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Archivio Sonoro

Restituire alle comunità locali documenti rappresentativi delle proprie tradizioni culturali, facilitandone la consultazione a studiosi ed appassionati in strutture pubbliche come le sedi regionali dell’Archivio di Stato o della Biblioteca Nazionale: questo l’obiettivo di un progetto che, di anno in anno, si è rivelato più ricco di quanto si potesse inizialmente supporre.

Grazie alla collaborazione con le principali strutture di settore e il concorso di numerosi ricercatori, è stato possibile raccogliere un’ingente mole di materiali sonori, audiovisivi e fotografici che, per ogni regione, costituisce la più ampia documentazione esistente sulle musiche di tradizione orale, colte in una dimensione diacronica, dalle prime rilevazioni degli anni Cinquanta del secolo scorso fino ai nostri giorni. 

Nello scorrere fondi e raccolte risalta la continuità di un'attività che, a dispetto dei ricorrenti lamenti sulla morte della tradizione, ha impegnato diverse generazioni di ricercatori che spesso hanno proseguito in solitaria un impegno nel frattempo dismesso da gran parte delle istituzioni pubbliche: un patrimonio culturale sommerso perché raccolto da appassionati locali, in molti casi sconosciuti agli stessi addetti ai lavori, e finora inaccessibile ai più, come le rilevazioni sui carnevali campani dell’équipe guidata da Annabella Rossi e Roberto De Simone.

In questa prospettiva l’approdo alla Biblioteca Nazionale Centrale di Roma costituisce il coronamento di un lavoro svolto negli anni su basi regionali e, allo stesso tempo, rappresenta la legittimazione definitiva dell’importanza delle forme dell’espressività popolare, sia sul versante musicale che su quello linguistico e poetico, ai fini di una rappresentazione esaustiva della cultura nazionale.

Malgrado la rilevanza dei risultati raggiunti, ancora molto resta da fare al fine di offrire una rappresentazione in presa diretta e il più possibile estensiva delle forme dell'espressività popolare, soggette a continue trasformazioni sia pure nel solco di tenaci persistenze. 

Da parte nostra coltiviamo propositi ancora più ambiziosi, nella convinzione che la restituzione a una fruizione pienamente pubblica di questi patrimoni possa alimentare anche un diverso agire culturale. In particolare, ripristinando la connessione tra ricerca e spettacolo, che ha contrassegnato le stagioni di massimo interesse per le culture di tradizione orale, il riuso e la rivisitazione dei repertori popolari potranno forse realizzarsi in modo più consapevole e meno disordinato di quanto sia accaduto negli ultimi anni, mentre è solo attraverso il coinvolgimento delle comunità locali che questi patrimoni potranno essere percepiti come un 'bene comune', condiviso e partecipato, del quale – secondo quanto previsto dalla Commissione Rodotà – l’intervento pubblico dovrebbe garantire una “fruizione collettiva, diretta e da parte di tutti, anche in favore delle generazioni future”.

COME COLLABORARE 

Lavoro sempre in fieri, la Rete degli Archivi è un cantiere aperto ad ogni collaborazione, secondo forme e modalità da concordare di volta in volta ma con alcuni punti fermi e inderogabili.

Non acquistiamo fondi e raccolte, la cui piena proprietà rimane al ricercatore o agli aventi diritto originari. A fronte della disponibilità a rendere fruibili i materiali delle proprie ricerche (integralmente presso le sedi locali degli archivi e parzialmente online), ci impegniamo a un riversamento conservativo dei materiali e alla loro catalogazione e immissione nel sistema di fruizione, con il vantaggio, per il depositario di un fondo, di riaverlo in ordine e al riparo dal rischio di deterioramenti o perdite irreparabili.

Il lavoro di catalogazione e immissione dei materiali nel sistema di fruizione è realizzato, per ogni archivio, da una redazione composta da ricercatori e studiosi competenti nei relativi ambiti regionali. Spesso l’autore delle registrazioni si è assunto questo compito che, per ragioni più che evidenti, nessun altro potrebbe svolgere con altrettanta cognizione di causa: solo questo lavoro aggiunto è stato oggetto di un compenso, almeno fino a quando abbiamo avuto le risorse finanziarie per farlo.

IL TRACCIATO CATALOGRAFICO

Il bene etnomusicologico presenta una complessità tale da non potersi risolvere linearmente nelle categorie adottate per i materiali demoetnoantropologici né in quelle in uso per i fenomeni musicali in senso lato, dovendosi considerare, per ogni singolo documento, l’aspetto contestuale (cioè le occasioni, le modalità e le funzioni d’uso), l’aspetto verbale e quello musicale. Le “voci” di un thesaurus capace di assolvere a queste funzioni sarebberò però tanto numerose da risultare uno strumento poco efficace sia per il lavoro del catalogatore che per la ricerca dell’utente finale, mentre la riduzione di queste voci determinerebbe una drastica perdita in termini di definizione analitica, ricadendo nella genericità di gran parte dei sistemi di archiviazione attualmente in uso, organizzati per lo più attorno a uno solo dei tre elementi di un canto o di una musica popolare.

Da qui la nostra scelta, che denuncia l’esistenza di un problema ma, allo stesso tempo, offre una sua parziale, oltre che provvisoria, soluzione. Pur presentando tutti i campi presenti nei sistemi attualmente in uso, il tracciato catalografico adottato per la Rete degli Archivi è impostato su un campo a testo libero – descrizione – dove possono ritrovarsi tutti gli aspetti che concorrono alla definizione di un canto, secondo quanto già si conosce attorno ad esso e in una logica di progressione continua, aperta a integrazioni successive con l’ampliarsi delle conoscenze.

Decisione maturata sulla base di quanto sostenuto da Walter Brunetto nella densa introduzione al Piccolo vocabolario etnomusicologico, che costituisce il primo, sistematico, contributo alla definizione di un lessico strutturato per le musiche di tradizione orale d’Italia: anche per questo ne consigliamo l'adozione a tutti i collaboratori della Rete degli Archivi.