Casalbuono (5)
Una raccolta di fiabe
Una breve raccolta di fiabe, registrate a Casalbuono (Sa) e raccontate dalla voce di un'anziana donna. Se non sono pervenute informazioni per stabilire la datazione delle registrazioni, né l'identità dell'informatrice, resta uno spaccato del ricco patrimonio fiabesco campano a comporre l'universo simbolico di una profonda tradizione orale mediata dall'opera di narratori che, per l'articolata caratterizzazione repertoriale, e legittimati dal riconoscimento della comunità, ricoprivano spesso ruoli di leader culturali, chiamati a narrare pubblicamente storie e racconti. La maggior parte del repertorio favolistico era infatti impiegato in occasioni collettive, spesso rituali, e il narratore riceveva un compenso (vino o cibo) a sancire il prestigio sociale e i valori attribuiti al contesto fabulatorio e ai suoi autori.
Le occasioni alle quali in passato era legata la favolistica tradizionale erano le più svariate: si raccontavano favole durante la raccolta delle castagne, la lavorazione della canapa, la battitura delle pannocchie di granoturco, in occasione di raduni dei pastori e dei raccolti del grano, ma anche durate banchetti nuziali e le veglie funebri. Altre volte invece la favola era legata a circostanze che esulavano da ogni ritualità.
Il repertorio dei narratori era frutto di lungo apprendistato, praticato con una fonte autorevole, ovvero un narratore più anziano, con il quale l'allievo intratteneva poi, significativamente, rapporti di comparaggio o di parentela.
Come osserva Roberto de Simone in Fiabe campane. I novantanove racconti delle dieci notti (1994), le favole presentano una struttura aperta e modulare, "nel senso che vanno intese come vere e proprie rapsodie, il cui discorso può essere percorso in vario modo, con la aggiunta, l'eliminazione d'interi brani, aventi volta senso compiuto, quasi un racconto nel racconto": il narratore rimescola il materiale tradizionale, ampliandolo o riducendolo, conformemente alle esigenze dell'uditorio.
Il linguaggio è il dialetto di uso quotidiano, affiancato da una serie di linguaggi più arcaici, caratterizzati da una letterarietà convenzionale assai vicina alle strutture in versi del canto popolare.
Molto diversi risultano invece gli stili narrativi, di recitazione, che spaziano dal dialogo, all'ispirazione epica, ad una recitazione assai cadenzata, di tipo magico-rituale. Di particolare rilievo la forte teatralità del racconto, elemento quasi indipendente dal tono del narratore. Sulla tradizionale formalizzazione del raccontare, contrassegnata da ritmi e intonazioni determinati, si articolano le performance personali, ricorrendo a battute fisse, recitate con l'uso sapiente dei tempi teatrali.
La messa in scena di ogni fabulatore, attore ed esecutore dello spettacolo fiabesco, spesso si svolgeva attraverso una successione di azioni rituali, secondo Ugo Vuoso, fasi di un vero e proprio rito di passaggio. Nei preliminari del rito fabulatorio, il narratore prende posto di fronte, in mezzo al proprio uditorio: "viene a crearsi così lo spazio prossemico e gestuale di interazione fra chi dovrà ascoltare e chi dovrà narrare, instaurandosi così il tempo narrativo vero e proprio, scandito dalla voce narrante". Il C’era una volta…, come nelle fiabe qui documentate, segna l'avvio della narrazione, l'inizio del viaggio fiabesco. A volte, nell'ambito campano, si ritrovano ulteriori formule di apertura e di chiusura del racconto che segnano gli estremi del rito di passaggio, un rito che vede l'ascoltatore entrare nel tempo favolistico per poi ritornare al tempo profano della quotidianità.
La fiaba, come altri generi del racconto orale, sopravvive ormai in pochissime occasioni di esecuzione, legate per altro a tradizioni familiari più che sociali. Il posto che prima occupava la fabulazione nel complesso sistema folklorico, è stato sostituito da altre forme d'intrattenimento e di comunicazione. Oggi sono le donne, per lo più anziane, a conservare la memoria delle fiabe e a riattualizzarla soprattutto per il pubblico infantile, nonostante nella tradizione fossero gli uomini i principali detentori di tali repertori.
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Descrizione
L'informatrice, della quale non sono specificate le generalità, racconta una fiaba del ricco repertorio salernitano.
E' la storia di due compari, uno ricco e l'altro povero. Il primo, allevato un maiale che avrebbe sfamato a lungo la sua famiglia, pur sapendo che sarebbe stato giusto dividerlo con chi lo aveva più volte aiutato, si reca dal ricco amico per chiedere consiglio. Quest'ultimo lo convince a mentire, ma, quando il ricco compare gli ruba il prezioso animale, la menzogna lo porta a perdere tutto. La narrazione si conclude con una delle tradizionali formule di chiusura che racchiude la morale del racconto: "E perciò n'cop a vita non po' tnè fiducia in nisciuno, ca' nisciun t' vo' fa bene" (nella vita non puoi aver fiducia in nessuno, perché nessuno ti vuol far del bene).Data: n.d.
- Durata 02:11
- Luogo Casalbuono
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonima: voce
- Autore Paolo Apolito
- Genere Audio
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Descrizione
Fiaba diffusa nel salernitano: è la storia di una madre che aveva tre figlie in età da marito, ma tutte affette da una forte balbuzie. La madre, temendo che il difetto delle figlie potesse allontanare i pretendenti, aveva consigliato loro di non parlare mai in presenza di estranei. La registrazione s'interrompe prima della fine del racconto fiabesco.
Data: n.d.
- Durata 01:45
- Luogo Casalbuono
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonima: voce
- Autore Paolo Apolito
- Genere Audio
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Descrizione
Fiaba, diffusa nel salernitano, che narra la storia di una famiglia, padre, madre e tre figli, che viene raggirata da una furba capra che, per avidità di cibo, fa ricadere le sue colpe sui membri della famiglia, fino a quando il suo stratagemma viene scoperto e punito. La performance narrativa si articola su una delle tradizionali strutture fiabesche: introduzione; quattro blocchi che prevedono la stessa azione, ripetuta di volta in volta da personaggi diversi, ma con il medesimo esito (formula caratterizzata dall’'so di frasi rituali, simili ai ritornelli delle composizioni musicali); rottura dello schema; conclusione.
Data: n.d.
- Durata 03:51
- Luogo Casalbuono
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonima: voce
- Autore Paolo Apolito
- Genere Audio
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Audio
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Descrizione
Fiaba salernitana che racconta la storia di una furba pecora che, durante l'inverno, per salvarsi dalle fauci di un lupo, escogita uno stratagemma: convince il lupo ad aspettare la stagione primaverile per consumare il suo pasto, quando, grazie ai pascoli abbondanti, sarebbe stata più pasciuta, ma, giunto il momento, si nasconde tra il gregge per non farsi trovare. Se i repertori fiabeschi maschili, in molte realtà culturali, hanno registrato, nel corso del tempo, i segni del mutamento culturale, riverberandone tensioni e tendenze, stabilizzandosi poi intorno ai racconti storici, questo racconto, come gli altri della stessa raccolta, invece, mostra come i repertori femminili privilegino la dimensione atemporale. La registrazione s'interrompe prima della fine del racconto fiabesco.
Data: n.d.
- Durata 02:09
- Luogo Casalbuono
- Provincia Salerno
- Regione Campania
- Esecutore Anonima: voce
- Autore Paolo Apolito