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Rosa Di Lillo, Teggiano 1981-82 (243)

La cultura orale di una comunità nell'intimità dell'incontro etnografico

L'imponente mole di registrazioni presente in queste raccolte, realizzate da Rosa Di Lillo tra il 1981 e 1982 per un lavoro di tesi per l'Università di Salerno, fornisce un'ampia e significativa documentazione sulla cultura orale di Teggiano (Sa). L'indagine etnografica raccoglie testimoninze dalle voci di anziani ancora legati ad una dimensione orale che ha tramandato di generazione in generazione esperienze e memorie. Le storie, i canti e i cunti, la loro diffusione e il largo uso, le molteplici interpretazioni e versioni, sembrano evidenziare se non proprio una cultura orale primaria, nei termini indicati da Walter Ong, una cultura con forti residui di oralità. Molte delle storie e dei testi, riportati da diversi informatori con piccole o significative variazioni, mostrano un continuo sovrapporsi di saperi e fatti che si sono ripetuti "a voce" nel tempo, per stratificarsi e andare a formare una sorta di memoria collettiva: una fonte risonante di conoscenze e cognizioni che fornisce un forte ancoraggio al passato e al "dominio degli antenati", riprendendo Ong. Le tipologie di documenti spaziano da interviste sulla storia locale a narrazioni di racconti e favole, recitazioni di scioglilingua, preghiere vernacolari, formule magiche e apotropaiche, testi d'amore e di scontro, ninne nanne, filastrocche, barzellette, storie di briganti, storie di magie e streghe, performance musicali, tarantelle e mazurke. Particolare rilevanza numerica hanno i canti d'amore (purtroppo nella maggior parte dei casi semplicemente recitati), le favole e i cunti. Tante anche le testimonianze e i ricordi sulla presenza del brigantaggio nell'area, tra le quali spiccano le vicende sul brigante Salvatore di Sassano. Di rilievo anche le testimonianze sull'utilizzo delle serenate con varianti d'amore, d'ingiuria o anche per vino e salsicce (per puro divertimento, probabilmente collegate al periodo del carnevale). Come spiegano gli informatori, i canti e le serenate non sempre avevano buoni intenti e parole d'amore, potevano anche offendere e servire in tal modo a risolvere rivalità, evitando possibili ricorsi alla violenza fisica. Il canto, con testi d'amore e d'ingiuria, in base a quanto emerge dalle testimonianze, aveva un largo uso; molti testi sono conosciuti e interpretati da più esecutori, elemento che denota un ruolo e una funzione centrali della musica e dei suoni nella vita collettiva. In particolar modo, l'utilizzo del canto e dei testi, sia d'amore che di scontro, per esprimere messaggi "indicibili" ma comprensibili da tutti, utili per comunicare informazioni a coloro che conoscono e utilizzano quella forma espressiva, segnala un impiego della musica nella vita comunitaria come strumento culturale elaborato, superando il linguaggio ordinario. I canti erano accompagnati con l'organetto e tra le registrazioni si trovano anche alcune pregevoli performance di anziani esecutori. Ascoltando queste registrazioni è immediatamente chiaro che siamo di fronte a un mondo altro, a una dimensione culturale e di conoscenze non ancora mutilata o deturpata dalla dilagante e omologante cultura della sovrabbondanza di informazioni e suoni. La spontaneità e intimità degli incontri tra autrice e informatori, sembra rendere ancor più autentico, su un piano squisitamente etnografico, il lavoro d'indagine, offrendo la possibilità di contatto e confronto con la fantasia, le conoscenze e i saperi di una cultura orale ormai lontana nel tempo.