere di canto, non sussistono eredi culturali in grado di rappresentare compiutamente la tradizione, che può considerarsi estinta. La registrazione sonora, effettuata il sabato dei fuochi, si riferisce all’esecuzione rituale che si svolgeva davanti alla Cappella della Madonna, cui partecipavano i presenti con le formule stereotipe cantate in coro. Per le modalità formali, rimandiamo l’ascoltatore agli schemi già esposti nel capitolo riguardante i linguaggi. Si segnalano il fiorito stile degli incipit e delle formule cadenzali di canto, nonché la estemporanea abilità compositiva dei due cantori Gennaro Albano e Antonio De Luca. Al canto a figliola seguono alcuni canti sul tamburo, i cui testi appartengono a un repertorio di stretta gestione femminile.
Data: 1974
- Durata 03:51
- Luogo Somma Vesuviana
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Rituale "danza armata" che si esegue a Barano d’Ischia nel lunedì in albis in onore della Madonna della Porta. Ilcerimoniale si svolge con due squadre di uomini, denominate "di maschi" e "di femmine". Ciascuno degli esecutori è armato di un bastone di circa quaranta centimetri impugnato nella mano destra, e di una spada di legno lunga un metro, impugnata a sinistra. Le due squadre sono guidate da un "caporale" che conduce l’agire coreutico e la musica con comandi gridati. L’assetto strumentale, oltre alle armi, che fungono da strumenti ritmici a percussione, si vale di due clarinetti (una volta di flauti), e di tamburelli. Il rito si compone di tre fasi musicali e coreutiche ben distinte: su un inno-marcia gli esecutori sfilano e poi si dispongono in doppio cerchio davanti alla chiesa della Madonna della Porta; il "caporale" viene innalzato su una piattaforma di bastoni intrecciati, sostenuto dai danzatori e dall’alto recita la cosiddetta "predica" (un componimento drammatico di carattere monorimico); infine, prende avvio la ‘Ndrezzata vera e propria, durante la quale le due squadre, disposte su due cerchi concentrici, cantano, danzano e si scambiano colpi di bastone e di spada. Nella terza parte, l’ordine delle quartine poetiche è stabilito estemporaneamente dal "caporale", il quale, ad alta voce, suggerisce il primo verso delle strofe da cantare. Sotto il profilo etnomusicologico, la composizione è un centone di materiali disparati, di motivi canzonettistici dell’ Ottocento e dell’inizio del Novecento, adattati ai modi folclorici e assunti nel contesto della danza armata, in sostituzione di più antichi repertori musicali usciti dall’uso. In particolare, nella terza parte ricorre una canzonetta ottocentesca denominata P’ ’o matarazzo ’a stoppa che fornì perfino il titolo a una celebre commedia di Antonio Petito.
Data: 1975
- Durata 06:32
- Luogo Bagno d'Ischia
- Provincia Ischia
- Regione Campania
- Esecutore Tommaso Di Iorio: voce recitante e di comando; Leonardo Impagliazzo: clarinetto; Agostino Balestrieri: clarinetto; Giovanni Di Costanzo: tamburello; Luigi Di Meglio: tamburello; Coro: Crescenzo, G. Giuseppe, Giorgio, Giuseppe, Guido, Francesco, Marcello, Michele, Raffaele e Rocco Di Costanzo; Angelo, Aniello, Gennaro, Gennaro A., Giorgio, Salvatore e Pietro Di Meglio; Aldo e Ciro Napoleone; G. Giuseppe e Giorgio Migliaccio, Michele Sorbo
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Il documento fu registrato a Madonna dell’Arco durante il tradizionale pellegrinaggio di Pentecoste. All’alba del sabato di Pentecoste, da vari luoghi del casertano, Portico, Caturano, Recale, Macerata, partono incolonnati gruppi di fedeli (uomini, donne e bambini), che si dirigono al Santuario di Madonna dell’Arco. Gli uomini portano a spalla dei "toselli" (costruzioni votive in forma di barche), stendardi e insegne di fiori raffiguranti il sole, al cui centro è collocata un’immagine della Madonna. Nel tardo pomeriggio del sabato i pellegrini giungono al Santuario, dove, dopo avere effettuato i tradizionali riti, sostano la notte dormendo all’aperto sui loro carri o distesi a terra. All’alba del giorno successivo (la domenica di Pentecoste), ripartono e, dopo avere percorso vari paesi, terminano il loro pellegrinaggio presso la chiesa di San Salvatore a Orto di Atella (Caserta). Il canto fa riferimento alle litanie lauretane, eseguite con un latino corrotto ma ubbidiente a particolari regole fonetiche. In sostanza, la struttura formale si articola secondo il procedere di un’alternanza antifonica di carattere arcaico. Il cerimoniale è svolto da due gruppi di partecipanti: un primo semicoro che guida il pellegrinaggio, ed un secondo semicoro che segue. I componenti del primo gruppo intonano la litania cantando in sosta, mentre alle loro spalle avanza il secondo gruppo fino a raggiungere il primo. Successivamente, mentre il primo gruppo avanza distanziando gli altri, gli appartenenti al secondo gruppo rispondono coralmente senza procedere. In tal modo, ciascun gruppo avanza mentre l’altro canta, e viceversa. La risposta corale: Uoi Maronn’je ffance gra’ ("O Madonna, facci grazia") è la corrispettiva traduzione dell’espressione latina "Ora pro nobis". Si ponga attenzione a come gli esecutori, obbedendo a una legge stilistica, terminino i vocaboli finali con il suffisso "e". In tal senso la desinenza latina "is" muta la vocale "i" in "e", per cui l’appellativo Mater boni consilii viene pronunciato "Mater bon conselie". Parimenti, per ragioni stilistiche, le desinenze latine in "ens" si mutano in "ente" ("Virgo potens" è pronunciato "Virgo potente" e così via).
Data: 1978, il sabato di Pentecoste
- Durata 03:23
- Luogo Madonna dell'Arco
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
La manifestazione si riferisce ai festeggiamenti per la Madonna di Castello e avvenne nel sabato successivo alla Pasqua, in un luogo denominato ’o fuosso (il fosso) dove, di solito, si radunavano i sommesi in attesa delle esplosioni dei fuochi d’artificio. La registrazione sonora comprende vari episodi musicali che si susseguono producendo una sorta di drammaturgia molto interessante. Essa prende avvio con alcune fronne eseguite a contrasto, in forma amebea, da un uomo e da una donna che si scambiano espressioni cariche di aggressività erotica. Segue l’esecuzione virtuosistica di barzellette di metro ottonario, strutturate musicalmente nel ristretto àmbito di due o tre suoni, e composte estemporaneamente da un esecutore abilissimo nel far capo ad un repertorio sconosciuto e alquanto vasto. Un breve intervento femminile determina l’ampliamento melodico nell’arco di una quinta (modo lidio), senza alterare le formule ritmiche di base, che risultano di carattere isometrico e binario. Un ulteriore episodio è costituito da un canto cumulativo diffuso in diverse aree campane con profili melodici differenziati (Caro compare che vai suonando?). Tuttavia, la struttura poetica e musicale del brano non è certamente di origine etnica, ma risente di influenze popolaresche e di prodotti semicolti. Sono interessanti, dal punto di vista dei processi di contaminazione, alcune strofette satiriche, di metro ottonario, cantate su un noto motivo musicale americano, Pistol packin’ mama di Al Dexter, molto diffuso nell’ultimo dopoguerra, il cui titolo era corrotto linguisticamente mediante l’espressione Ullera e pistuldà. L’ultimo episodio è connotato da un componimento giullaresco in versi endecasillabi alternati agli ottonari, scanditi metricamente su una base di ritmo binario.
Data: 1974
- Durata 17:57
- Luogo Somma Vesuviana
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Le manifestazioni festive per la Madonna delle galline si svolgono nel mattino della domenica in albis, quando una statua della Vergine col Bambino, sulla quale sono appollaiate galline e colombe, è condotta in processione. La devozione degli abitanti di Pagani attribuisce carattere di miracolosità al fatto che i volatili, malgrado le rumorose esplosioni dei petardi, non abbandonano il manto della Madonna cui sono aggrappati. A partire dal pomeriggio hanno luogo i canti e le danze nella pubblica piazza di Pagani o nei cortili. L’esecuzione, cui fa riferimento la registrazione sonora, restituisce appieno il clima sovraeccitato e l’alta temperatura collettiva che informava la manifestazione. Il crescente entusiasmo fu determinato da una giovanissima donna che lì, nella piazza, prese a cantare degli strambotti alquanto singolari, appartenenti a un corpus di canzoni di stretta afferenza femminile. Il culmine della manifestazione fu raggiunto quando la giovinetta, disinvoltamente, infilò le mani sotto la camicetta e si slacciò il reggiseno, che evidentemente la opprimeva, e, gettando via le scarpe, prese a danzare a piedi nudi.
Data: 1973
- Durata 03:29
- Luogo Pagani
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
A una forma extraliturgica di culto per il Santo, per secoli, è stato addetto un esiguo gruppo di quindici donneanziane – vergini o vedove – denominate gianuariane o "parenti di san Gennaro", che si dichiaravano discendenti del Santo, o della sua nutrice Eusebia la quale, secondo la tradizione, ne avrebbe raccolto il sangue in due ampolle, dopo la decapitazione (305 d.C.). Il gruppo era presieduto da una priora, una leader, che aveva il compito di designare novelle gianuariane, di stabilire le adunanze, e di guidare le preci e i canti nel corso della novena al Santo, o nell’attesa della liquefazione del sangue. Negli anni Settanta, conobbi una vegliarda leader: Esterina Sellitti, che godeva di grande prestigio, e che a sé rivendicava il diritto di interpretare l’umore del Santo e di trarre auspici fasti o nefasti relativi al tempo in cui si compie l’evento prodigioso, nonché al colore e alla fluidità del sangue. Ma è pur vero che, una volta, alle "parenti" era riservato in Cattedrale un posto di privilegio e che, quando l’attesa della liquefazione si protraeva, alcune di esse mostravano una insofferenza che si manifestava con espressioni ambivalenti rivolte al Santo o addirittura con crisi di trance mistica. Dopo gli anni Settanta il tradizionale gruppo di quindici parenti si estinse per la morte di Esterina e delle altrequattordici vegliarde che non lasciarono discendenti. Successivamente, si costituì un nuovo gruppo di donne anziane devote del Santo che, in ottemperanza alle indicazioni della Curia, si chiamarono "consorelle", alle quali, tuttora è consentito di recitare le antiche preci in stile rogatorio, ma è vietato esprimere la fase più parossistica del rito di attesa, quando le antiche parenti imploravano il miracolo ad alta voce, si percuotevano il petto, si strappavano i capelli, ricollegandosi ad arcaiche forme di compianto funebre. Oggi, difatti, tali donne, perpetuando un’antica tradizione, nei nove giorni che precedono l’attesa del "miracolo (19 settembre o il sabato precedente la prima domenica di maggio), si radunano nel "succorpo", ovvero nella cripta sottostante l’altare maggiore della Cattedrale, lì dove si conservano i resti del Santo, e compiono un lungo rituale durante il quale recitano un singolare rosario, in cui convergono canti e preci secolari. Il documento sonoro fu registrato, giù nel "succorpo", la vigilia del sabato antecedente la prima domenica di maggio. L’esecuzione, come si può rilevare, presenta una variegata campionatura espressiva da cui emergono moduli di evidente lamentazione funebre, di accentuazione ritmica dello stesso genere, di formule iterative che alla medesima classificazione possono ricondursi. Ma, nell’ultima parte, declamata e cantata, convergono profili melodici seicenteschi di connotazione popolaresca, i più entusiastici moduli, le acclamazioni e gli inni che preannunziano e seguono la prodigiosa liquefazione del sangue. La novena è preceduta da un richiamo di questua, rivolto specificamente alle gianuariane.
Data: 1998
- Durata 08:35
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Il documento è relativo ad una manifestazione osservata a Campoli il 7 maggio del 1979, presso una cappella dedicata alla Madonna del roseto, quando un gruppo di donne salutava l’immagine di Maria eseguendo canti devozionali prima di mettersi in viaggio per il tradizionale pellegrinaggio maggiaiolo al Santuario di Montevergine. I distici appartengono al vasto repertorio monteverginale, condiviso da tutti i fedeli di area campana, sia pure espresso con moduli musicali differenziati, ma rigorosamente di stile polivocale. Nella presente esecuzione, rispettosa della tradizione, il melos viene dispiegato da una capocoro cui si aggregano, cadenzalmente e polivocalmente, le voci delle donne presenti. Notevole è lo spessore vocale, il possente timbro nonché lo stile di Erminia Paradisi, che conduceva l’esecuzione con il ruolo di leader del gruppo corale.
Data: 1979
- Durata 03:32
- Luogo Campoli
- Provincia Benevento
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Le due esecutrici di Candida godono nel luogo di un indiscusso prestigio come detentrici di un tradizionale sapere collegato al canto e alle manifestazioni ad esso connesse. Esse ci riferirono che durante il lavoro nei campi, una volta, si manifestavano diversi tipi di musica corale, non esclusi i canti religiosi. A tale proposito fummo informati che, all’approssimarsi di maggio o di settembre quando ferveva la raccolta di prodotti di stagione, si intonavano i distici devozionali per la Madonna di Montevergine, quasi a mo’ di prova, perché, successivamente, le raccoglitrici li avrebbero cantati nel corso del lungo ed estenuante pellegrinaggio al noto santuario irpino. La presente esecuzione si articola su versi inerenti alla sfera amorosa, appartenenti a un repertorio locale e di preferenza eseguiti durante la lavorazione del grano. Notevole è l’assetto vocale che si estrinseca polivocalmente nella cadenza identificativa dello stile etnico della zona.
Data: 1980
- Durata 02:34
- Luogo Candida
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Angiolina Capuano, Giuseppina Albanese: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Si tratta di un canto che veniva eseguito salendo in ginocchio l’antica Scalea santa del Santuario, quando, gradino dopo gradino, i pellegrini invocavano la Madonna, fino a raggiungere, dopo ventitré soste, l’antica Cappella in cui era custodita la monumentale icona della Vergine. Nel documento registrato, il solista, che guidava la comitiva, enumerava la successione dei gradini munito di un megafono e a lui rispondeva coralmente l’intero gruppo dei pellegrini. Al termine della ascesa si ascolta un altro canto, sempre registrato a Montevergine nel 1975. Si tratta di una canzone alquanto diffusa in Campania, derivata dalla contaminazione melodico-armonica secondo assetti formali più popolareggianti che popolari nel senso etnico del termine.
Data: 1975
- Durata 04:47
- Luogo Santuario di Montevergine
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
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Descrizione
Di ritorno da un’esplorazione condotta al Santuario di Montevergine il 12 settembre, sostammo a un ristorante di Ospedaletto dove, all’aperto, era imbandita una lunga tavola. I commensali festeggiavano l’onomastico di un’anziana donna, di nome Maria, la quale, al termine di un banchetto, dopo aver consumato abbondanti pietanze e non meno abbondanti libagioni, esprimeva l’euforia conviviale dei presenti con motti di spirito, allusioni salaci e canti tradizionali, sostenuti ritmicamente dal battito delle posate sul tavolo e sui bicchieri. Ci fu consentito di registrare gli episodi espressivi che si susseguivano, carichi di antica memoria, e man mano ci rendemmo conto di fissare un evento irripetibile. Di estremo rilievo, sul versante etnomusicologico, appare la struttura melodica dei canti sul tamburo, che presenta un àmbito più esteso di quello osservato negli stessi canti eseguiti in Campania. A tale proposito, l’esuberante protagonista della performance conviviale, nata a Napoli ed ivi residente, riferiva che ella cantava secondo uno schema tipico dei napoletani, che risultava diverso da quello d’ ’e campagnole, cioè dei contadini.
Data: 1975
- Durata 11:50
- Luogo Ospedaletto
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Straordinaria esecuzione di canti contadini cilentani, appartenenti a un locale repertorio di deliziosa e lirica rusticità, contrassegnati musicalmente da arcaico stile polivocale. La funzione di tali canzoni era innanzitutto relativa all’attività lavorativa nelle campagne, e talvolta anche alla convivialità collettiva.
Data: 1990
- Durata 06:04
- Luogo Pioppi
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Giovanni Di Rienzo, Bidora Di Rienzo, Sannio Cortiglia: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Canto di lavoro proprio dell’area salernitana, strutturato con una voce femminile di guida e un coro di risposta costituito da voci dispari (donne e uomini). La particolare denominazione si riferisce allo stereotipo verbale "la teresella" che viene intercalato nel secondo endecasillabo di ciascun distico, tra l’emistichio e la parte conclusiva del verso.
Data: 1979
- Durata 02:52
- Luogo Campoli
- Provincia Benevento
- Regione Campania
- Esecutore Carmine Iadanza, Erminia Paradisi: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Straordinario canto di lavoro eseguito alternativamente da due donne o da due gruppi di donne. Le due esecutrici ci riferirono, tra l’altro, che alle donne particolarmente dotate di qualità vocali i proprietari terrieri e i caporali davano la preferenza nelle assunzioni delle braccianti, in quanto l’attivazione del canto lavorativo non dava occasione alle operaie di chiacchierare tra loro e perdere tempo in vani discorsi. "Del resto – concludevano – quando si canta non si pensa, e la forza dei polmoni si riflette nelle braccia".
Data: 1979
- Durata 04:57
- Luogo Campoli
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Erminia Paradisi e una seconda esecutrice sconosciuta: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Esemplare testimonianza di canto politico, che in Iripinia vanta l’appartenenza a una produzione tradizionale, esprimente un acceso dissenso contadino contro il potere dei ricchi e contro il fascismo. L’esecutore ci ha informato che egli, durante la campagna elettorale relativa al referendum politico del due giugno 1946, compose il brano, in cui dichiarava anche la sua fede di fervente comunista. Chiaramente, egli aveva sovrapposto dei versi di sua creazione a moduli melodici preesistenti, il che rientra in normali prassi compositive del mondo popolare, comuni ai contadini e ai pastori. Nel brano sono menzionati diversi personaggi borghesi del mondo montecalvese, sui quali si appuntano le caustiche espressioni di tradizionale ironia, di discendenza carnevalesca.
Data: 1996
- Durata 02:44
- Luogo Montecalvo
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Felice Cristino: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Canto di violenta aggressività ed ironia, finalizzato a denunciare le durissime condizioni di lavoro cui erano sottoposti i braccianti agricoli. Il testo è documentato storicamente da diversi studiosi che, tra l’Ottocento e il Novecento, lo hanno pubblicato riportandolo nei repertori dei canti di lavoro nei campi.
Data: 1979
- Durata 01:07
- Luogo Cautano
- Provincia Benevento
- Regione Campania
- Esecutore Erminia Paradisi: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
In diverse occasioni avevo avuto modo di ascoltare dei canti alla cilentana eseguiti da cantatori che allo stile dei carrettieri si riferivano, come a un modello di esemplare virtuosismo vocale. Partendo da tale consapevolezza, riuscii ad individuare alcuni autentici carrettieri che, fino ad una quindicina di anni addietro, nell’espletare la loro attività lavorativa sui carri, erano anche padroni del tradizionale repertorio vocale di tale genere. Essi, però, mi riferirono che solo su un convoglio trainato da cavalli avrebbero potuto improvvisare ed esprimere al meglio le più antiche "cilentane", così denominate perché i loro viaggi avevano spesso come tappa o meta il Cilento. Con l’aiuto di locali amici individuammo delle antiche carreggiate una volta frequentate da tali lavoratori ed essi stessi si occuparono di procurarsi dei vecchi carri e dei cavalli da traino. Messa in atto la ricostruzione contestuale, i reali conduttori dei convogli si esibirono improvvisando, in viaggio, una performance irripetibile, testimoniata dalle nostre registrazioni in cui le melodie dei cantori trovano il loro indispensabile ritmo nel procedere delle ruote e negli scossoni impressi al carro dall’impervia strada a tratti pavimentata di piperno. Emerge, in tal modo, la verace possanza vocale, la fantasia compositiva degli esecutori impegnati in un viaggio senza meta, in un fantastico percorso del loro vissuto attraverso il sogno di ciò che una volta era realtà mitica.
Data: 1999
- Durata 07:57
- Luogo Giugliano
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore Annibale Pone, Pasquale Ambrosio: canto
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Ci troviamo in presenza di uno strumento musicale arcaico, caratteristico di antichissime culture pastorali. Si tratta di un doppio flauto come si trova raffigurato in dipinti o sculture di epoca greco-romana (il diàulos). L’esecutore era un pastore settantenne, il quale era anche il costruttore del suo prezioso strumento che egli denominava "siscari" e ne distingueva la canna "maschio" (a quattro buchi), dalla canna "femmina" (a tre buchi). Lo strumento era suonato impugnando il "maschio" a destra e la "femmina" a sinistra.
Data: 1975
- Durata 03:01
- Luogo Montemarano
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Celestino Coscia: "siscari" (doppio flauto)
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Canti monteverginali, di stretta pertinenza femminile, connotati da incipit monodico, combinazione diafonica e cadenza sostenuta coralmente sul bordone. Nella seconda parte del documento registrato, il testo fa riferimento ad alcuni avvenimenti accaduti a Montevergine negli anni Sessanta, quando venne abolita la consuetudine che consentiva il pernottamento dei pellegrini all’interno della Cappella della Madonna. Ad alcune donne, quindi, ignare della nuova disposizione, fu negata l’ospitalità notturna, e le malcapitate furono costrette a pernottare all’addiaccio. Nelle ultime strofe si allude anche al divieto di cantare in dialetto all’interno del Santuario: proibizione vigilata dalla Forza Pubblica. Alcune donne, presenti a Montevergine il 12 settembre del 1975, prima di lasciare l’immagine di Maria, inclusero nelle strofe di addio alla Madonna i riferimenti ai fatti di cui erano state protagoniste.
Data: 1975
- Durata 03:36
- Luogo Montevergine
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Dal punto di vista dell’assetto formale di tali canti, rimandiamo a ciò che abbiamo detto per la precedente esecuzione di Annibale Pone e Pasquale Ambrosio. Qui è doveroso aggiungere una particolare menzione per Luigi D’Angelo, che raggiunge toni di parossismo panico e di aggressivo compiacimento vocale. In lui il senso delle parole viene sommerso da una vocalità spinta ai limiti della tessitura maschile, e tesa a esprimere il farsi suono di un vivere col vivere della natura, col vivere di uno spazio in cui tutto si estende al grido, al volare degli uccelli, all’universalità del sole o del buio della notte.
Data: 1999
- Durata 11:25
- Luogo Aversa
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Crescenzo Sequino, Luigi D’Angelo: canto
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
A Calitri è tuttora attivo un gruppo musicale di lavoratori, intento alla conservazione di canti tradizionali, funzionalizzati alle manifestazioni conviviali. A tale scopo essi si radunano periodicamente e, dopo un abbondante banchetto, sciorinano un generoso repertorio di canzoni le cui tematiche fanno riferimento all’amore, alla satira, alla protesta sociale politica, e a un maschilismo fallico che (apparentemente) ribadisce la sudditanza femminile all’autorità prevaricante dell’uomo. Il documento sonoro, registrato nel 1989, è relativo a un canto d’amore di umore cameratesco, la cui esecuzione trabocca di possente stile vocale e di plastica espressività. Eppure è rilevante un cospicuo tasso di frizione tra elementi stilistici del canto, la struttura armonica e l’andamento ritmico della chitarra d’accompagnamento. Talora, la soggiacenza dell’enunciato ad arcaiche pulsioni quantitative sembra produrre oscillazioni ritmiche aliene dalla standardizzazione isometrica dei moduli d’accompagnamento convenzionali.
Data: 1989
- Durata 04:43
- Luogo Calitri
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Girolamo Caruso, Salvatore Romundo, Banio Maffucci, Giovanni Sicuranza: canto
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Pur essendo il repertorio delle ninne nanne patrimonio comune praticato dalle donne, tuttavia, una volta, la collettività riconosceva solo ad alcune esecutrici la padronanza specifica dei materiali, l’identità stilistico-vocale e il virtuosismo melodico e compositivo. Dalla esecuzione qui pubblicata, e dalla seguente, risulta evidente quella esemplarità additata e confermata da autentici conoscitori di tale genere.
Data: 1990
- Durata 03:30
- Luogo Somma Vesuviana
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore Carmela Esposito, Teresa Savarese: canto
- Autore Roberto De SimoneRoberto De Simone
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Descrizione
Pur essendo il repertorio delle ninne nanne patrimonio comune praticato dalle donne, tuttavia, una volta, la collettività riconosceva solo ad alcune esecutrici la padronanza specifica dei materiali, l’identità stilistico-vocale e il virtuosismo melodico e compositivo. Dalla esecuzione qui pubblicata, e dalla precedente, risulta evidente quella esemplarità additata e confermata da autentici conoscitori di tale genere.
Data: 1992
- Durata 03:27
- Luogo Avellino
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Carmela Esposito, Teresa Savarese: canto
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Esuberante esecuzione di un canto di questua augurale, messo in atto l’ultimo giorno dell’anno da un gruppo di adolescenti che raccoglievano, di casa in casa, offerte di cibo e di dolciumi. L’origine del testo è antichissima in quanto talune espressioni sono documentate storicamente da varie testimonianze letterarie o di costume. Il testo presenta evidente carattere magico ed esorcistico rivolto ad eliminare componenti negative della collettività e ad augurare una nuova crescita del tempo e della qualità sociale. Nella presente esecuzione è notevole l’impatto vocale di tipo popolare, l’impeto ritmico e la pulsione dinamica dei giovani questuanti, cui fanno da contraltare le esplosioni di fuochi d’artificio.
- Durata 03:30
- Data Lunedì, 31 Dicembre 1990
- Luogo Castel Morrone
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Rara esecuzione di canzone a ballo di area salernitana. Le esecutrici ne dichiararono l’appartenenza a un genere di canti rituali che una volta erano collegati alle manifestazioni del momento nuziale. Chiaramente, il modello musicale accoglie la struttura ritmica di versi ottonari ed endecasillabi e quindi consente l’utilizzo di diversi materiali letterari, noti alla comunità e attivati estemporaneamente dalla proposta autorevole di una donna capocoro. Risulta notevole anche l’impiego di mottozzi e intercalari di non sense.
Data: 1979
- Durata 04:12
- Luogo Campoli
- Provincia Benevento
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Percorrevo in macchina la strada che conduce a Sorrento e a Maiori e la splendida giornata contraddiceva la data del 2 novembre che ricorreva quel giorno. Lo sguardo indugiava sui piccoli cimiteri della zona che pullulavano di visitatori devozionali per il rituale omaggio ai defunti. A un tratto, nei pressi di Seiano, dopo aver moderato la velocità del veicolo, l’udito fu attratto dal luttuoso canto di una donna. Discesi dall’auto e mi resi conto che si trattava di una madre che, presso la tomba di una fanciulla chiamata Giuseppina, eseguiva un compianto funebre mediante l’impiego di uno dei più noti strambotti della tradizione campana.
- Durata 01:33
- Data Venerdì, 02 Novembre 1979
- Luogo Amalfi
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Da tempo sapevamo che Giulia Ciletti era una rarissima superstite delle lamentatrici funebri presenti in Irpinia. Eppure, più volte, alla nostra richiesta di registrare un esempio di tale pratica musicale, ella aveva sempre opposto un netto rifiuto. Poi, inaspettatamente, ella mi fece riferire di essere disposta ad assecondare la mia richiesta in una chiesa di Bagnoli irpino, in orario in cui il sacro luogo era chiuso. Mi recai coi miei collaboratori nella chiesa indicata e mettemmo in atto la registrazione. Ella principiò a cantare secondo gli stilemi tradizionali rivolti alla figura della madre, ma, nel corso dell’esecuzione, fu costretta ad interrompersi, soffocata da uno scoppio di pianto. Confortata dalle esortazioni di un suo conoscente che era presente, la donna riprese il canto nonostante le copiose lacrime che le scendevano sul viso, lasciandoci stupiti e confusi. Al termine dell’esecuzione, ella ci confidò che in gioventù aveva avuto un tempestoso rapporto conflittuale con sua madre, fino al punto di non aver voluto partecipare, trenta anni addietro, ai suoi funerali. Ma, giunta in avanzata età, il dissidio si era attenuato, dissolto, lasciando posto a una rinnovata tenerezza filiale, affettuosa e nostalgica. Per tale motivo, aveva deciso di mettere in atto la mancata lamentazione, cogliendo l’occasione della nostra richiesta. Insomma, la presente registrazione ha testimoniato un reale momento rituale: la liberatoria lamentazione di una donna più che ottantenne, sia pure in ritardo di trenta anni.
Data: 2003
- Durata 02:56
- Luogo Bagnoli Irpino
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Esecutore Giulia Ciletti: voce
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Data: 1985
- Durata 00:37
- Luogo Chiaia
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Data: 1985
- Durata 02:23
- Luogo Giugliano
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
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Descrizione
Data: 1985
- Durata 01:04
- Luogo Celzi (frazione di Forino)
- Provincia Avellino
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
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Descrizione
Data: 1985
- Durata 00:38
- Luogo Bellizzi
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
- Durata 02:01
- Luogo Duomo di Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Descrizione
Data: 1985
- Durata 02:43
- Luogo Castello
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
- Durata 01:33
- Luogo Castello Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone
- Genere Audio
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Audio
- Durata 02:27
- Luogo Somma Vesuviana
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore Roberto De Simone