Annabella Rossi, Galluccio 1973 (25)
Rappresentazioni del carnevale e canti in osteria
Documenti sonori raccolti da Annabella Rossi il 6 marzo 1973, martedì grasso, nella più estesa delle cinque frazioni di Galluccio (Ce), San Clemente. Nella cittadina casertana durante il carnevale, almeno fino agli inizi degli anni '50, si tenevano in successione quattro rappresentazioni: la Zeza, i Mesi, la Vecchia e la Morte e il Gigante. Poi, dopo più di vent'anni di silenzio dovuto principalmente alla mancanza di partecipazione (molti erano emigrati al Nord o all’estero, oppure si erano trasferiti in città), nel 1972 grazie alla adesione dei più giovani era stato possibile organizzare nuovamente le manifestazioni carnevalesche.
Le prime tracce della raccolta (01-08) ricostruiscono, attraverso la viva voce degli animatori, tradizioni festive e rituali locali (oltre al carnevale, i fuochi per Sant'Antonio Abate, diverse processioni, ecc.) ma anche le attività lavorative del paese (l'agricoltura, l'artigianato, la produzione vinicola) e la realtà sociale; è documentata (traccia 03) l'esecuzione integrale dei Mesiregistrata non in piazza all'aperto, dove tipicamente si svolge, ma nella scuola del paese, probabilmente su richiesta della stessa ricercatrice; vengono presentati (traccia 05) i partecipanti alle quattro rappresentazioni del 1973: in totale più di trenta persone, per lo più giovani studenti ed operai, oltre ai più anziani, già protagonisti delle messe in scena nel dopoguerra (frammenti delle interviste, la presentazione dei personaggi e il testo della rappresentazione dei Mesi eseguita, sono trascritti nel volume Carnevale si chiamava Vincenzo, curato da A. Rossi e R. De Simone).
I restanti documenti (tracce 9-20), registrati in un'occasione conviviale tra la ricercatrice e gli informatori, probabilmente in un'osteria, comprendono un solo brano strumentale (traccia 10) e una serie di canti per lo più a voce maschile (singola o a parti alterne), con alcuni interventi di voci femminili (senza accompagnamento strumentale, fatta accezione per le tracce 09 e 12, in cui entra una fisarmonica). Si tratta di canti lirico-monostrofici costruiti su distici di endecasillabi, una sorta di strofette distiche, eseguite sulle stesse frasi melodiche (seppur con microvariazioni personali dei vari cantori) e spesso in un botta e risposta tra le due voci che si alternano. Le tematiche testuali variano tra canti a dispetto, d’amore, di sdegno e soprattutto di mietitura (un interlocutore sostiene che l'occasione prevalente per l'esecuzione di questo genere di canti fosse appunto quella delle attività lavorative legate alla mietitura); la parodia di un canto arabeggiante (traccia 19) è seguita dall'esecuzione della nota canzone napoletana Maria Marì e ironiche lamentazioni funebri in morte della protagonista (traccia 20).
Si riportano il fondo alla raccolta due ulteriori documenti (tracce 21-22) registrati dalla stessa ricercatrice ancora a Galluccio ma nel 1976, probabilmente a gennaio: l'esecuzione cantata di frammenti della Zeza e un'intervista sulle tradizioni carnevalesche del paese e dell'area casertana.
(100, 100A-B-C-D 108754 e 267, 267A 108826)
- Genere Audio
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Intervista a Giovanni Iadeluca sulla rappresentazione dei Mesi di San Clemente, frazione di Galluccio, rimessa in scena nel 1972 dopo circa vent'anni; numerosi gli attori che vi prendono parte, si tratta per lo più di giovani studenti e operai: dodici interpretano i mesi dell’anno, c’è poi Capodanno con la sua sposa, i quattro personaggi principali che inscenano la Zeza, il Prete e altre parti secondarie come la Morte, il Gigante, il Dottore e il Vecchio con la Vecchia, ecc. Le parti recitate dai più giovani sono apprese oralmente dagli anziani che avevano partecipato alle edizioni del dopoguerra. Lo svolgimento della rappresentazione prevede una sfilata che attraversa le vie principali del paese fino alla piazza dove si iniziano a cantare i Mesi. Iadeluca parla poi della Zeza che a suo avviso è una farsa popolare settecentesca in un dialetto sincretico napoletano-calabrese; il testo utilizzato è ricavato da quello che ricordano i più anziani; i personaggi principali sono quattro: il padre, chiamato Pacchisecca (è probabile che Iadeluca si confonda: nella trascrizione dei ricercatori in Carnevale si chiamava Vincenzo il personaggio del padre è, come nelle altre Zeze, Pulcinella), sua moglie Zeza, la loro giovane figlia Vincenzella e il prete seminarista Zì Don Nicola. Pulcinella è dappertutto e interviene con battute salaci a rappresentare il coro popolare; la Zeza e i Mesi si sono rappresentate sempre nella stessa giornata, almeno così ricordano i più anziani.
Folco Plinio, professore di scuola media e da diversi anni sindaco del paese, considera quella dei Mesi una rappresentazione della vita campestre mentre la Cantata di Zeza una scena di vita paesana con tutti gli ingredienti tipici: non ha origini scritte, è un'interpretazione estemporanea talvolta ammodernata con l'aggiunta di fatti e avvenimenti contemporanei - come il riferimento in quegli anni al divorzio - dal punto di vista dei contadini. Oltre a Galluccio i Mesi erano rappresentati da due anni anche a Falciano del Massico, lì era però una cosa più in grande e "manierata": sfilavano indossando costumi del '700 fittati a Napoli. I Mesi si rappresentavano anche in un'altra frazione di Galluccio, ovvero Sipicciano con attori sempre del posto ma non gli stessi di San Clemente. Anche a Sipicciano la tradizione si era interrotta con la Guerra per mancanza di "materiale umano", molti erano emigrati in America o comunque all'estero: erano rimasti i vecchi che tramandavano solo la "dizione" visto che per la loro età non potevano più sostenere la rappresentazione scenica; solo da pochi hanni la presenza e l'interesse dei giovani aveva consentito di riprendere la tradizione dei Mesi, come anche quella dei fuochi per Sant’Antonio Abate del 17 gennaio. Su richiesta della ricercatrice il sindaco indica le principali mete di pellegrinaggio degli abitanti di Galluccio: la Madonna dei Lattani di Roccamonfina, dove si andava a Pasqua e il lunedì in albis, e prima della guerra la Madonna della Civita a Itri, dove si arrivava a piedi dopo aver attraversato la pianura del Garigliano e costeggiato le montagne di Formia. - Durata 10:51
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Giovanni Iadeluca, Folco Plinio: voce
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Intervista a due abitanti di Galluccio. Si parla in apertura delle enormi magnate (abbuffate) che si facevano all'inizio o nel corso della mietitura e della trebbiatura, con prosciutto, salsicce e grandi insalate di pomodoro, accompagnate dal vino della zona, il Falerno. Si racconta che durante la mietitura, quando arrivavano le donne col canestro (o canisto) in testa, c'era una canzone che tutti cantavano, oppure quando passava qualcuno gli facevano l’allucco appriesso, con cui si auguravano ai malcapitati le peggiori sventure, tanto che le persone cercavano di nascondersi per non farsi vedere ed evitare quindi la dedica della canzone malaugurante. Tutto questo avveniva però prima della Guerra, poi anche a Galluccio era arrivato il richiamo della città, dell’industria e del progresso tecnologico che aveva portato molti a lavorare al Nord nel triangolo tra Genova, Milano e Torino. Su richiesta della ricercatrice vengono indicate le fabbriche artigiane della zona: quella di Cascano di Sessa Aurunca per la lavorazione dell’argilla e della terracotta, e a San Pietro Infine, dove si lavorano le stuoie di erice con le fibre vegetali usate come coperte sugli asini o nei frantoi; in una frazione di Galluccio, a Calabritto, si lavorava l'argilla fino alla morte del proprietario della bottega, poi i figli erano andati via senza proseguire l'attività; si costruivano le anfore oppure le cannate, dei grossi recipienti tondi per raccogliere dai sei a dieci litri d'acqua; i boschi cedui di castagni assicuravano frutti e legna che non veniva lavorata sul posto ma portata a Marano di Napoli dove si utilizzava per fare le botticelle oppure le stecche per le colture intensive di ortaggi; un tempo era ricca la produzione di carbone, sia di quercia che di castagno, poi abbandonata; le colline offrivano meleti di annurche ma dopo la Guerra, con i campi minati, era stato necessario abbandonare anche quella produzione. Soltanto la coltivazione dell'uva risultava prospera, grazie anche ad una grossa cooperativa che aveva ricevuto dei finanziamenti; si sottolinea che il vino locale non è propriamente il Falerno, tipico della zona dei Monti Aurunci, ma il vino Cong formato da più viticci e citato anche nei libri di enologia.
- Durata 08:55
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione della rappresentazione dei Mesi effettuata in un luogo chiuso, la scuola del paese, probabilmente su richiesta della ricercatrice. Il testo è riportato nel volume Carnevale si chiamava Vincenzo (dove sono presentati gli interpreti, per lo più giovani studenti e operai) ed in larga parte risulta simile a quello raccolto agli inizi del '900 da Nicola Borrelli in un paese non molto distante da Galluccio, ovvero Piedimonte Matese (cfr. Rappresentazioni popolari. I mesi, in "Terra di Lavoro" 1925). Appare evidente soprattutto per le strofe di alcuni Mesi (Luglio, Agosto, Ottobre, Novembre) un processo di indebolimento della trasmissione orale con la conseguente perdita di versi, a volte compensata con le ripetizioni di formule già usate da altri Mesi: ricorrente il verso "e sono assai amato"). Le strofe storicamente dovevano essere costruite su otto versi endecasillabi, come rilevato da Borrelli.
- Durata 10:57
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Capodanno (Mario Stoto), Pulcinella (Mario Di Fruscia), Gennaio (Giuseppe Stoto), Febbraio (Antonio Stoto), Marzo (Domenico Telaro), Aprile (Gianni Nacca), Maggio (Franco Mignacca), Giugno (Emilio Diodato), Luglio (Antonio Tirelli), Agosto (Pasquale De Luca), Settembre (Ernesto Lato), Ottobre (Danilo Comparelli), Novembre (Erminio Di Gregorio), Dicembre (Giuliano Lato)
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Intervista ad Antonio Carlino, cinquantotto anni, che di mestiere dice di "fare la fame": ha una modesta pensione e si arrangia lavorando in campagna. Nelle rappresentazioni carnevalesche di Galluccio da due anni vestiva i panni del Pazzo anche perché, come lui stesso ironicamente afferma, pazzo ci era nato; aveva vissuto otto o nove anni a Conca Campania, paese distante pochi chilometri da Galluccio, dove si faceva il carnevale e c’era la parte del Pazzo che lui aveva visto fare ma non aveva mai rivestito. La ricercatrice chiede ai presenti notizie sulla farsa della Vecchia: se aveva subito la stessa discontinuità e se prima si faceva a mezza quaresima: anche "la Vecchia" era stata ripresa dopo più di vent'anni e le quattro rappresentazioni (la Vecchia, i Mesi, la Zeza e La Morte e il Gigante) a Galluccio si erano sempre messe in scena lo stesso giorno, perché "quando finiva Carnevale finiva tutto", anche se si poteva ripetere la settimana dopo, sempre di martedì, ovvero fare l'ottava. La Rossi infine ribadisce l'importanza di conservare, in un paese ormai condizionato da modelli televisivi e cinematografici, le manifestazioni popolari come quelle di Galluccio, evitando contaminazioni con canzonette o costumi moderni: rappresentazioni come quella dei Mesi, le cui origini risalgono a epoca preromana, appartengono alla storia della gente comune che non compare mai nei libri e che invece merita di essere raccontata.
- Durata 11:57
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Antonio Carlino (il Pazzo): voce, anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
I nomi, le età e le professioni dei partecipanti alle quattro rappresentazioni carnevalesche (I Mesi, La Zeza, La Vecchia, La Morte e il Gigante) tenute a Galluccio, e dei due musicisti che accompagnavano con la fisarmonica e la cassa; le persone coinvolte, tutti uomini, erano più di trenta (l'elenco completo è riportato nel volume Carnevale si Chiamava Vincenzo). Tra i partecipanti alle ultime edizioni del dopoguerra c'era Vincenzo De Dominicis, che aveva rivestito la parte del Diavolo mentre quell'anno era Don Nicola, ruoli un tempo di suo padre; un altro dei presenti da ragazzo aveva rappresentato il mese di Luglio; si commenta che la Zeza riproduceva scene dei ricchi mentre le donne dei Mesi vestivano sempre con abiti arrangiati, mai in costume; la parte recitata era la stessa e le quattro rappresentazioni si svolgevano in piazza nella medesima giornata, senza alcun altoparlante. Poteva accadere che alcune aziende agricole invitassero in altre occasioni gli interpreti a recitare in cambio di cibi e bevande.
- Durata 10:36
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
La ricercatrice chiede informazioni su un mago di cui aveva saputo circa dieci anni prima mentre lavorava per il Museo delle Arti e Tradizioni Popolari nella zona della Ciociaria, non molto distante da Galluccio. Gli intervistati dimostrano di conoscerlo molto bene: si tratta di Giacomo Di Iorio soprannominato Ciccobbomma, di oltre sessant'anni, che vive in contrada Risiera in un bosco di ciliegi, in una zona denominata Pisciarelle. Lavora la domenica, il martedì e venerdì e ha sempre molti clienti, anche dall'estero e da Roma. Si dice che sia un indovino, un guaritore e un fattucchiaro.
- Durata 02:29
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
La sfida dei fuochi si tiene la sera del 16 gennaio in onore di Sant’Antonio Abate, santo protettore del paese; la contesa si consuma tra due piazze: Piazza Porci e Piazza Municipio (poi chiamata Orologio): si preparano i ceppi quindici giorni prima della gara, poi intorno ai fuochi allestiti si mangia, si beve e si canta fino a notte tarda, mentre la mattina seguente c’è la processione.
- Durata 01:46
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
La ricercatrice chiede informazioni sul giorno dell'Ascenzione e un interlocutore ricorda l'usanza di andare a Monte Camino, dove c'è una cappella; prima non c'era neppure la strada e ci si andava a piedi, mentre ora sono in pochi a raggiungerlo e si spostano in automobile. Per tradizione tutta la famiglia mangiava latte cagliato e riso con latte, la mattina presto si andava su Monte Camino dove c'era una processione guidata dal prete con la statua della Madonna, poi si pranzava e si restava lì fino a tarda sera; i bombardamenti distrussero la cappella, qualcosa è stato poi ricostruito ma non sembra restare neanche la credenza popolare legata ad una pietra segnata dove si sarebbe inginocchiata e riposata la Madonna. Si parla infine della zona di Santa Reparata che nasconderebbe nell'ipogeo una città sommersa di epoca etrusca (come testimonierebbero i ritrovamenti involontari di chi lavorava la terra in quella zona).
- Durata 06:09
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Canto per voce maschile accompagnato dalla fisarmonica. Il cantore esegue una serie di distici di endecasillabi (strofette distiche) inframezzati da parti suonate dalla sola fisarmonica. Il testo viene cantato su due semplici frasi melodiche che si ripetono e concludono con una cadenza melodica finale in particolare sulle vocale "a".
- Durata 03:33
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile, Mario Stoto: fisarmonica
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Brano strumentale eseguito dalla sola fisarmonica. L'audio è in parte distorto e non si riesce a distinguere il brano eseguito.
- Durata 02:13
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Mario Stoto: fisarmonica
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione frammentaria di un canto con sola voce maschile. Il cantore chiede all’inizio al suonatore di fisarmonica di accompagnarlo, ma questi non risponde positivamente al suo invito. Si sentono altre voci in sottofondo e qualcuno che esclama "Ma questa è una serenata!".
- Durata 01:17
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto per voce maschile accompagnato dalla fisarmonica. Il cantore esegue una serie distici di endecasillabi inframezzati da parti suonate dalla sola fisarmonica. Il testo viene cantato su due semplici frasi melodiche che si ripetono e che si concludono con una particolare cadenza melodica in particolare sulle vocale "a" finale. Il testo cantato, con riferimenti magico-simbolici, è uno dei più ricorrenti della tradizione campana. I primi due distici sono i seguenti: Oddio comme so’ gauti ‘sti palazzi/ Ca ‘ntorno ‘ntorno ci stanno finestre/ Ce sta ‘na ninna che sempe s’affaccia/ Arracqua li garofani a la testa (Oddio com’è alto questo palazzo/ Che tutto intorno ci sono delle finestre/ C’è una ragazza che sempre si affaccia/ Innaffia i garofani nel vaso).
- Durata 01:58
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile, Mario Stoto: fisarmonica
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto con sola voce maschile. Il testo viene cantato su distici di endecasillabi e sulle stesse due frasi melodiche di alcuni dei canti precedenti (vedi traccia 09 e 12) ma la tematica in questo caso allude chiaramente a un canto di mietitura. Ecco il testo cantato: A mete a mete e chi ce vo venine/ Io ce so stato e ‘nce voglio tornane/ Caro patrone mio te voglio arricchire/ Comme a ‘nu cane voglio faticane/ Votta ponente mio/ Votta ponente e sole/ Asciuga la cammisa a lo mio amore (A mietere, a mietere chi vuol venire/ Io ci son stato e ci voglio tornare/ Caro padrone mio ti voglio arricchire/ Come un cane voglio faticare/ Spira vento mio/ Spira vento e sole/ Asciuga la camicia del mio amore).
- Durata 01:11
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto di mietitura a più voci maschili che si alternano, spesso ripetendo lo stesso distico con l’incipit "Caro patrone mio te voglio arricchire". I cantori discutono tra loro poiché non ricordano con certezza i testi da eseguire.
- Durata 02:38
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Breve esecuzione di un canto con sola voce maschile. Il testo, che rimanda chiaramente ad un canto di mietitura, è lo stesso della traccia 13 e viene cantato su distici di endecasillabi e sulle stesse due frasi melodiche di alcuni dei canti precedenti (vedi traccia 09 e 12).
- Durata 00:34
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto a due voci maschili che si alternano. Il testo è costruito su distici di endecasillabi e sulle stesse frasi melodiche dei canti precedenti. E' una sorta di canto a dispetto: il riferimento a l’asino e al montone (ciuccio, piecoro) sembra da legare ironicamente agli stessi cantori: "E statti zitto tu ciuccio che ragli/ Si vengo ‘lloco ti metto la vriglia/ E doppo la vriglia ti metto la sella/ ‘Ncopp’ a la sella me metto a cavallo" (E stai zitto tu ciuccio che ragli/ Se vengo lì ti metto la briglia/ E dopo la briglia ti metto la sella/ Sulla sella mi metto a cavallo), mentre l'altra voce risponde: "E stai zitto piecoro muccuso/ Nun tie’ la voce e ti mitte a cantane" (Stai zitto montone moccioso/ Non tieni la voce e ti metti a cantare) e chiude di nuovo la prima voce: "E statti zitto tu piecoro mucculuso/ Si vengo ‘lloco te scioscio ‘lu naso" (E stai zitto tu montone moccioso/ Se vengo lì ti soffio il naso).
- Durata 01:31
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto a dispetto tra due voci maschili che si alternano (segiue dalla traccia precedente). La chiusa finale "Questo lo canto a vuie fior di lampazzo/ A tutti voglio bene, a te ‘stu vraccio" rimanda alla struttura degli stornelli anche se in questo caso il tipico quinario di apertura (qui "Fior di lampazzo") è contenuto all’interno del primo dei due endecasillabi che formano il distico. Possiamo quindi definire questi canti, per distinguerli dagli stornelli veri e propri, delle “strofette distiche” (cfr. W. Brunetto, Piccolo vocabolario etnomusicologico, Squilibri 2012) cantate a voce alterna e spesso improvvisate nella formula della botta e risposta.
- Durata 01:02
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Nel documento vengono cantati (ancora sulle due frasi melodiche riscontrate nei canti precedenti) alcuni distici di endecasillabi (strofette distiche) per lo più di argomento amoroso inframezzati da lunghe parti di dialogo tra i presenti e l’esecutore che aggiunge di non ricordare molti canti, a differenza dei suoi genitori che ne conoscevano molti più di lui.
- Durata 04:06
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione di un canto su distici di endecasillabi (strofette distiche). La tematica del testo è quella tipica di un “canto di sdegno amoroso. L’incipit, non ricordato con precisione dai presenti, viene dapprima intonato in successione da due voci maschili e poi da una femminile che cerca di cantare la versione "corretta" ma sbaglia anche lei. L’esecuzione una voce maschile. Qualcuno afferma che "queste non son canzoni ma pagliaccerie!". Ecco alcune delle strofette di sdegno cantate: "Puozze esse accisa mammeta e ti pure/ Me t’ha prommise e nun me te vo’ dane/ Mo vaie dicenno ca nun m’hai voluto/ Pecchè nun dice ca t’aggiu lasciata" (Che possa essere uccisa tua mamma e tu pure/ Mi ha promesso te e adesso non vuole darti a me/ Adesso vai dicendo che non m’hai voluto/ Perché non dici che ti ho lasciato). Le due strofette distiche di commiato sono invece le seguenti: "Chesto lo canto a te fiorito vino/ E alla salute’e tutta ‘sta compagnia/ Scusate se io v’aggio disturbato/ Saluto a tutti quanti e me ne vaje" (Questo lo canto a te fiorito vino/ E alla salute di tutta questa compagnia/ Scusate se io vi ho disturbato/ Saluto tutti quanti e me ne vado). In sottofondo le voci di adulti e bambini presenti durante l'esecuzione.
- Durata 05:01
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili, voce femminile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Canto a voci maschili alterne basato su distici di endecasillabi (strofette distiche) preceduto da una lunga parte dialogata in cui i presenti parlano tra di loro. Il canto sembra improvvisato nella forma della botta e risposta (uno dei due dice espressamente di non sapere la "risposta"). Qualcuno verso la fine invita uno dei due cantori a fare la "cosa araba".
- Durata 04:11
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Esecuzione improvvisata da una voce maschile con lamenti e vocalizzi che sembrano scimmiottare uno stile vocale arabeggiante, rispondendo molto probabilmente ad una richiesta fatta alla fine del documento precedente.
- Durata 03:20
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
Nel documento viene prima accennata brevemente da due voci maschili la famosa canzone napoletana Maria Marì del 1899 (testo di Vincenzo Russo, musica di Eduardo Di Capua). Inizia poi una parte dialogata e recitata tra i due cantori, i quali fingono ironicamente lamentazioni funebri per la morte della protagonista, in dialetto e in un inglese stentato.
- Durata 02:18
- Data Martedì, 06 Marzo 1973
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimi: voci maschili
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
L'informatore cerca di ricordare alcune strofe della Canzone di Zeza un tempo eseguita a eseguita a Galluccio. Dopo una breve interruzione nella registrazione si distinguono le strofe iniziali della rappresentazione carnevalesca pronunciate da Pulcinella e da Zeza. Il testo della rappresentazione della Zeza di Galluccio, raccolto però nel 1973, è integralmente trascritto in Carnevale si chiamava Vincenzo (curato dalla ricercatrice con R. De Simone).
Data: gennaio 1976
- Durata 01:31
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile
- Autore Annabella Rossi
- Genere Audio
-
Audio
-
Descrizione
L'intervista manca della parte iniziale; l'interlocutore parla del personaggio di Pulcinella che a Galluccio, spiega, "diceva poche cose", interveniva solo quando usciva Capodanno e - come suggerisce un’anziana donna presente all’intervista - quando usciva Settembre durante la rappresentazione dei Mesi. Alla richiesta della ricercatrice, circa altre rappresentazioni carnevalesche nei paesi limitrofi, l’informatore risponde di conoscere quelle di Sessa Aurunca, di Castelforte, dove hanno avanzato richiesta di parti della Zeza scritte da lui; la Rossi risponde di avere una versione scritta che le è stata data da Iadeluca (si tratta probabilmente di Giovanni Iadeluca, già intervistato nel 1973). La Zeza, con qualche variante, viene realizzata anche in un paese vicino Capua che l'informatore non ricorda. La ricercatrice vuole sapere se anche quell’anno avrebbero rifatto la Zeza a Galluccio ma l’informatore risponde in modo negativo, mentre i più giovani avrebbero replicato, come ogni anno, i Mesi. L'interlocutore dice di aver appreso la Zeza "per tradizione", e di averla interpretata per la prima volta da ragazzino venticinque-trent'anni anni prima e poi rifatta in seguito.
Data: gennaio 1976
- Durata 03:04
- Luogo Galluccio
- Provincia Caserta
- Regione Campania
- Esecutore Anonimo: voce maschile, voce femminile
- Autore Annabella Rossi