Sud e magia. In ricordo di Ernesto De Martino-Campania (5)
Sui luoghi emblematici delle ricerche di un maestro
Un programma in quattro puntate di Claudio Barbati, Giancarlo Mingozzi e Annabella Rossi che ritornano sui luoghi consacrati in ricerche esemplari come Morte e pianto rituale nel mondo antico, Sud e magia e La terra del rimorso, edite tra il 1958 e il 1962. Come dichiarato da Barbati al RadioCorriereTv, l'intento del programma era porre in evidenza come, "tra vecchio e nuovo, tra cultura contadina e modelli imposti dall’alto, tra credenze arcaiche e disincanti recenti, il mondo magico resiste, magari venendo a patti con la società dei consumi, ma più spesso mettendo nuove radici proprio nel suo vuoto e nei suoi squilibri".
Dopo i documentari che, dalla fine degli anni '50, avevano realizzato registi e documentaristi accomunati dalla sensibilità per il mondo popolare svelato dalle ricerche di De Martino, come Luigi Di Gianni, Cecilia Mangini e lo stesso Mingozzi, con Sud e magia si realizzava così "il viaggio più lungo e approfondito sui luoghi demartiniani", a oltre vent'anni dalle ricerche di De Martino e a dodici anni dalla sua morte.
Con interviste ad alcuni dei protagonisti e testimoni, come in primo luogo la moglie Vittoria De Palma, e con l’ausilio di fotografie e filmati del tempo, si descrivono contesti, presupposti ed obiettivi di quelle ricerche che segnarono uno spartiacque decisivo nell’antropologia contemporanea ma, allo stesso tempo, ampliando l’ambito di indagine, si offrono materiali inediti di grande interesse storico e culturale. Nel succedersi delle puntate, scorrono infatti figure di guaritori e santoni che, non toccate dall’indagine di De Martino, avrebbero sicuramente richiamato la sua attenzione come Michele Acquaviva di Cerignola, Domenico Masselli sul Gargano, il mago di Padula, zia Vittoria e il glorioso Alberto, sui quali da tempo si andavano orientando gli interessi di studio e di ricerca di Annabella Rossi, allieva di De Martino e tra le più rilevanti espressioni dell'antropologia italiana.
Autore e sceneggiatore per il cinema e la televisione, Claudio Barbati aveva avviato dal 1970 con Mingozzi un rapporto di collaborazione nel lavoro di ricerca, trattamento e sceneggiatura di diversi progetti.
I tre autori pubblicarono un resoconto di questo loro viaggio nei luoghi e temi di De Martino in Profondo Sud, edito per Feltrinelli nel 1978.
- Genere Audio
- Genere Filmato
-
Filmato
-
Descrizione
Mentre si assiste all'esibizione di diversi gruppi folkloristici nel corso del Primo Festival Internazionale Folk di Vibo Valentia, una voce fuori campo avverte che "queste immagini non appartengono alla cultura popolare in nome della quale si presentano, come non appartengono a questa cultura molti spettacoli, feste e sagre", proprie invece di un folklore diventato oggetto di consumo e, dunque, "addomesticato" alle attese del grande pubblico.
Danze e musica così cessano e si leva la voce di una donna dal cimitero di Bella (un paesino montano della Lucania, che già Luigi Di Gianni, nel 1959, aveva ritratto in Nascita e morte nel meridione). L'anziana è Zia Teresa di ottantasette anni, vedova dal 1956, che piange il marito nella forma canonica del lamento funebre. Nell'intervista la donna racconta la fatica di vivere con sei figli tra fame, indifferenza e povertà, la stessa che le ha impedito di dare una sepoltura ai propri cari, sia pure in quel cimitero senza lapidi, sostituite da pietre incise con una croce e un numero.
La biografia di De Martino è ripercorsa attraverso immagini dall'infanzia alla maturità. Alla fine degli anni Quaranta lo affianca come collaboratrice Vittoria De Palma, sua moglie, che dallo studio romano testimonia l'ispirazione civile delle ricerche del marito, insistentemente rivolto alla costruzione di un "mondo migliore, nel quale migliori saremmo diventati tutti: io che cercavo e loro che ritrovavano".
Scorrono momenti della Rabata di Tricarico, il paesino del materano che, grazie anche alla presenza di un intellettuale come Rocco Scotellaro, costituì una porta di ingresso privilegiata per gli studiosi interessati a quei luoghi assunti come simboli dell'alterità di casa nostra, quasi un paradigma della realtà contadina e del mondo subalterno meridionale. Sul suo taccuino di lavoro, apparso con il titolo Note Lucane su "Società", non a caso De Martino scriveva: "Appunto per questo la mia collera è proprio la stessa di questi uomini che lottano per uscire dalle tenebre del quartiere rabatano e la mia lotta è proprio la loro lotta. Rendo grazie al quartiere Rabatano e ai suoi uomini per avermi aiutato a capire meglio me stesso ed il mio compito".
Il premio Viareggio, vinto dal ricercatore con Morte e pianto rituale nel mondo antico, conduce al tema della puntata che prosegue il viaggio alla scoperta delle forme popolari per esorcizzare il dolore.
Immagini e lamentazioni del giorno dei morti al cimitero di Pisticci servono così ad evidenziare come mediante il lamento funebre si tenda a trasformare il defunto in una figura benefica, al fine di esorcizzare il pensiero della morte, allo stesso modo il carnevale di Somma Vesuviana può considerarsi un esorcismo collettivo al ritmo delle tammurriate
Guidati da Patrizia Ciambelli, un'allieva di Annabella Rossi, si percorre il cimitero sotterraneo della Chiesa di S. Pietro ad Aram, nel quale in alcuni giorni della settimana si recitano rosari e preghiere per le anime purganti: compiuto il percorso di saluto le devote parlano con l'anima defunta, cercano conforto toccando e baciando le ossa, altra forma per esorcizzare la paura della morte.
Tornando in Basilicata si ricostruisce il campo etnografico sulla magia lucana, affrontato dal 1950 al 1957 e finanziato dalla Parapsychology Foundation di New York, i cui risulti su fascinazione, possessione e malattie magiche, confluirono in Sud e magia. L’etnologo e la sua équipe, composta dal medico Mario Pitzurra, lo psicanalista Emilio Servadio, i fotografi Franco Pinna, Aldo Gilardi e Andrè Martin, entrarono in contatto con i maciari e le maciare di Albano di Lucania. Il primo intervistato, però, riconosce in paese una mentalità più emancipata rispetto a quanto emerge dal ritratto demartiniano e diversi interlocutori si rivelano scettici riguardo ai risultati raggiunti dai ricercatori.
Il documentario si conclude con le immagini del Carnevale di Somma Vesuviana mentre scorrono i titoli di coda. - Durata 57:20
- Data Venerdì, 31 Marzo 1978
- Luogo Bella, Rabata di Tricarico, Albano di Lucania, Somma Vesuviana, Roma
- Autore Claudio Barbati, Gianfranco Mingozzi, Annabella Rossi
- Genere Filmato
-
Filmato
-
Descrizione
La seconda puntata comincia nello studio di Raffaele Luongo, il mago di Paduli in grado di fare e togliere fatture, che dà una dimostrazione di come opera.
Segue la sigla, su un tema cantato da Lina Sastri, e scorrono ritratti di alcuni maghi già individuati da De Martino in Basilicata, in particolare ad Albano, Colobraro, Viggiano e Grottole. Tra questi zio Giuseppe di Albano, con il dono della preveggenza. Non diversamente da quanto la stessa Annabella Rossi aveva individuato nella figura di San Donato, per De Martino questo guaritore aveva una spiccata carica erotica, come testimoniato da non poche donne in Sud e Magia, senza che questo inficiasse la fiducia che in lui aveva la comunità.
Si ritorna nello studio di Raffaele Luongo, impegnato in una gestualità magica capace di emanare terapeutiche radiazioni. Luongo mostra un diploma del 1961 rilasciato da un "ministero di Roma" con bolli e firme, attestato di "chiaroveggenza" ma racconta di aver appreso la magia da un vecchio del luogo, rivelando che le fatture gli sono state insegnate direttamente dalle streghe di Benevento, che però sono ormai rimaste "in ottocento". Successivamente lo si vede operare un esorcismo su un uomo che accusa forti dolori allo stomaco.
Da Paduli si arriva in Basilicata, a Castelgrande, un paese di montagna in provincia di Potenza, dove abita Vittoria la Penna, una contadina di sessant’anni con tre figli, rimasta vedova ancora giovane. La donna, nel suo piccolo negozio di alimentari, inizia a cantare una canzone scritta per un ragazzo di nome Alberto che molti ritengono santo. Scorrono allora le immagini di un pellegrinaggio a Serradarce, in Campania, tratte dal documentario "Da lontano" di Nino Russo del 1972, mentre si racconta la storia di Alberto Gonnella che, tre giorni dopo la sua prematura morte, si "impossessò" del corpo della zia Giuseppina, dando origine al culto del "glorioso Alberto" in grado di guarire ogni malattia. Mentre vengono inquadrati paesaggi lucani, la voce narrante rivela come i guaritori incontrati siano figure che anticipano i moderni psicoterapeuti svolgendo una funzione sociale nell’infondere coraggio, individuando una causa ad un male senza nome che colpisce chi si sente afflitto. - Durata 01:00:00
- Data Venerdì, 07 Aprile 1978
- Luogo Paduli, Serradarce, Castelgrande
- Regione Campania, Basilicata
- Esecutore Raffaele Luongo: intervista e riti di fatture ed esorcismo, Zia Vittoria: intervista e incorporamento
- Autore Claudio Barbati, Gianfranco Mingozzi, Annabella Rossi
- Genere Filmato
-
Filmato
-
Descrizione
Incontri con veggenti e guaritori nel Gargano tra cui Domenico Masselli, un contadino di cinquantacinque anni che, dal 2 dicembre del 1959, afferma di essere in comunicazione con la Madonna.
A Stornarella, nel foggiano, è stato costruito un oratorio dedicato alla Vergine del Rosario dai fedeli del contadino mistico. Domenico, assistito dalla moglie e da una delle sue più attive sostenitrici, racconta la prima apparizione della Madonna che gli ordinò di recitare per quaranta giorni il rosario. Scaduto il termine, i fedeli riuniti in preghiera videro avanzare, sino ai piedi di Domenico, una nuvola bianca che, aprendosi, lasciò a terra una coroncina del rosario. Dopo quattro o cinque mesi, Domenico cominciò a scrivere i messaggi che la Madonna gli dettava, spesso in una lingua che non conosceva, quella dell'infanzia di Maria. La donna che parla al posto di Domenico racconta di fenomeni di lievitazione che l'uomo ha vissuto di fronte ai fedeli, il ritrovamento sui polpastrelli di una polverina grigio-azzurra, la caduta di piccole pietre dal cielo a simboleggiare le grazie ricevute. Dopo aver ascoltato alcuni testimoni, le telecamere riprendono l'incontro tra Domenico (vestito in doppio petto e cravatta) e la Madonna che avviene il primo, secondo e terzo venerdì del mese. Le preghiere e i canti dei fedeli - in parte rilevati da Glauco Sanga - aiutano il raccoglimento del guaritore che, chiuso in una cella di legno aperta nella parte superiore, vive in isolamento il fenomeno estatico. La cerimonia dura due ore e le sofferenze sembrano provare Domenico che, secondo i fedeli, in cella combatte contro il diavolo. Gli autori avrebbero voluto filmare la levitazione nella cella ma incontrarono la netta opposizione dei fedeli e della famiglia dell'uomo.
Si arriva poi nella masseria di Michele Acquaviva (detto "l’uomo dagli occhi di acciaio"), dove ogni giorno, ad eccezione del sabato, giungono pellegrini che aspettano di essere ricevuti e toccati da lui per la guarigione. Michele ha costruito una cappella per la Madonna di Altomare, molto venerata nella zona, nella quale riceve i fedeli ed opera guarigioni intercedendo presso la Vergine. Intervistato nel suo "santuario", pieno di fotografie ed ex-voti, rivela di essere stato salvato dalla Madonna che, quando aveva sette anni, gli disse: "un giorno sarai il padrone del mondo". La Vergine gli compare spesso in sogno, si siede sul suo cuore fino quasi a fargli mancare l'aria: apparizione notturne che la voce narrante pone in relazione alle esperienze delle maciare lucane. Nonostante i divieti della chiesa locale e dei vescovi, numerosi sono i pellegrini ripresi dalle telecamere, comprese due suore che dichiarano di vedere nella bottiglia di olio usata dal guaritore l’immagine della Madonna. - Durata 1:02:58
- Data Venerdì, 14 Aprile 1978
- Luogo Stornarella, Cerignola
- Provincia Foggia
- Regione Puglia
- Autore Claudio Barbati, Gianfranco Mingozzi, Annabella Rossi
- Genere Filmato
-
Filmato
-
Descrizione
La quarta ed ultima puntata si apre con la sigla su un tema cantato da Lina Sastri, durante la quale si alternano i titoli di testa su fondo nero e frammenti di riprese dei protagonisti delle precedenti puntate del documentario: Zia Teresa con il lamento funebre, il mago di Paduli mentre simula gesti per l'esorcismo di uomo, Zia Vittoria impegnata in dimostrazioni di incorporamento e racconti; il contadino Domenico nella sua esperienza estatica; il guaritore Michele Acquaviva con le sue bottiglie d'olio miracolose; alcuni abitanti di Albano di Lucania; la tammurriata del Carnevale a Somma; l'esorcismo domiciliare di un tarantato, ed infine, una tarantata stesa nella piazza davanti la cappella di S. Paolo di Galatina che introduce il tema della puntata: la spedizione del 1959 realizzata dall'équipe guidata da Ernesto De Martino in collaborazione con il Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e la RAI, che fornì i mezzi tecnici per le rilevazioni, e si avvalse dell'aiuto dell'archivista della Curia di Otranto per le ricerche sulle visite pastorali alla cappella di S. Paolo di Galatina e il contatto con Francesco De Raho che, dal 1908, era stato medico dei tarantati.
Scorrono le immagini de La Taranta, il primo documento filmato sul tarantismo, realizzato da Gianfranco Mingozzi nel 1962 con testi di Salvatore Quasimodo.
Per capire cosa è rimasto del fenomeno e cosa è cambiato, si intervistano Luigi Stifani, che incarna la voce del passato, e il medico condotto di Nardò, che testimonia invece l’attualità: mentre il primo parla delle varie tonalità utilizzate col violino per guarire i tarantolati, il secondo elenca le cause cliniche del tarantismo (neuroastenia, particolare stato eretistico che coglie soggetti psicologicamente deboli, difficoltà economiche e disturbi sessuali).
Così mentre Stifani racconta nel suo negozio da barbiere di una donna che ballò per dodici giorni e per la quale furono impegnate due squadre di suonatori, oppure dell'uomo che per quaranta giorni si torse a terra come la biscia che lo morse, il medico dichiara che spesso sono fanatismi religiosi e somatizzazioni di problemi psichici, oltre che una profonda miseria, a dar vita a queste manifestazioni.
Stifani afferma che la causa dell'esigua presenza di tarantati rispetto al passato è da attribuire al fatto che nessuno più lavora in campagna, che veleni e insetticidi diminuiscono la potenza avvelenatrice delle tarantole.
Viene intervistato un uomo di trent'anni morso da due tarantole che era emigrato in Germania da dove era rientrato a Nardò ormai guarito.
In silenzio scorrono le riprese di Galatina, è il 29 giugno 1977, nella cappella di S. Paolo: le donne rotolano a terra, c’è chi riesce a malapena a camminare, una tarantata si mostra molto violenta nei confronti dei familiari e verso la folla. Tra i momenti più interessanti, l'incontro con Maria di Nardò, la protagonista del documentario La Taranta di Mingozzi, che ha ora quarantasette anni e si è risposata dopo la morte del marito. Alle domande Maria risponde con sufficienza e in modo sbrigativo: non ricorda come era fatto il ragno che la morse ma, malgrado sia ormai guarita da quattro anni, continua ad andare a S. Paolo il giorno della festa. Quando l'intervistatrice chiede a Maria se oggi ci sono più o meno tarantate rispetto a vent'anni fa, si avverte un forte disagio, la donna si spazientisce, dice di essere nervosa e si rivolge al medico facendogli notare di aver accettato l'intervista solo perché lui le aveva chiesto di farlo, ma che in verità non ne aveva alcuna voglia, abbandonando lo studio in cui si svolgevano le riprese. - Durata 01:03:36
- Data Martedì, 21 Aprile 1987
- Luogo Nardò, Galatina, Lecce
- Provincia Lecce
- Regione Puglia
- Autore Claudio Barbati, Gianfranco Mingozzi, Annabella Rossi