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Le registrazioni in studio (28)

A ridosso degli eventi festivi e rituali

Nel pubblicare i sette microsolchi de "La tradizione in Campania", De Simone dichiarava, nel luglio del 1978, di essersi attenuto a presupposti e convinzioni acquisite durante quindici anni di ricerca sull'espressività popolare in Campania che lo avevano indotto a discostarsi dal criterio, assunto come norma metodologica irrinunciabile nell'ambito della ricerca etnomusicologica, di limitarsi a registrazioni sul campo per quanto riguardava le fonti della cultura orale: norma che lui stesso aveva rispettato registrando "con rudimentali apparecchi i primi documenti popolari" basandosi "essenzialmente sull'informatore e cioè registrando musiche e canti sul ricordo e la testimonianza degli esecutori" (R. De Simone, Introduzione a Canti e tradizioni popolari in Campania, Lato-Side, 1979, alla quale si fa riferimento anche in seguito). 
L'idea di registrare in sala d'incisione, dettata dalla constatazione che "esistevano in Campania esecutori popolari la cui eccezionalità stilistica meritava di essere fissata meglio che non con il registratore portatile", era inizialmente orientata a integrare il materiale raccolto sul campo con "qualche registrazione che esaltasse in condizioni ottimali il virtuosismo musicale degli esecutori": l'esito fu esattamente l'opposto per cui i sette microsolchi, pubblicati l'anno dopo, integravano, con qualche documento sul campo, quanto si era venuto spontaneamente delineando in sala d'incisione.
Con le prime registrazioni era infatti emerso come "la forza e la verità espressiva delle esecuzioni non soffriva la minima alterazione" per una serie di motivi che riguardavano il rapporto personale stabilito con gli esecutori che si presentavano in gruppo e la prossimità con l'evento festivo e rituale di cui dovevano dare testimonianza, stabilendo così, anche in studio, un "reale momento espressivo".
Su queste premesse nacque l'idea di impostare l'opera discografica "non solo per aree geografiche, per stili musicali, quanto essenzialmente sui linguaggi", "linguaggi antichi e pur sempre nuovi nel momento che c’è una voce, un esecutore in grado di articolarli ed una comunità in grado di recepirli". Le perplessità riguardo al restituire in una sala di incisione "il linguaggio più puro dei canti e delle musiche tradizionali" venivano "totalmente" smentite dai risultati, vale a dire "il grado di tensione e verità raggiunto nelle registrazioni in sala discografica" attestato non solo "dalla compattezza, dall'organicità e dall'espressività delle stesse esecuzioni", ma anche "dalla straordinaria serie di fotografie scattate da Mimmo Jodice  in sala durante le registrazioni": fotografie che, ritraendo la singolarità espressiva degli esecutori, la tensione drammatica dei loro volti, attestavano magnificamente come anche  in sala di incisione tutto si fosse svolto "ai limiti della possessione magica del rituale". 
Nel rimettere mano, trent'anni dopo, a questa sua memorabile impresa, in vista del volume con sette cd allegati, Son sei sorelle che ha costituito l'avvio delle attività dell'Archivio Sonoro della Campania, De Simone, aggregando ai materiali in studio quelli raccolti sul campo, ha offerto una mirabile riprova della bontà di quella sua intuizione data l'impossibilità di distinguere - al di là degli aspetti più strettamente tecnici - le registrazioni in studio dai brani raccolti sul campo, individuati in un lungo e meticoloso lavoro di selezione: le une e gli altri, secondo l'inarrivabile sensibilità musicale dell'autore de La gatta cenerentola, sono stati così ordinati come una straordinaria sinfonia che restituisce all'ascolto il canto corale di un popolo, l'anima e il cuore palpitante di una tradizione che, oggi come allora, si può comprendere appieno soltanto in relazione "al mito e al culto delle sette Madonne: sette sorelle, delle quali sei belle e una brutta e nera che invece risulta essere la più bella di tutte, la Madonna di Montevergine detta 'Schiavona', ossia nera". 
Dai possenti canti sul tamburo, con le innumerevoli varianti delle tradizioni locali, alle tarantelle e canti "a figliola", dagli strambotti e ninne nanne fino a un'insospettata tradizione di canto sociale e politico, si dispiega così la possente forza stilistica e comunicativa dell'espressività popolare, colta al massimo delle sue potenzialità, attraverso i suoi interpreti più rappresentativi, protagonisti tanto delle registrazioni in studio quanto di quelle sul campo: Giovanni Coffarelli, grande cantatore dotato di una potenza vocale e di un'energia sonora non più eguagliate, Giulia Ciletti, rarissima superstite delle lamentatrici funebri presenti in Irpinia, Antonio Torre, il più valente suonatore di tamburo della Campania, il suo omologo femminile, Rosa Nocerino, "vera regina del tamburo" e tutti gli altri depositari di una cultura secolare, dotati di una sacerdotale sacralità che determinava lo zenit del ritmo e delle modalità stilistiche, in virtù delle quali prendeva vita quel tessuto liturgico di dialoghi e improvvisazioni in cui si riconosceva tutta una comunità.

  • Genere Audio

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Maria Boccia D’Aquino, contadina di Boscoreale (Salerno), riferisce la leggenda delle sette Madonne della Campania: "Esse erano sette sorelle, sei belle e una brutta e nera. La brutta andò a confinarsi sulla montagna di Montevergine ed ebbe inizio il culto alla Mamma Schiavona che è la più bella di tutte". All’introduzione, desunta da una documentazione del 1966, fa seguito il canto e la danza per Montevergine. L’esecuzione ha inizio con alcuni richiami di stile a ffigliola, seguiti da canti sul tamburo, caratterizzati da una forma strutturale propria dell’area di San Sebastiano. Da sottolineare la considerevole lunghezza delle barzellette ottonarie, interpolate, fra i distici e le strofe, dall’esecutore, del quale è notevole la fertile creatività estemporanea e la marcatura individuale. Il brano si conclude con un canto "a distesa", nello stile dei richiami dei venditori napoletani.

    Data: 1975

  • Durata 06:13
  • Luogo S. Sebastiano al Vesuvio
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Armando Gallo: canto e tamburo a cornice; Giuseppe Simeoli: putipù; Antonio Scarpato: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Di Titina Raia è irreprensibile lo stile di canto e il trattamento dei distici endecasillabi. Notevolissima è l’imperiosità ritmica e l’irruenza pulsiva di Rosa Nocerino: vera regina del tamburo. Ella scandisce un ritmo binario in quattro quarti, di cui il primo e il secondo quarto sono costituiti da quattro crome, e il terzo e il quarto da due terzine di crome. L’alternanza di raggruppamenti binari e ternari produce una dinamica del tutto insolita ed identificativa della zona sommese. Purtuttavia, cantare su tale ritmo risultava alquanto difficile, sia per la velocità del ritmo sia per la sua complessità. Da rilevare, inoltre, l’assenza delle sillabe di appoggio apposte in testa ai distici, e impiegate allo scopo di determinare un attacco musicale "in battere". In effetti, la cantatrice asseconda la naturale conformazione dei versi con inizio anacrusico ("in levare"), sia per la tessitura piuttosto centrale della sua voce sia perché la linea melodica, invece di iniziare dall’alto (dal quinto grado), ha inizio dal primo grado ossia dalla tonica. In tali condizioni, è facile attaccare il canto "in levare". Sottolineamo, inoltre, la presenza di uno strambotto di larga circolazione popolare: Cielo quanto è alto questo palazzo. La sua diffusione è dovuta ai significati che indicano uno "stare al di sotto", un "vedere il mondo dal basso" (anche come bambini), un’aspirazione ad ascendere e unirsi con l’alto. Elementi, questi, che rispecchiano una profonda adesione al tessuto simbolico dell’immaginario tradizionale, presente nelle feste popolari.

    Data: 1975

  • Durata 05:38
  • Luogo Somma Vesuviana
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Titina Raia: canto; Rosa Nocerino: tamburo a cornice; Giovanni Coffarelli: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Esecuzione esemplare di canto sul tamburo di stile sommese, eseguito per la Madonna di Castello. Rileviamo, oltre al virtuosismo di Rosa Nocerino al tamburo, la potenza vocale e l’energia sonora di Giovanni Coffarelli, autentico "cantatore" nel senso più ampio del termine. Il trattamento dei distici è simile a quello praticato da Titina Raia, sebbene la linea melodica sia diversa e le marcature personali molto accentuate. A differenza dell’esecuzione precedente, Coffarelli inserisce degli ottonari tra i due endecasillabi dei distici, in luogo della ripetizione dell’emistichio. Inoltre, il cantore, come Armando Gallo, fa uso di filastrocche indipendenti, ovvero di barzellette di metro ottonario.

    Data: 1976

  • Durata 09:00
  • Luogo Somma Vesuviana
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Giovanni Coffarelli: canto; Rosa Nocerino: tamburo a cornice
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Documento straordinario per compattezza esecutiva, per lo stile aristocratico della cantatrice Lucia D’Alterio, per il virtuosismo del flautista Vittorio D’Alterio e per la resistenza ritmica, l’incisività del battito, la fantasia inventiva e la dirompenza espressiva del suonatore di tamburo Giovanni Pirozzi. L’esecuzione ha inizio con alcune fronne cantate dal Pirozzi, il quale impiega uno schema musicale alquanto insolito, per la variabilità metrica dei versi in parte improvvisati. Egli si rivolge agli ascoltatori con un saluto iniziale, presentandosi col suo nome ed il suo nomignolo (Giuvann’ ’e Pellicchiella). Gli risponde Lucia D’Alterio con una fronna più stereotipa. Segue Vittorio D’Alterio il quale intona un canto modellato su un richiamo di venditori di acque gelate, che cadenza con la formula ’A muntagna fredda. Dopo un successivo intervento della donna, che si conclude sulla medesima formula, ha inizio la musica di una singolare danza, la quale si esegue esclusivamente nel periodo dei festeggiamenti per la Madonna dell’Arco. L’organico strumentale è composto da un piccolo sisco(flauto diritto), da un tamburo e dalle castagnette battute dai danzatori. La forma musicale è connotata da tre fasi melodico-ritmiche che conducono l’andamento e i moduli coreutici dei danzatori. Nelle prime due fasi si osserva una struttura più stabile e isometrica, con formule melodiche del flauto alquanto estese, che vanno man mano condensandosi fino alla terza fase. A tal punto, l’ossessiva iterazione di una cellula o inciso binario del flauto asseconda un modulo coreutico detto "rotella", mediante il quale i danzatori allacciati girano vorticosamente. Indi, si ritorna musicalmente alla prima fase e si ripete l’intero ciclo coreutico-musicale. Il rapporto tra i suonatori e i danzatori presenta carattere di reciprocità, ed è regolato da una serie di segnali gestuali e sonori, atti a suggerire, dilatare o condensare sia le fasi della danza sia quelle ritmiche e melodiche. All’organico strumentale può aggiungersi la voce di un cantore o di una cantatrice, i quali, attingendo al repertorio degli strambotti tradizionali, intonano dei distici strutturandoli secondo la canonica forma dei canti sul tamburo, sia pure con profilature melodiche e andamenti ritmici del tutto differenti. L’aggiunta del canto, in tonalità diversa da quella del flauto, produce un effetto di bitonalità alquanto complesso. In sostanza, alla tonalità del Mi bemolle del flauto, si sovrappone quella di La bemolle in cui poggia l’impianto melodico, i cui andamenti presentano una modalità a volte maggiore, a volte minore. Riguardo alla forma musicale, anche se metricamente il trattamento dei versi è simile a quello dei canti sul tamburo, è rimarchevole la differenza con gli schemi già esaminati. In primo luogo, il canto svolto sul primo verso di ogni distico non segue affatto il ritmo degli strumenti, ma è intonato liberamente ossia "a distesa" secondo la struttura locale dei canti contadini di lavoro. Successivamente, il secondo verso del distico (troncato dopo sette o otto sillabe) segue ritmicamente l’andamento del tamburo e del flauto. Infine, nella ripresa del secondo verso da concludere per intero, il canto riprende l’iniziale andamento "a distesa". Da queste osservazioni si può stabilire che anche le fasi melodico-vocali sono sostanzialmente tre, che consentono un andamento parallelo tra ciascun distico cantato e le tre parti melodico-ritmiche espresse dal flauto e dal tamburo. Infatti, come si potrà constatare dall’ascolto dell’esecuzione, la conclusione di ogni distico coincide con la terza fase musicale, esprimente il vorticoso modulo della "rotella". Successivamente, gli strumenti si riconducono alla prima fase musicale, in cui la cantatrice propone un altro distico, la cui conclusione coinciderà con un’altra "rotella". In conclusione: la compattezza e la fluidità della performance sono garantite da una perfetta interazione tra i tre esecutori che regolano, a vicenda, il farsi musicale dell’insieme, secondo i canoni paradigmatici della tradizione. Infine, seguendo il trattamento convenzionale, il cantore o la cantatrice hanno la possibilità di inserire delle filastrocche (o barzellette), strutturate in ottonari.

    Data: 1975

  • Durata 20:52
  • Luogo Giugliano
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Giovanni Pirozzi: canto e tamburo a cornice; Lucia D’Alterio: canto; Vittorio D’Alterio: canto e "sisco" (piccolo flauto diritto)
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Singolare struttura di canto accompagnato dalla "tromba degli zingari". La denominazione "alla potatora" ci fu riferita da Giovanni Coffarelli, il quale affermava che con tale forma si eseguivano gli strambotti durante la potatura degli alberi. Secondo altri cantori, tra cui il De Luca, alla medesima struttura si conferiva il nome di "serenata". Eppure, le divergenti denominazioni del canto confermano la polifunzionalità degli strambotti tradizionali. Da notare, per l’appunto, la differenza dei moduli melodici e dell’assetto formale nell’esecuzione di Giovanni Coffarelli e in quella di Antonio De Luca. Sostanzialmente, in tale brano si evidenzia al meglio un chiaro esempio di contestualizzazione e ricontestualizzazione di canti, la cui fruizione viene stabilita inequivocabilmente dalla struttura ritmico-melodica che li connota.

    Data: 1975

  • Durata 07:03
  • Luogo Somma Vesuviana
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Giovanni Coffarelli: canto; Antonio De Luca: canto; Vincenzo Romano: tromba degli zingari o scacciapensieri
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    L’esecuzione ha inizio con alcune fronne composte da strofe fluide ed eterometriche alquanto libere e poco stabilizzate, eppure, espresse stilisticamente secondo la prassi più consolidata e tradizionale. I canti sul tamburo che seguono, si svolgono con l’organico strumentale d’accompagnamento al completo, e presentano la struttura musicale caratteristica di un’area circoscritta tra Pomigliano d’Arco e Ottaviano. I cantori impiegano gli endecasillabi con ampia varietà, secondo le modalità esaminate nel capitolo sui linguaggi e le forme musicali. Da notare, infine, la caratterizzazione amebea che assume l’ultima parte dell’esecuzione, quando nel cantare si alternano due persone, ciascuna seguendo i distici di un proprio strambotto proposto. Le linee melodiche si presentano alquanto variate, con incipit a volte sulla dominante, a volte sulla tonica. Tuttavia, la caratterizzazione formale e un singolare repertorio di strambotti connotano l’identità stilistica dei pomiglianesi che si recano al Santuario della Madonna di Castello, dal sabato dopo Pasqua per un lungo periodo di festeggiamenti.

    Data: 1976

  • Durata 14:16
  • Luogo Pomigliano D'arco - Ottaviano
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Tonino Esposito: canto; Gabriele Sano: canto; Pasquale Ambrosio: canto e tamburo a cornice; Aniello Iorio: tromba degli zingari; Luigi Vorraro: castagnette; Antonio Iovino: putipù o tamburo a frizione
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Qui riscontriamo la caratteristica struttura musicale della danza di Giugliano, con la quale si conduce il ballo tradizionale che si esegue nella settimana dopo Pasqua in onore della Madonna dell’Arco. Come si potrà notare, la forma è più o meno analoga a quella già esaminata per Fronne, canti e ballo giuglianese.. Essa differisce per la timbrica dell’organico musicale nel quale sono presenti diversi strumenti a percussione, e per la forma amebea dei canti. Da notare, oltre alla rappresentatività degli esecutori, la compattezza ritmica e il clima carico di sovraeccitazione che caratterizza i festeggiamenti per la Madonna dell’Arco. Rilevante fra gli esecutori è il grado di interazione, in cui pure si esemplificano i contrassegni personali, nonché la contestualizzazione dei canti, riferibili a canzoni di lavoro, ricontestualizzati all’interno delle danze e dei festeggiamenti suddetti. I canti si svolgono secondo le consuete strutture metriche (endecasillabi e ottonari). Alla fine si riscontrano due intonazioni diverse: la prima a ffigliola, e la seconda costituita dal richiamo devozionale di questua per la Madonna dell'Arco.

    Data: 1977

  • Durata 20:58
  • Luogo Giugliano
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Raffaele Abbate: canto; Giuseppe Bidognetti: canto; Antonietta Salvi: canto; Luigi Di Febbraio: tamburo a cornice; Giuseppe Di Febbraio: sisco ossia piccolo flauto diritto; Vincenzo Abbate: tamburo a cornice; Gennaro Abbate: castagnette; Michele D’Ausilio: castagnette; Raffaele Manero: piatti e cembali
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    La festa della Madonna delle galline ha inizio a Pagani nel mattino della domenica dopo Pasqua, quando un simulacro della Vergine con Bambino viene condotto in processione e i fedeli alla santa immagine offrono galline, oche, pavoni, colombe e volatili vari. Nel pomeriggio, nelle piazze e in alcuni cortili prendono avvio canti e danze che caratterizzano la festa. L’esecuzione musicale ha inizio con alcuni richiami a ffigliola in onore della Madonna, i quali non sono affatto riconducibili ai modelli osservati in area sommese. Il repertorio degli strambotti eseguiti appartiene strettamente a un’area compresa tra Nocera e Pagani. Allo stesso modo, la prassi esecutiva e la connotazione stilistica della struttura musicale, pur riferendosi di base alle forme già osservate, presentano un’identità distintiva dell’agro nocerino-sarnese. Da notare l’attacco dei versi effettuato sempre "in battere", con il conseguente troncamento della prima sillaba della parola iniziale. Inoltre, sono rilevanti le marcature vocali dei cantatori, in particolare di Virginia Aiello. Una doverosa menzione merita Antonio Torre, riconosciuto, indiscussamente, come il più valente suonatore di tamburo in Campania. Egli associava alla costanza della pulsazione una fantasia esecutiva e una resistenza impareggiabili. Il suo stile appariva connotato da una corporeità musicale, da un agire ritmico che coinvolgeva tutto il fisico; dallo sguardo fisso in alto, quasi perso in un visionarismo remoto e inquietante; da un costante piegare il corpo sulle gambe bilanciandovi il peso del bacino. Tale somatizzazione musicale gli valse il soprannome di ’o sciancozi’ ’Ntonio ’o scianco, vale a dire "Antonio che si poggia su un fianco".

    Data: 1975

  • Durata 18:17
  • Luogo Pagani
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Anna Bellini: canto; Virginia Aiello: canto e castagnette; Gioacchino Muscariello: canto e castagnette; Ciro Califano: canto; Antonio Torre: tamburo a cornice; Enzo Pepe: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    I festeggiamenti per la Madonna dei Bagni, il cui Santuario si trova a Scafati, si svolgono il giorno dell’Ascensione e la domenica successiva, quando confluiscono fedeli da tutta la zona scafatese, i quali, dopo avere attinto l’acqua da una fontana ritenuta miracolosa, esternano la loro devozione con canti e balli nei pressi del Santuario. L’esecuzione ha inizio con un richiamo caratteristico, cui seguono dei canti sul tamburo formalizzati secondo schemi del tutto singolari e inusitati. Da notare la struttura amebea, in cui i due cantori sviluppano disegni melodici ricchi di microvariazioni, di accentuazioni metriche sempre nuove, di barzellette appartenenti a repertori insoliti. La formula cadenzale viene introdotta dall’incipit di un solo cantore, cui si aggiunge la voce del secondo con un sostegno di bordone prolungato. Sottolineiamo, infine, la singolarità di alcuni testi poetici di cui non si trova traccia nemmeno nelle antologie storiche pubblicate. Ma il brano è notevole per la mutua sintonia dei due cantori, per la concordanza semantica, e per l’agire generativo degli stessi, immersi in una fluttuante alternanza di funzioni metalinguistiche e significazioni oniriche. Sembra, insomma, che sia il Del Sorbo sia Vincenzo Pepe vivano magicamente un identico sogno, e ne esprimano visionaristicamente il contesto gemellare. Di eccezionale rappresentatività, Antonio Torre, vero sovrano del tamburo.

    Data: 1974

  • Durata 20:24
  • Luogo Scafati e Angri
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Rosa Nocerino: canto; Giovanni Del Sorbo: canto; Vincenzo Pepe: canto; Antonio Torre: tamburo a cornice
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Le peculiarità formali e stilistiche dei canti lirici cilentani riflettono modalità di una società agro pastorale quasi del tutto estinta. Per quel che riguarda la chitarra battente, rimandiamo al paragrafo relativo, purtuttavia, aggiungiamo
    che gli strumenti impiegati presentavano il fondo piatto, e che l’accordatura instaurata dai due esecutori era la seguente: la prima corda era un La bemolle, la seconda un Mi bemolle alla quarta sotto, la terza un Sol bemolle ad un tono di distanza dal La bemolle, la quarta era un Re bemolle alla quinta sotto il La bemolle. L’esecuzione ha inizio con un canto, il cui testo poetico si trova trascritto in diversi codici cinquecenteschi (si tratta del cosiddetto "Contrasto tra la bianca e la bruna"). Segue un ritmo di tarantella molto animato. Infine, i due cantori riprendono l’andamento precedente e concludono l’esecuzione con un secondo canto. Degli esecutori è rappresentativo lo stile vocale e strumentale. Da notare i particolarissimi ritmi ternari di accompagnamento ai canti.

    Data: 1973

  • Durata 11:13
  • Luogo Sanza
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Francesco Giffoni: canto e chitarra battente; Michele De Masi: canto e chitarra battente
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Si tratta di canti detti "alla Carbonara", sebbene gli esecutori non sappiano giustificarne la denominazione. Eseguiti da due persone o da due cori, senza alcun appoggio strumentale, essi hanno la funzione di accompagnare il lavoro nei campi; con il sostegno dell’organetto essi sono contestualizzati con funzione di canti nuziali oppure con altro tipo di impiego. Particolare è lo stile ritmico e quello vocale. Il testo ha avuto larga circolazione in tutto il Meridione, specialmente in area garganica; esso è la continuazione dello strambotto: "Cielo quanto è alto questo palazzo".

    Data: 1975

  • Durata 04:35
  • Luogo Pietramelara
  • Provincia Caserta
  • Regione Campania
  • Esecutore Teresa Casillo: canto; Carmela Barletta: canto; Andrea Vitale: organetto
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Riferiamo alcune dichiarazioni di Pasquale Siesto, venditore cantante che alla fine degli anni Sessanta si recava da Grumo Nevano a Napoli con i vari prodotti da vendere. Egli affermava che le autentiche "voci" non erano quelle che si sentivano nei mercati di Napoli, dove, per lo più, si cantavano dei frammenti o dei richiami diversi da quelli dei contadini; aggiungeva che gli autentici richiami, presentando melodie alquanto estese, in un mercato sarebbero stati vanificati dal chiasso generale. Per tale motivo, essi erano intonati durante le ore pomeridiane o al tramonto, lungo le vie più solitarie sulle quali scendevano le ombre della sera. Da rimarcare che ogni venditore conosceva un vasto repertorio di "voci" o di richiami, impiegati di stagione in stagione, di mese in mese, relativamente alle verdure e alla frutta che egli portava in città.

    Data: 1974

  • Durata 04:54
  • Luogo Grumo Nevano - Somma Vesuviana
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Pasquale Siesto: canto; Giovanni Coffarelli: canto
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    La particolarità di questi canti è dovuta ad una insolita struttura melodica, attivata da braccianti agricoli nel corso della lavorazione della canapa. Alfredo Ordano è stato uno dei più virtuosi cantori del casertano; egli, in età di ottantaquattro anni, riusciva a modulare la sua voce secondo lo stile vocale più florido e melismatico della tradizione campana. Le sue esecuzioni sono connotate da aggressività e violenza panica; egli era solito concludere i suoi canti con una ricorrente formula stereotipa di contenuto erotico: Janca Ja’!… e sempe ner’ ’a tiene! ("Bianca!… e sempre nera ce l’hai!").

    Data: 1972

     

  • Durata 06:29
  • Luogo Marcianise
  • Provincia Caserta
  • Regione Campania
  • Esecutore Alfredo Ordano: canto
  • Autore Roberto De Simone

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  • Descrizione

    Peculiari della zona di Casatori sono tali canti sul tamburo, contrassegnati da particolari formule ritmiche, da insoliti repertori di testi poetici, di barzellette, e da un àmbito melodico meno esteso di quelli osservati altrove. Notevolissimo è l’assetto esecutivo, connotato dall’uso frequente di formule verbali, impiegate da Alfonso Striano. Come altrove, rileviamo anche la struttura intertestuale dei canti, in cui i due esecutori si alternano, ma secondo una forma non riconducibile ad altre già osservate. Frequentissimo è anche l’impiego di barzellette ottonarie che, al solito, sottolineeremo graficamente, in corsivo, all’interno dei canti. L’esecuzione è connotata da un altissimo tasso di erotismo, in cui la struttura dei testi sembra esplodere, lacerando il senso semantico e il sintagma lessicale dei versi, fino a produrre un’espressività di lacerti, di frammenti, dettata da una interiorità delirante affatto razionale, in cui l’io narrante resta confuso e annullato nell’eros che tutto sommerge.

    Data: 1976

  • Durata 09:10
  • Luogo Casatori
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Alfonso Striano: canto; Alfonso Maio: canto e castagnette; Salvatore Striano: tamburo a cornice
  • Autore Roberto De Simone

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    Esemplare brano di musica polivocale (a tre voci pari), di straordinaria espressività stilistica, eseguito nella Settimana Santa a Sessa Aurunca. Dal punto di vista storico ed etnomusicologico, il brano pone diversi interrogativi sui rapporti tra musica d’arte e musica popolare. Innanzitutto, la rilevanza di frequenti "ritardi" armonici evidenzia una pratica inizialmente popolare che, con molta probabilità, influenzò la musica colta. D’altra parte, le brevi cadenze modulanti sembrerebbero di origine colta ed acquisite dal mondo folclorico. Purtuttavia, la condotta melodica delle voci presenta passaggi con quarti di tono, effetti di suono strisciati, dinamiche e cadenze che escludono qualsiasi derivazione dall’alto. L’armonia, infine, sembrerebbe far capo a procedimenti polifonici di "villanelle" cinquecentesche, quantunque il moto parallelo di accordi in secondo rivolto (quarta e sesta) non sia riscontrabile in nessun documento scritto pervenutoci. La tradizione impone che gli esecutori siano solo tre, ciascuno dei quali ha l’onere di insegnare ad altra persona, dotata musicalmente, la propria parte vocale, allo scopo di supplire a qualsiasi defezione dei tre titolari, nel rispetto dello stile vocale. Il testo, in latino, per stile di canto incomprensibile all’ascolto, si riferisce al Salmo 50 di Davide.

    Data: 1976

  • Durata 03:46
  • Luogo Sessa Aurunca
  • Provincia Caserta
  • Regione Campania
  • Esecutore Antonio Aurola: voce alta; Vincenzo Ago: voce media; Emilio Gallotta: voce bassa
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Il repertorio poetico e la struttura formale di tali canti mostrano peculiarità distintive, nonché specificità stilistiche del tutto originali. Insolito è il profilo melodico del primo cantore che alterna il tradizionale impianto di modo maggiore con un improvviso modo minore nelle cadenze. Tra i testi enunciati rileviamo lo strambotto Fenesta ca lucive, più noto attraverso la ottocentesca canzone di fattura melodico-romantica; né meno sorprendente è la presenza di alcuni versi che Salvatore Di Giacomo elaborò per la sua famosa canzone 'E spingole frangese. L’assetto esecutivo del canto, cui sono interpolate frequenti barzellette, conferisce al brano un sapore tra il macabro e l’erotico. Infine è da notare che le barzellette, oltre a presentarsi nelle solite forme ottonarie, sono anche costituite da endecasillabi. I cantori di Pimonte si recano principalmente alla festa di sant’Anna presso Lèttere, dove, nella notte del sabato successivo al 26 luglio, ballano e cantano dalla mezzanotte in poi.

    Data: 1974

  • Durata 10:11
  • Luogo Pimonte
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Francesco Somma: canto; Salvatore Donnarumma: canto; Ciro Minieri: tamburo a cornice; Francesco Comentale: tromba degli zingari; Fioravante Cuomo: castagnette; Ciro Amato: triccabballacche; Gennaro Di Martino: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    I due cantori mostrano, in un’esecuzione estemporanea, un esempio di "fronne" adibite alla comunicazione con i carcerati. Tali canti, come si è detto, erano eseguiti sotto le carceri da parenti, amici, colleghi di malavita, allo scopo di fornire al detenuto informazioni sui suoi familiari, sull’andamento del processo e su ciò che avrebbe dovuto dire o non dire l’imputato nel corso degli interrogatori. Si ponga attenzione al linguaggio impiegato, ricco di frasi ritualizzate e di espressioni gergali, tipiche della malavita. Le immagini esposte dall’enunciato (il carcere, la madre del carcerato che prega, la Madonna), sono più o meno le medesime di quelle presenti nelle "sceneggiate" teatrali napoletane, sebbene usate con linguaggi del tutto corrotti.

    Data: 1973

  • Durata 06:38
  • Luogo Torre del Greco
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Salvatore Festevole: canto; Giuseppe Vitiello: canto
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    A Maiori e in aree attigue, il culto per la Madonna Avvocata è associato al segno della Madonna "nera". Nella leggenda popolare, si narra che la venerata immagine di una Madonna "nera", detta poi "Avvocata, giungesse dal mare su una nave governata da quaranta turchi. Una gigantesca ondata fece annegare i turchi, ma sospinse la nave con l’immagine sacra presso una grotta dove già si praticava il culto di san Michele. Gli abitanti di Maiori, rinvenuta la Madonna "nera", la collocarono lì proprio dove era approdata, ed ivi costruirono il tempio dove ancora si trova. Eppure, annualmente, all’inizio dell’estate, l’immagine della Madonna spariva e successivamente veniva ritrovata in cima a un’alta montagna, e allora, ricondotta a Maiori, spariva l’anno seguente per essere rinvenuta nuovamente sulla medesima montagna. Per tale motivo, tutti furono d’avviso di costruire una chiesa sulla montagna e di collocarvi un’immagine sostitutiva della Madonna Avvocata, con il viso più chiaro. Ebbene, da allora il simulacro della Madonna "nera" non è più sparito dalla sua sede. La festa si svolge presso Maiori nel lunedì successivo alla domenica di Pentecoste, quando, all’alba, partono in pellegrinaggio alcune "paranze" ossia gruppi, che, cantando, s’inerpicano per quel monte sulla cui vetta si trova la chiesa relativa alla leggenda; quivi banchettano all’aperto e poi cantano e ballano in onore della Madonna; al tramonto, discendono dalla montagna e, cantando, ritornano al Santuario dove ha termine la festa.L’esecuzione musicale presenta un particolare ritmo processionale scandito da cinque tamburi. Singolare è anche il trattamento dei distici, evidenziato, nel canto, dall’emistichio della seconda parte del primo endecasillabo, proposto prima del verso stesso nella sua interezza (tale procedura è rilevabile dalla esposizione del testo). Il repertorio degli strambotti, cui attingono i cantori, presenta singolarità di carattere emblematico, per le tematiche collegate a un’ossessiva alternanza di morte ed erotismo, come si può rilevare anche dalla versione di Fenesta ca lucive.

    Data: 1974

  • Durata 10:02
  • Luogo Maiori
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Carmine Di Martino: canto; Domenico Taiani: canto e tamburo a cornice; Vincenzo Di Martino: tamburo a cornice; Antonio Di Martino: tamburo a cornice; Salvatore Bellezza: tamburo a cornice; Giuseppe Di Martino: tamburo a cornice; Enrico Somma: castagnette; Francesco e Salvatore Santelia: castagnette; Gerardo Sarno: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Ci troviamo in presenza della forma più esemplare di canto a ffigliola, i cui esecutori, purtroppo defunti, erano i depositari di un sapere riservato, in cui si conservavano i materiali enunciativi e musicali di tale genere. Per le peculiarità del canto a ffigliola, rimandiamo al capitolo relativo alle forme musicali. Il canto sul tamburo presenta un assetto formale tipico della zona di Terzigno e di San Giuseppe Vesuviano, di cui è rimarchevole lo stile dei due cantori ed il singolare repertorio dei testi poetici. Con tali connotazioni, si riscontrano le esecuzioni canore alla festa di Materdomini presso Nocera, la quale ha inizio nella serata della vigilia di Ferragosto (14 agosto) e si protrae fino all’alba del giorno successivo. In tale occasione, sul sagrato del Santuario aperto tutta la notte, convergono i tradizionali fedeli delle zone sommesi, paganesi e nocerine, i quali eseguono canti e danze in onore della Madonna.

    Data: 1975

  • Durata 20:32
  • Luogo Somma Vesuviana - Terzigno
  • Provincia Napoli
  • Regione Campania
  • Esecutore Per il canto "a ffigliola", Antonio De Luca: canto; Gennaro Albano: canto. Per i canti sul tamburo, Luigi Auricchio: canto; Domenico Catalano: canto e triccabballacche; Pasquale Boccia: tamburo a cornice; Angelo Nappo: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Il documento sonoro è relativo a un singolare rituale che si svolge – o si svolgeva – nelle campagne di Ferrari. Il cerimoniale, che si celebra in onore della Madonna del Carmine, ha luogo nel primo lunedì di agosto in cui, al tramonto, i contadini sotterrano vivo un gallo bianco, lasciandogli solamente la testa fuori dal terreno. Poi, bendandosi a turno, impugnando un nodoso bastone, tentano di schiacciare la testa del gallo con un solo colpo. Non appena il cruento sacrificio è compiuto, ha inizio la tarantella che si protrae fin dopo la mezzanotte. Coreuticamente, la danza, che si svolge solo tra uomini, presenta moduli gestuali e cinesici carichi di bellicosa aggressività, mostrando, in tal modo, l’arcaica funzione della tarantella come danza agonistica.

    Data: 1975

  • Durata 05:13
  • Luogo S. Michele di Serino - Ferrari
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Carmine De Mattia: ciaramella; Michele De Mattia: tamburo a bacchette; Domenico Riccardo: grancassa; Guerino De Mattia: piatti
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Novena eseguita a Napoli dal 30 novembre all’8 dicembre per la Madonna Immacolata. Nella rilevazione qui registrata, il tipo di zampogna era classificato "a cinque palmi" e le quattro canne che la componevano erano così distinte: basso, tenore, canto e frischetta ossia fischietto.

    Data: 1976

  • Durata 04:28
  • Luogo S. Gregorio Magno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Gregorio Deo: canto e ciaramella; Vito Fresolone: zampogna; Nicola Calisto: ciaramella
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Novena che si eseguiva a Napoli dal 13 al 24 dicembre presso le pubbliche edicole sacre e in abitazioni private.

    Data: 1976

  • Durata 04:20
  • Luogo S. Gregorio Magno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Vito Fresolone: canto e ciaramella; Nicola Calisto: zampogna; Gregorio Deo: ciaramella
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Singolare tarantella che viene eseguita nel periodo natalizio e nella notte di Capodanno. Essa conduceva anche le danze pastorali in onore di san Michele e di altri santi.

    Data: 1976

  • Durata 01:17
  • Luogo S. Gregorio Magno
  • Provincia Salerno
  • Regione Campania
  • Esecutore Vito Fresolone: zampogna; Nicola Calisto: ciaramella
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Si tratta di una singolare tarantella eseguita con la "tromba degli zingari", avente funzione di condurre il ballo dei pastori durante la transumanza.

    Data: 1974

  • Durata 02:45
  • Luogo Montemarano
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Antonio Bocchino: tromba degli zingari
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Tarantella che si esegue processionalmente a Montemarano negli ultimi tre giorni di Carnevale. L’esecuzione è caratterizzata dalla presenza del canto e della ciaramella: vale a dire, dal suo assetto stilistico, grammaticale e strumentale più arcaico. Infatti oggi, la ciaramella viene spesso sostituita dal clarinetto e il ristretto àmbito dello strumento ad ancia semplice si estende in ampiezze melodiche, in modulazioni armoniche, in possibilità cromatiche di variazioni, di formule musicali, che lo strumento ad ancia doppia (il clarinetto) e la fisarmonica consentono. Il testo è strutturato con endecasillabi alquanto fluttuanti e variabili, alternati a ottonari. Il profilo melodico si estende nell’intervallo di una quinta e, negli ottonari, di una sesta. Da notare anche, all’inizio dei distici, il troncamento della prima sillaba in anacrusi, né possiamo sorvolare su alcune analogie ritmiche, strutturali e stilistiche tra la tarantella montemaranese e le "pizziche" pugliesi, impiegate anche nella iatromusica salentina. Il significato dei testi è relativo ad allusioni sessuali, a giochi erotici, nonché a personaggi e a fatti di cronaca registrati a Montemarano.

    Data: 1974

  • Durata 06:07
  • Luogo Montemarano
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Ferdinando Picariello: canto; Umberto Cantone: ciaramella; Antonio Bocchino: fisarmonica; Antonio Bocchino: tamburello; Nicola Del Percio: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    Con tali procedure performative e con un organico-strumentale da considerarsi paradigmatico, viene eseguita la tarantella a Montemarano nei tre ultimi giorni di Carnevale, quando i montemaranesi in maschera ballano processionalmente per le strade. Da notare il ritmo del tamburello e la forma musicale ricca di variazioni, di variazioni armoniche, di condensazioni ritmiche, di sincopi ecc.

    Data: 1976

  • Durata 01:31
  • Luogo Montemarano
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Umberto Cantone: clarinetto; Antonio Bocchino: fisarmonica; Ferdinando Picariello: castagnette; Antonio Bocchino: tamburello; Nicola Del Percio: castagnette
  • Autore Roberto De Simone

  • Genere Audio
  • Audio

  • Descrizione

    La "rosamarina" è una particolare manifestazione musicale svolta con funzione di questua sia in onore di san Michele, sia nelle ricorrenze natalizie e pasquali. Difatti, essa è tuttora organizzata nell’avellinese all’alba della festa dell’Arcangelo (29 settembre), per la vigilia di Natale e per il giorno di Pasqua. In tale canto si osserva il dispiegarsi di una pratica musicale, un trattamento dei distici endecasillabi di inaudita scomposizione, di massima lacerazione semantica. Il significato verbale viene assorbito da una scansione rigorosamente precomposta secondo un assetto ritmico-melodico che travolge le parole dei versi come le rotaie di un treno inesorabilmente lanciato a una velocità irriducibile. In sostanza, una forza centrifuga, atomizzando il testo, pur lo convoglia verso l’oscuro senso di significanze esoteriche, pregne di valenze sibilline ed esorcistiche. Eppure, il carattere chiaramente augurale del distico conclusivo, dopo tanta disgregazione verbale, ristabilisce, come una lama di luce, il senso del testo mediante una rifondazione del logos. Da notare la formula stereotipa: uoi’ san Michele caro, inserita subito dopo l’emistichio residuo dell’endecasillabo troncato precedentemente.

    Data: 1974

  • Durata 09:00
  • Luogo S. Michele di Serino
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Arturo De Vita: canto; Carmine De Mattia: ciaramella; Nunzio Pascone: zampogna; Guerino De Mattia: tamburo a cornice; Michele De Mattia: triccabballacche
  • Autore Roberto De Simone