Roberto De Simone, autore e regista (11)
Alcune tra le più memorabili opere del maestro
Alcuni dei lavori teatrali e musicali realizzati da Roberto de Simone coerentemente con la riflessione antropologica e storico-musicale avviata già alla fine degli anni Sessanta quando, con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, ha imposto una nuova cifra musicale per la presentazione in palcoscenico delle musiche di matrice folklorica, con soluzioni strumentali e vocali - rispetto ai documenti sonori e scritti - che hanno fatto scuola per decenni.
Premiati da uno straordinario successo di pubblico, questi lavori sono rappresentativi di un’avvincente interpretazione delle credenze magico-religiose e delle espressioni coreutico-musicali dell'Italia meridionale. Emblematica, in questo senso, La Gatta Cenerentola di cui si offre ora una parte significativa della prima rappresentazione al Festival dei due mondi di Spoleto nel 1976, finora del tutto inedita, e l'allestimento realizzato per il Mercadante di Napoli nel 1998 con le relative prove che mettono in risalto la sapiente e appassionata regia dell'autore della "fiaba delle fiabe".
Tra le più sentite manifestazioni napoletane collegate al Natale, La Cantata dei pastori segnata da una multiforme struttura drammaturgica in tre secoli di ininterrotta tradizione nei teatri locali, gremiti da un pubblico popolare per il quale lo spettacolo costituiva una vera e propria liturgia celebrativa che affondava le radici nell'immaginario barocco e in cui convivevano le rassicuranti parole del passato e quelle, contaminate dalle ansie di un presente precario e angoscioso: qui offerta nella prima e nella seconda parte andate in onda sul primo canale RAI il 23 e 24 dicembre 1977.
Concepito, al pari della Gatta Cenerentola, come "un melodramma nuovo e antico allo stesso tempo", Mistero napolitano (parte prima e parte seconda) del 1978, segnato da un'originale rilettura del mondo popolare in contrasto e comparazione con la cultura controriformista dei gesuiti, per la prima volta restituito a una fruizione pubblica nella versione realizzata per il Metastasio di Napoli, anche in questo caso accompagnato dalle prove di scena, nonché con ampi stralci, nei testi di corredo, del libretto di sala a firma dello stesso De Simone.
Tra le sue regie, La festa di Piedigrotta di Viviani, andata in onda sul Terzo canale RAI il 4 luglio 1981 per il ciclo di trasmissioni dedicate all'arte drammatica Invito a teatro: una festa particolarmente cara a De Simone che non ha mancato di stenderne un indignato "necrologio" per una morte già avvenuta "quando in regime laurino se ne allestì quel provincialissimo revivalall'insegna del cattivo gusto, del mortificante pacchianismo dei carri, di tutta quella paccottiglia canora e teatrale" ma uccisa una seconda volta, in tempi più recenti, da istituzioni che sembrano avere uno "spiccato trasporto per la necrofilia, per la rivitalizzazione di cadaveri culturali, per i revival di defunti fastigi" (Roberto De Simone, Son sei sorelle, p. 362).
Con l'augurio che possano emergere, magari da qualche archivio privato, riprese e registrazioni di altre importanti opere del maestro partenopeo, da L’Opera buffa del Giovedì Santo (Napoli, 1980) al Requiem in memoria di Pier Paolo Pasolini (Teatro di San Carlo, Napoli, 1985), la raccolta è completata con La cantata dei pastori promossa nel dicembre del 1989 da uno dei protagonisti dell'allestimento originario di De Simone, Beppe Barra.
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La travolgente commedia di Raffaele Viviani in una produzione dell'Ente Teatro Cronaca, con la regia teatrale di Roberto De Simone, in onda sul Terzo canale per il ciclo di trasmissioni dedicate all'arte drammatica Invito a teatro. Elaborazioni musicali: Roberto De Simone, direttore d’orchestra: Gianni Desidery, scene: Giovanni Girosi, costumi: Annamaria Morelli, fotografia: Silvio Fraschetti, montaggio: Emilio Lopez, regia televisiva: Gennaro Magliulo.
- Durata 01:57:49
- Data Sabato, 04 Luglio 1981
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore Lino Mattera (Don Gennaro), Anna Walter (Donna Filumena, Il carro delle 'mpechere), Anna Spagnuolo (Nunziatina Furtunatina), Stefano Tosi (Beniamino-Giuvanne), Gianni Lamagna (Turillo), Delia Viola (Olimpia-Graziella), Lello Giulivo (Rafiluccio-Aitano), Silvana Adinolfi (Maria-Carminuccia), Giuseppe Barra (Papele-Mimì di Montemurro-Spallucchiello), Mario Brancaccio (Alisandro), Gennaro Di Benedetto (Meniello), Ernesto Lama (Sciacillo), Angela Pagano ('Ngiulina), Virglio Villani (la guardia municipale)
- Autore regia teatrale di Roberto De Simone
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Descrizione
Dietro le quinte Peppe Barra racconta come nasce l'idea di rappresentare la Cantata dei pastori e introduce personaggi e interpreti dello spettacolo andato in scena a Napoli nel Natale del 1989 e qui documentato nella restituzione televisiva dello stesso anno.
- Durata 01:28:00
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore interpreti e personaggi: Peppe Barra (Razzullo), Concetta Barra (Sarchiapone), Patrizio Trampetti (Cidonio e Oste infernale), Giulio Barra (Belfagor), Franco Castiglia (Ruscellio), Antonio Di Francia (Asmodeo), Rosario Gagnyoll (Giuseppe), Silvia Ghizzoni (Gabriello Arcangelo), Auli Kokko (Benini e Maria Vergine), Egano Lambertini (Armenzio), Gino Parlato (Belzebu), Franco Silveri (Astarotte); musiche: Paolo Raffone e Savio Riccardi, scene: Francesco Autiero, costumi: Annalisa Giacci
- Autore regia teatrale di Lamberto Lambertini
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Descrizione
"Tre secoli di ininterrotta tradizione e una multiforme struttura drammaturgica connotano la cosiddetta Cantata dei pastori che è stata una delle più sentite manifestazioni napoletane collegate al Natale. Si tratta di una sacra rappresentazione che ritualmente era eseguita a Napoli e in provincia dal 24 dicembre al 6 gennaio, in teatri che per l'occasione erano gremiti di un pubblico popolare, per il quale lo spettacolo costituiva una vera e propria liturgia celebrativa che affondava le sue radici nell’immaginario barocco, misterioso forziere-groviglio di miti, di splendori, di fantasmi, ricorrenti ciclicamente in un presente metastorico, in cui convivevano le rassicuranti parole del passato e quelle contaminate dalle ansie di un presente precario e angoscioso. E, confusamente, risuonavano il vociare dei diavoli, il garrire dell’angelo, lo squittire di Sarchiapone, e il litaniare del pescatore e del cacciatore, il salmodiare di Armenzio, contrappuntati dal roco ritmo pulcinellesco di Razullo... così Roberto De Simone, regista e autore delle musiche, presenta l'opera tratta dal testo teatrale seicentesco di Andrea Perrucci, andata in onda sul primo canale il 23 dicembre del 1977 nell'edizione presentata fuori concorso al Premio Italia dell'anno seguente.
"Il titolo originale della rappresentazione che mescola il sacro e il profano è Il vero lume tra le ombre ossia la nascita del verbo umanato. Così ne pubblicò il testo Andrea Perrucci, poeta palermitano (1651-1704) vissuto nel vicereame di Napoli. Sul frontespizio dell'opera si firmò Casimiro Ruggieri Ugone.
Il filo conduttore è semplice: i demoni, potenze del male, vogliono impedire la nascita di Gesù, potenza del bene e per raggiungere questo scopo intralciano il viaggio di Giuseppe e Maria a Betlemme. Su questa linea si intrecciano poi una serie di episodi celesti e terreni che non hanno una vera coesione Per esempio Cantata figurano due napoletani sbarcati in Galilea, Razzullo e Sarchiapone, che hanno il ruolo dei comici, e ai quali però De Simone ha dato un significato più umano e più legato alla realtà attuale. La Cantata dei pastori è stata realizzata negli studi Tv di Napoli: ha inaugurato il suo primo studio attrezzato per il colore. 'Vent'anni fa', ricorda Giacomo Deuringer direttore del Centro TV di Napoli, 'quando nacquero gli studi televisivi, la prima produzione napoletana fu proprio la Cantata'" [dal Radiocorriere Tv, dicembre 1977 p. 151]. - Durata 01:12:00
- Data Venerdì, 23 Dicembre 1977
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore Interpreti: Antonio Pierfederici, Concetta Barra, Fausta Vetere, Franco Javarone, Giovanni Mauriello, Giuseppe Barra, Caterina Carosi, Isa Danieli, José Cacace, Mario Merola, Mario Sanzurio, Orazio Orlando, Patrizio Trampetti, Virginio Villani; scene: Mauro Carosi, costumi di Odette Nicoletti
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
"Tre secoli di ininterrotta tradizione e una multiforme struttura drammaturgica connotano la cosiddetta Cantata dei pastori che è stata una delle più sentite manifestazioni napoletane collegate al Natale. Si tratta di una sacra rappresentazione che ritualmente era eseguita a Napoli e in provincia dal 24 dicembre al 6 gennaio, in teatri che per l'occasione erano gremiti di un pubblico popolare, per il quale lo spettacolo costituiva una vera e propria liturgia celebrativa che affondava le sue radici nell’immaginario barocco, misterioso forziere-groviglio di miti, di splendori, di fantasmi, ricorrenti ciclicamente in un presente metastorico, in cui convivevano le rassicuranti parole del passato e quelle contaminate dalle ansie di un presente precario e angoscioso. E, confusamente, risuonavano il vociare dei diavoli, il garrire dell’angelo, lo squittire di Sarchiapone, e il litaniare del pescatore e del cacciatore, il salmodiare di Armenzio, contrappuntati dal roco ritmo pulcinellesco di Razullo... così Roberto De Simone, regista e autore delle musiche, presenta l'opera tratta dal testo teatrale seicentesco di Andrea Perrucci, andata in onda sul primo canale il 23 dicembre del 1977 nell'edizione presentata fuori concorso al Premio Italia dell'anno seguente.
"Stasera le potenze degli Inferi saranno sconfitte: il Bambino Gesù potrà nascere finalmente e tranquillamente nella sua grotta. Ma anche in questa seconda parte dello spettacolo le disavventure di Giuseppe e Maria sono tante. Tra i protagonisti dello spettacolo riconosciamo alcuni componenti della Nuova Compagnia di Canto Popolare: Fausta Vetere, ad esempio, nel ruolo della Madonna, Giuseppe Barra, Razzullo, Giovanni Mauriello, Sarchiapone, Patrizio Trampetti, Cidonio. La zingara, che ieri sera nelle prime scene dello spettacolo ha letto la mano alla Vergine è Concetta Barra, suggestiva cantante folk. L'Arcangelo Gabriele è invece Isa Danieli, attrice napoletana tra le più intense, figlia di Renato Di Napoli (i Di Napoli sono un’antica famiglia di attori) che ha cominciato la sua carriera artistica con Eduardo. Giuseppe è Roberto De Simone, autore dell'edizione televisiva della Cantata, oltre che regista-autore delle musiche" [dal Radiocorriere Tv, dicembre 1977 p. 161]. - Durata 01:11:03
- Data Martedì, 24 Dicembre 1974
- Luogo Napoli
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore Interpreti: Antonio Pierfederici, Concetta Barra, Fausta Vetere, Franco Javarone, Giovanni Mauriello, Giuseppe Barra, Caterina Carosi, Isa Danieli, José Cacace, Mario Merola, Mario Sanzurio, Orazio Orlando, Patrizio Trampetti, Virginio Villani; scene: Mauro Carosi, costumi di Odette Nicoletti
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Al Teatro Nuovo Romolo Valli, il direttore artistico del Festival di Spoleto, spiega al pubblico televisivo la scelta di invitare la Nuova Compagnia di canto popolare Il Cerchio con la fiaba in musica scritta e diretta da Roberto De Simone, La Gatta Cenerentola; ricorda l'audizione al Teatro Vallle nel '71, sollecitata dall'entusiasmo di Eduardo De Filippo, rapito da una precedente messa in scena a San Ferdinando a cui aveva assistito, e la certezza presto raggiunta, di trovarsi di fronte ad un'opera magistrale interpretata con "la forza di una tradizione ritrovata nelle sue autentiche componenti originali, rivisitata da un acume, un'intelligenza musicale straordinari, e riproposta con una potenza sanguigna che esculdeva immediatamente qualsiasi complicazione folkloristica, o cedevolezza sentimentale, cioè un atto di grande rigore"; la partecipazione l'anno seguente, nel 1972, al Festival fu "un'apparizione travolgente" che sancirà il successo della compagnia e l'inizio di una brillante tournée; Roberto De Simone, nel commentare le opinioni della critica, sottolinea positivamente il riconoscimento che non si tratti di uno spettacolo "di riporto", ma un recupero delle forme stilistiche della tradizione popolare, come nell'uso della maresca, del madrigale, dell'opera buffa e della sceneggiata, utilizzati unicamente come linguaggi, come strumenti compositivi. Segue una replica del III atto.
Data: 1976
- Durata 54:59
- Luogo Spoleto, Teatro nuovo
- Provincia Perugia
- Regione Umbria
- Autore n.d.
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Descrizione
La puntata di Palcoscenico in onda su Raidue dedicata alla Gatta Cenerentola di Roberto De Simone in scena al Teatro Mercadante di Napoli.
- Durata 02:41:10
- Data Lunedì, 04 Dicembre 2017
- Luogo Napoli, teatro Mercadante
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Esecutore La Gatta Cenerentola: Maria Grazia Schiavo; la matrigna: Rino Marcelli; Bene mio, la voce del Rosario, Asso di bastoni: Virgilio Villani; il gioco del monaciello, Cuccurucù, il femminella: Giovanni Mauriello; Jesce sole, l'invidia della lavandaia grassa: Antonella Morea; la mano della cabala: Giuseppe Parisi; la pettinatrice, l'angoscia, la crisi e la violenza della lavandaia: Patrizia Spinosi; la bellezza delle sorelle: Filippo Sica; la sarta: Fiorenza Calogero; la verità della zingara: Anna Fiorelli; la voce castrata: Angelo Smimmo; il militare francese, Vurria addeventare: Raffaele Converso; il militare spagnolo, Vurria addeventare: Giulio Liguori; il militare dal vessillo azzurro: Luigi Biancardi; il banchetto delle cameriere: Fiorenza Calogero; Simonetta Cartia: Simonetta Cartia; Antonella Morea: Antonella Morea; Tamara Pintus; Anna Spagnuolo
- Autore Roberto De Simone
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Descrizione
Il back stage al Teatro Mercadante di Napoli de La Gatta Cenerentola, mette in scena la sapiente e appassionata regia di Roberto De Simone, autore della "fiaba delle fiabe", sintesi del mondo fantastico ed onirico dell'immaginario mediterraneo: la storia si articola sulla falsariga delle varianti del mito di Cenerentola, in riferimento agli archetipi magico-religiosi e non come elementi di fiaba edificante o consolatoria, come nel commento di Federico Fellini che l'ha definita "come scritta dai morti", che in essa si rappresentano.
Il ciclo temporale della commedia coincide col tempo ciclico e stagionale delle culture agrarie: il primo è l'atto della magia, che mette in campo gli elementi magici, legati alla fecondità e all’erotismo, la corrispondenza al femminile e la maturità del maschile, e si chiude con la prima trasformazione, quella della pianta magica; il secondo atto è quello in cui la cultura materiale contadina entra nella scenografia per contrasto all’apparato fastoso e barocco dell'allestimento scenico; il terzo è, infine, quello della ritualità, dell'avventura delle tre notti del ballo di Cenerentola: è il ballo della possessione solare durante il quale si consuma l'incontro con il re-sole, con il principe inteso come elemento solare.
Nella giustapposizione di momenti preparatori e sequenze performative si rappresenta la fatica interpretativa degli attori, "più che personaggi, citazioni di riti antichi, prototipici".
Maria Letizia Gorga è la voce iniziale della commedia con Jesce sole, inno dionisiaco al tempo e al principe, e la Capera, "una fattucchiera, una sorta di maga, di Sibilla", poi la conclusione del terzo atto e dello svolgimento temporale della pièce dopo la zingarata che preannuncia il sacrificio che sta per compiersi perché il tempo compia il suo ciclo con il suicidio del femminella, Giovanni Mauriello, che si getta nel pozzo. E ancora le istruzioni di Renato Piemontese, direttore d'orchestra, Rino Marcelli nel ruolo della Matrigna, Filippo Sica, che interpreta la figlia Patrizia, Virgilio Villani nel ruolo del Capocoro del rosario, le cameriere di palazzo reale: A. Maria Colasanto, Elisabetta D’acunzo, Concetta Hauber, M. Grazia Schiavo; Maria Rosaria Carli, una lavandaia e Marina Bruno, Cenerentola. - Durata 33:44
- Data Martedì, 01 Marzo 1988
- Luogo Napoli, teatro Mercadante
- Provincia Napoli
- Regione Campania
- Autore A cura di Ida Bernardeschi, regia di Annalisa Buttò
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Descrizione
"Entra il coro della sacra rappresentazione. Il corteo preceduto da un asino dorato accompagna la Madonna presso la Sibilla Cumana che predice la imminente nascita di Cristo. Ma la rappresentazione è interrotta da Padre Teofrasto che tuona sull’immoralità delle rappresentazioni popolari. A lui si aggiunge Padre Francesco che inveisce in particolar modo contro la donna che interpreta il ruolo di Maria. Costei è Ciulla della Pignasecca, contro cui si accaniscono gli epiteti di Padre Francesco che la definisce donna scandalosa e pubblica. Ciulla reagisce mentre gli altri commedianti tentano di calmarla. Alla fine la donna, al colmo dell’ira prende la croce dalle mani di Padre Francesco e violentemente lo investe. Intermezzo musicale e aria di Padre Polanco che espone cantando l’ideologia della sua classe. Si alza il sipario ed ha inizio la rappresentazione di una fantastica “Cantata” dove l’affamato Razzullo si incontra col pastorello Benino e gli chiede da mangiare. Di poi canta una canzone nella quale espone la sua drammatica condizione di napoletano ed un suo antico sogno natalizio di potersi sfamare. Benino va via ed entrano in scena un pescatore ed un cacciatore che offrono da lavorare a Razzullo. Dopo un terzetto cantato, i due personaggi vanno via lasciando sempre più deluso e solo l’affamato Razzullo. Incontro di Razzullo con Sarchiapone dove quest’ultimo narra grottescamente di avere ucciso il sindaco del suo paese per gelosia. Le due maschere snocciolano tutto il loro bagaglio di comici da piazza e concludono la scena con una animata tarantella. (La quatrana) Entra Padre Teofrasto nauseato dalla scena dei due comici. Lo segue Padre Polanco che lo invita in un plebeo teatro di Napoli dove si rappresenta grottescamente il viaggio di Maria e Giuseppe verso Betlemme. Siamo nel suddetto teatrino napoletano dove un pubblico esuberante interviene con ironiche battute ai dialoghi arcadici dei personaggi sacri. La scena è un continuo rimando di frizzi e invettive che a volte gli stessi attori rilanciano al pubblico sempre più divertito da tale gioco. Rientrano a siparietto Padre Teofrasto e Padre Polanco commentando la scena precedente. Padre Teofrasto asserisce che per combattere il teatro e le sue forme basta colpire sulla morale. Solo ciò può scatenare una violenta tempesta nella quale affondare l’emblematica barca popolare. A siparietto Razzullo e il pescatore cantano una malinconica canzone. Improvvisamente l’aria si oscura come per un’imminente tempesta. Entra la Madonna e San Giuseppe che vengono guidati da Ciulla in abiti da angelo su una barca. I sacri personaggi con i commedianti tutti sono sulla barca in preda ad un’immaginaria tempesta. Sulla barca si evidenzia il personaggio del pescatore diventato quasi rappresentazione dello spirito di Masaniello. Tutti cantano una dolcissima nenia sul viaggio della Madonna verso Betlemme" (di R. De Simone, dal libretto di sala).
Data: 1978
- Durata 54:10
- Luogo Teatro Metastasio di Prato
- Provincia Prato
- Regione Toscana
- Esecutore Compagnia Il Cerchio: Concetta Barra (madre di Ciulla, Sibilla Cumana, la Madonna), Giuseppe Barra (Re Davide, Razzullo), Jose Cacace (Asino dorato, Lazzaro, Saltimbanco, Violinista), Antonella D'Agostino (Sibilla Frigia, la Madonna della Barca, la "Pentita"), Umberto D'Ambrosio (Profeta Ezechiele, Sarchiapone), Isa Danieli (Ciulla della Pignasecca, nel ruolo di Maria Vergine, Gabriele Arcangelo, Diavolo, Anima dannata), Renato Devi (marito di Ciulla, nel ruolo di Profeta Zaccaria, Diavolo Belfagor, San Giuseppe, Giuseppe De Vittorio (Ciaravolo cantante, il Pescatore), Mariella Mazza (Sibilla Delfica, pastorello Benino), Mario Scarpetta (Profeta Isaia, il Cacciatore, San Giuseppe), Pasquale Zito (Ciaravolo Giullare), Antonio Pierfederici (Padre Teofrasto), Mauro Carosi (Padre Francesco De Geronimo), Gian Franco Mari (Padre Polanco); maestro concertatore e direttore d’orchestra Giovanni Desidery, scenografia: Mauro Carosi, realizzazione pittorica: Raffaele De Maio, costumi: Odette Nicoletti, luci: Adriano Mestrelli
- Autore Roberto De Simone
- Genere Filmato
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Descrizione
"A siparietto un emblematico canto delle tre sibille. All’alzarsi del sipario si vede Padre Teofrasto che parla verso il confessionile chiuso da una tenda. Egli espone a Padre Francesco il suo disegno di sostituire le rappresentazioni popolari con un teatro gestito dal loro Ordine, allo scopo di convertire l’eretico popolo napoletano. Indi fa scorrere la tendina scoprendo Padre Francesco che, in linea col programma di Teofrasto, ha indossato i panni di San Giuseppe allo scopo di attuare una sacra rappresentazione fatta da gesuiti. Prima di iniziare il loro spettacolo, i due gesuiti ribadiscono la proibizione alle donne di calcare mai più le scene: proibizione avallata dallo stesso Papa. Ha inizio la rappresentazione gesuitica dove si recita lo sgomento di San Giuseppe per aver smarrito la sua sposa Maria. Ed ecco allora un angelo a consolarlo e a riportargli Maria interpretata da Padre Polanco. Dopo un terzetto cantato, i tre attori gesuiti vanno via ed entra Ciulla infuriatissima, seguita dalla madre. Colpita nel suo lavoro di attrice e temendo di ritornare a fare la prostituta, Ciulla si reca sul pulpito e, quasi per risposta alla scena precedente canta una violenta canzone. Entra in scena il marito di Ciulla in abito da San Giuseppe che tenta di calmare la moglie. Ma ecco entrare Padre Francesco che ribadisce la proibizione alle donne di recitare, il che innervosisce maggiormente la donna. A riportare una calma apparente è Padre Teofrasto che manda via Padre Francesco e poi propone al marito di Ciulla una ricompensa di trenta ducati a patto che ritiri la moglie dalle scene. Il marito accetta ed alla reazione della donna, la schiaffeggia pubblicamente. Ciulla va via e Padre Teofrasto permette che si riprenda la sacra rappresentazione a patto che le donne scompaiano dalle scene. A siparietto una comica scena tra il cacciatore e Razzullo. La scena si conclude con un terzetto cantato al quale partecipa anche Padre Polanco in veste di pescatore. Nella scena seguente si veda Padre Teofrasto che fa trasformare teatralmente il confessionile-pulpito in una barocca taverna, allo scopo di far recitare la scena seguente. Entrano infatti Razzullo e Sarchiapone che recitano con un burattinesco diavolo una tradizionale scena grottesca presso la taverna. Alla fine di tale scena si odono le donne intonare il Magnificat. Entra Padre Francesco irato per la provocazione popolare di presentare ancora le donne in pubblico. Padre Teofrasto gli sconsiglia di intervenire ma egli si mostra deciso. Ha inizio una processione popolare con una statua della Madonna Immacolata, ma il tutto è interrotto da Padre Francesco che, per impressionare il popolo, cantando una drammatica aria, colloca sette spade al cuore della santa immagine. Egli così vuol denunciare i peccati del popolo che trafiggono il cuore di Maria. Allora interviene Ciulla che ancora una volta lo manda via violentemente e di poi balla con la statua della Vergine portata a spalla dai commedianti. In scena sono tutti i personaggi che cantano un Libera me Domine contrappuntato da una danza-canto popolare mentre un commediante balla e mima una fantastica resurrezione di Lazzaro. L’apparizione di Padre Teofrasto pone fine al canto ed alla danza. Egli ribadisce ancora al pubblico e ai commedianti la censura ai comici e la proibizione alle donne di recitare. Ciulla che è presente, dopo un ulteriore rimbeccata, va via dicendo di tornare a fare il suo vecchio mestiere di donna pubblica. Riprende la rappresentazione dei due comici affamati, i quali recitano una scena nella quale si cibano di polpette trovate in un paniere. La scena cade nel grottesco quando i due si credono avvelenati e mimano la loro morte lamentandosi a vicenda. Entrano il cacciatore, il pescatore e Benino che rassicurano i due comici sulla finzione dell’avvelenamento e si preparano a cantare una canzone. Il canto e la rappresentazione ormai strumentalizzati da tutti i lati si svolgono come in un gioco sempre più marionettistico. Improvvisamente si sentono dei colpi di arma. I commedianti si sbandano ed allora entra Padre Teofrasto che racconta di un militare spagnolo, il quale in preda ad ubriachezza, ha fatto partire dei colpi ed ha colpito Ciulla. Entra Padre Polanco che conferma la morte di Ciulla e dice a Teofrasto che la madre vorrebbe che egli ne benedisse la salma. Ligio alla regola che vieta la benedizione ai commedianti, Teofrasto rifiuta ed immediatamente fa uscire di scena i due comici. Sollecita gli altri a riprendere la rappresentazione con la speranza che solo la clemenza divina risparmi l’anima di Ciulla alle fiamme dell’inferno. Entra Ciulla in abiti da anima dannata come demonio. Si scontra con Padre Francesco che ormai è diventato santo. Ciulla ribadisce le proprie posizioni nel rifiutare una condizione di "pentita" e dimostra insanabile il contrasto fra lei e Padre Francesco. Infatti gli dice che se ella andasse in paradiso si sentirebbe sempre all’inferno, dovendo accettare una condizione di "salita di grado". Ugualmente se Francesco scendesse al suo inferno, egli si sentirebbe sempre come uno che viene dal Paradiso con lo scopo di salvarla dall’alto. I due personaggi allora si irrigidiscono nei loro ruoli teatrali ed alla fine Ciulla svela a Francesco l’ultima scena dove si vede una Natività su uno sfondo di Napoli col Vesuvio in eruzione. Tutti i commedianti sono avvolti da fiamme, quasi come anime purganti o dannati. Fugge Francesco alla visione ma poi, mentre i commedianti intonano una pastorale natalizia, ritorna nelle vesti più splendenti della sua condizione ecclesiastica. Egli si avvicina alla mangiatoia, prende il Bambino e se lo porta nel confessionile mostrandolo al popolo. Tutti i commedianti vanno ad inginocchiarsi presso di lui. Nella scena del teatrino restata vuota, l’attrice che interpreta il ruolo della Madonna, fa un cenno a Ciulla che le si avvicina. Le due donne seggono nella scena e mangiando un’arancia ridono violentemente" (di R. De Simone, dal libretto di sala).
Data: 1978
- Durata 01:08.03
- Luogo Teatro Metastasio di Prato
- Provincia Prato
- Regione Toscana
- Esecutore Compagnia Il Cerchio: Concetta Barra (madre di Ciulla, Sibilla Cumana, la Madonna), Giuseppe Barra (Re Davide, Razzullo), Jose Cacace (Asino dorato, Lazzaro, Saltimbanco, Violinista), Antonella D'Agostino (Sibilla Frigia, la Madonna della Barca, la "Pentita"), Umberto D'Ambrosio (Profeta Ezechiele, Sarchiapone), Isa Danieli (Ciulla della Pignasecca, nel ruolo di Maria Vergine, Gabriele Arcangelo, Diavolo, Anima dannata), Renato Devi (marito di Ciulla, nel ruolo di Profeta Zaccaria, Diavolo Belfagor, San Giuseppe, Giuseppe De Vittorio (Ciaravolo cantante, il Pescatore), Mariella Mazza (Sibilla Delfica, pastorello Benino), Mario Scarpetta (Profeta Isaia, il Cacciatore, San Giuseppe), Pasquale Zito (Ciaravolo Giullare), Antonio Pierfederici (Padre Teofrasto), Mauro Carosi (Padre Francesco De Geronimo), Gian Franco Mari (Padre Polanco); maestro concertatore e direttore d’orchestra Giovanni Desidery, scenografia: Mauro Carosi, realizzazione pittorica: Raffaele De Maio, costumi: Odette Nicoletti, luci: Adriano Mestrelli
- Autore regia di Roberto De Simone
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"Il testo teatrale parte da una netta contrapposizione tra mondo popolare e mondo controriformistico gesuitico. La stessa scenografia, colloca a destra guardando, un emblematico confessionile-pulpito contrapposto, dall’altro lato, ad una enorme bocca infernale. Nella zona centrale è un teatrino, luogo conteso dello scontro, o luogo rappresentante la stessa città di Napoli. In tale contrasto, protagonista vero è sempre la città di Napoli, in perenne atteggiamento teatrale con sé stessa e con gli altri. Ed ecco allora le sue forme del teatro rituale più violente, tese ad esorcizzare la propria comunità all’interno di sé stessa. A ciò, altri atteggiamenti rivolti ad un pubblico esterno, nell’intento di continuare a vivere recitando la propria fame, la propria miseria con la maschera del più comico istrionismo, nell’antica certezza che è solo tale finzione scenica a poter essere accettata da un pubblico esterno. E ciò per quel che riguarda le varie scene recitate e cantate dai comici Razzullo e Sarchiapone. Infine tale gioco si spinge fino a recitare il proprio folklore, la propria anima, con atteggiamenti marionettistici, strumentalizzati e meccanizzati come per un allucinante presepe meccanico. In tutto ciò, gli scontri violenti col mondo gesuitico dove si tenta di annientare il tessuto rappresentativo popolare o di strumentalizzarne le cariche espressive a proprio uso e consumo. Personaggio chiave e rappresentativo del Mistero napolitano è Ciulla della Pignasecca, pubblica meretrice ed attrice, che si presenta in abiti da Madonna, dovendo ricoprire tale ruolo nella sacra rappresentazione popolare. A lei si contrappone Francesco De Geronimo, fermamente convinto del suo ruolo e della sua opera missionaria tesa a convertire Ciulla e il suo mondo di guitti e commedianti. Ma se Francesco rimane il convinto e puro esaltato mistico religioso, alle sue spalle agisce la vera mente del potere gesuitico: Padre Teofrasto. È infatti costui a manovrare lo stesso Francesco, appoggiandolo in alcuni momenti, ma ritirandosi quando i suoi eccessi trovano violenta resistenza popolare. In tal senso, tutto lo spettacolo è una serie di scontri tra il mondo dei commedianti (il popolo napoletano), i quali tentano di recitare una sacra rappresentazione, e il mondo gesuitico controriformistico. Allo scontro, l’unica a partecipare vivamente, è Ciulla della Pignasecca in abiti da Madonna. Gli altri commedianti, quando la situazione diventa tesa e drammatica, si immobilizzano quasi in oleografici atteggiamenti o quasi a rifiutare il dramma vero al di fuori della finzione della loro recita. Emblema di tale atteggiamento di rifiuto della realtà, diventa il comico Razzullo che in tutta la rappresentazione non dialoga con altri se non con l’altra maschera: il Sarchiapone, che del resto recita la propria follia funambolica ed assurda. Il dramma va sempre più meccanizzandosi verso la fine, quando Padre Teofrasto annunzia la morte di Ciulla e fa uscire di scena i due comici. Il finale vede infine Ciulla in abiti infernali, contrapposta a Padre Francesco diventato santo. Il contrasto si rivela insanabile tra i due ed allora Ciulla svela l’ultima scena dove si vede una drammatica Natività sullo sfondo di Napoli, con i commedianti che cantano tra le fiamme: quasi anime purganti o dannati. Fugge Francesco inorridito alla visione, ma poi ritorna in scena con i paramenti più sfarzosi del suo mondo, prende il Bambino dalla mangiatoia e lo porta nel confessionile trasformato in dorata grotta di Betlemme. Qui egli siede, mostra il Bambino e fa inginocchiare tutti i personaggi. Ciulla e l’attrice che interpreta la Madonna nell’ultima scena restano sole nel teatrino vuoto e qui ridono violentemente" (di R. De Simone, dal libretto di sala).
Data: 1978
- Durata 49:19
- Luogo Teatro Metastasio di Prato
- Provincia Prato
- Regione Toscana
- Esecutore Compagnia Il Cerchio: Concetta Barra (madre di Ciulla, Sibilla Cumana, la Madonna), Giuseppe Barra (Re Davide, Razzullo), Jose Cacace (Asino dorato, Lazzaro, Saltimbanco, Violinista), Antonella D'Agostino (Sibilla Frigia, la Madonna della Barca, la "Pentita"), Umberto D'Ambrosio (Profeta Ezechiele, Sarchiapone), Isa Danieli (Ciulla della Pignasecca, nel ruolo di Maria Vergine, Gabriele Arcangelo, Diavolo, Anima dannata), Renato Devi (marito di Ciulla, nel ruolo di Profeta Zaccaria, Diavolo Belfagor, San Giuseppe, Giuseppe De Vittorio (Ciaravolo cantante, il Pescatore), Mariella Mazza (Sibilla Delfica, pastorello Benino), Mario Scarpetta (Profeta Isaia, il Cacciatore, San Giuseppe), Pasquale Zito (Ciaravolo Giullare), Antonio Pierfederici (Padre Teofrasto), Mauro Carosi (Padre Francesco De Geronimo), Gian Franco Mari (Padre Polanco); maestro concertatore e direttore d’orchestra Giovanni Desidery, scenografia: Mauro Carosi, realizzazione pittorica: Raffaele De Maio, costumi: Odette Nicoletti, luci: Adriano Mestrelli
- Autore regia di Roberto De Simone