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Sentite buona gente (4)

Una memorabile esperienza di studio e spettacolo

La parte pugliese della "prima rappresentazione di canti, balli e spettacoli popolari italiani" a cura di Roberto Leydi, "con la consulenza di Diego Carpitella" e "la messa in scena di Alberto Negrin": una memorabile esperienza di studio e ricerca culminata nell'offerta, a un pubblico urbano e in uno dei luoghi più emblematici della cultura europea come il Piccolo Teatro, di una panoramica su alcune delle tradizioni musicali italiane attraverso interpreti al massimo del loro vigore espressivo e performativo. 
Nel programma di sala dello spettacolo, andato in scena al Teatro Lirico di Milano dal 2 febbraio al 5 marzo del 1967, si leggeva che "le voci vive e vere dei contadini, dei pastori, dei montanari, degli operai di Carpino (Foggia), Ceriana (Imperia), Crema (Cremona), Maracalagonis (Cagliari), Nardò (Lecce), Orgosolo (Nuoro), San Giorgio di Resia (Udine) e Venaus (Torino), i loro balli, i loro strumenti, le manifestazioni della loro civiltà testimoniano della presenza attiva della cultura popolare nel mondo moderno", cosa che si estrinseca in un ricchissimo repertorio che si articolava in "ballate storiche, canzoni narrative, canti di lavoro, mutettus, stornelli, sos tenores, sunetti, la terapia musicale del tarantismo pugliese, la danza delle spade, il ballo tondo, la tarantella, la Resiana" affidati a strumenti come "launeddas, solittu, organetto, tamburello, violino, violoncello, chitarra, chitarra battente, triangolo".
Diverse le finalità perseguite con questi "incontri con il mondo popolare", esplicitamente indicata da Diego Carpitella e Roberto Leydi nelle note introduttive: "proporre all'attenzione degi specialisti, dei critici e soprattutto del pubblico le possibilità spettacolari nuove e provocanti del mondo popolare italiano, ma 'vero', 'vivo', non folklorizzato, non strumentalizzato" e "contribuire a sgombrare il terreno da una serie di equivoci, di interessate distorsioni che il successo mondano del 'folk' ha suscitato" e, infine, presentare "la realtà documentaria e criticamente riproposta di una 'civiltà' che ignoriamo, anche se convive con noi e costituisce la fonte della nostra coscienza civile e culturale". 
Uno spettacolo, di cui ci restano anche le foto di Luigi Ciminaghi, realizzato con il "riscontro di una documentazione oggettiva" che, nel caso della Puglia, si era concretizzata nelle rilevazioni sul campo realizzate da Leydi con Carpitella l'anno prima a Carpino e a Nardò.
Lo spettacolo è stato pubblicato nel dvd allegato al volume di Domenico Ferraro, Roberto Leydi e il Sentite buona gente. Musiche e cultura nel secondo dopoguerra, Squilibri, 2016.

  • Genere Audio

  • Genere Filmato
  • Filmato

  • Descrizione

    Il repertorio dei cantori e suonatori di Carpino (Foggia) è tipico delle “scholae” della tradizione pastorale del Gargano. I brani ricorrenti e preferiti sono le “tarantelle” e le “arie” unite spesso in un’unica forma chiaramente bipartita e differenziata. Le “tarantelle” di Carpino, come quelle di Nardò, non assomigliano a quelle stilizzate e a tutti note: sono intessute di svariate tecniche vocali (melismi, attacchi glissati, cadenze gridate e improvvise, tremoli e singhiozzi) che esulano da qualsiasi stilizzazione colta. Quanto allo stile delle “arie” è uno stile “lungo”, dal prevalente carattere discendente, dal registro molto acuto, gridato e tenuto, con “ambitus” molto ampi, scale “modali” e per toni interi, con intervalli in genere al di sotto del semitono temperato. La libertà delle voci è favorita dalla indeterminazione tonale della “chitarra battente”, con le sue 5 o 6 corde, con un ciclo tonale mono-tono e limitato, tali da essere un sottofondo uniforme ed elaborato, molto simile a quello ottenuto dagli strumenti a corda e a plettro del vicino Oriente. I testi verbali delle “arie” e delle “tarantelle” cantate sono d’amore, satirici, religiosi, mentre la scrittura musicale rimane la stessa, qualunque sia il contenuto espresso. L’ “aria”, che si trova nel mezzo della “serenata”, era un tempo cantata durante la processione del Venerdì Santo, sì da poterla collegare alle “saetas” castigliane o alle “copias” sud-americane, secondo uno stile vocale, ed anche polivocale, che va dalla Sardegna fino al Golfo Persico. Quanto alle figurazioni della danza esse rientrano in quelle cosiddette di corteggiamento e del fazzoletto in particolare, con movimenti e passi anch’essi fuori da qualsiasi stilizzazione culta. [Dal libretto di sala dello spettacolo Sentite buona gente, a cura di Roberto Leydi, messa in scena di Alberto Negrin, con la consulenza di Diego Carpitella].

     

  • Durata 14:54
  • Data Giovedì, 02 Marzo 1967
  • Luogo Piccolo Teatro di Milano
  • Provincia Milano
  • Regione Lombardia
  • Esecutore Andrea Sacco: chitarra battente e canto, Angela Gentile: tamburello e ballo, Gaetano Basanisi: chitarra francese, Rocco di Mauro: canto e ballo, Antonio di Cosimo: canto e ballo, Michelantonio Maccarone: chitarra francese e canto
  • Autore Roberto Leydi

  • Genere Filmato
  • Filmato

  • Descrizione

    Nell’anno 1959, a Nardò, durante i mesi di giugno e luglio alcuni contadini, soprattutto donne, chiamavano nelle loro bianche e assolate case la squadra di musici-terapeuti, per curarsi dalla puntura (reale o immaginaria) della “taranta”, del ragno. […] Nella loro tecnica iatromusicale i musici-terapeuti si avvicinano e si allontanano dalla tarantata, la intessono con i loro suoni, la ipnotizzano con la loro arte strumentale, la fanno danzare dinanzi al violino, mentre i colpi inesorabili o leggeri del tamburello le occludono la coscienza fino al parossismo, alla esasperazione, la esaltano e la regolano nello stesso tempo. Il repertorio impiegato oggi nel Salento è composto da “tarantelle”, o più esattamente “pizziche-tarantate”, che hanno caratteristiche di esecuzione diverse dalle tarantelle stilizzate a tutti note. Attualmente la formazione dei complessi di musici-terapeuti non è fissa, ma può variare secondo le occasioni, i luoghi, e la richiesta del tarantato: i musici-terapeuti di Nardò sono tra i più famosi ed esemplari, essi raggiungono una forza ritmica impressionante con particolari tecniche (off-beat, ostinato, accelerazioni e decelerazioni dinamiche, variazioni di timbro). Nel ‘600 venivano impiegati per la terapia del morso del ragno anche: rebecchine, tamburelli, zampogne, fistole, trombe, chitarre, lire, cetre, bombarde, clavicembali, violini, arpe e liuti. Ma quasi tutta la letteratura sul tarantismo sottolinea la particolare importanza degli strumenti a percussione, in particolare del tamburello, per il buon esito della terapia. Anche questi musici-terapeuti appartengono alla fascia cosiddetta semiprofessionale; il loro modo di esecuzione è unico [dal libretto di sala dello spettacolo Sentite buona gente, a cura di Roberto Leydi, messa in scena di Alberto Negrin, con la consulenza di Diego Carpitella, inserti filmati tratti da “La Taranta” di Gianfranco Mingozzi].

  • Durata 14:12
  • Data Giovedì, 02 Marzo 1967
  • Luogo Piccolo Teatro di Milano
  • Provincia Milano
  • Regione Lombardia
  • Esecutore Luigi Stifani: violino, Salvatora Marzo: tamburello, Pasquale Zizzari:organetto, Giuseppe Ingusci: chitarra
  • Autore Roberto Leydi

  • Genere Filmato
  • Filmato

  • Descrizione

    La rubrica culturale di TV7, Cronache del cinema e del teatro, dedica un approfondimento a "i canti dell’Italia segreta": un'intervista a Roberto Leydi e Diego Carpitella, al Piccolo di Milano, riguardo la scelta di mettere in scena il Sentite buona gente. Roberto Leydi racconta dell'esplorazione con Diego Carpitella attraverso l'Italia alla ricerca di informatori con i requisiti di "autenticità", e in possesso di "qualità spettacolari", perché il risultato dell'indagine non fosse un documentario, un catalogo nozionistico di repertori di tradizione, ma un vero e proprio spettacolo; l'intervistatore interroga i due etnomusicologi sul rischio di mistificazione e stilizzazione in cui possono incorrere simili tentativi di rappresentare, fuori contesto, momenti di vita comunitaria veicolati dalla musica; risponde Diego Carpitella sottolineando di aver selezionato soltanto una certa parte dei repertori, che definisce le scuole cantorum della tradizione contadina e pastorale, e gli esecutori più apprezzati nei loro contesti di provenienza: "gli strumenti che suonano, come il modo di cantare, fanno parte del loro modo di vita e questo li rende degli specialisti, sono già dei "semiprofessionisti" nel loro contesto di tradizione orale"; intanto sul palco danzano i pastori di Orgosolo, i quattro spadonari di Venaus e la prima formazione dei cantori di Carpino.

    Data: febbraio 1967

     

  • Durata 07:00
  • Luogo Piccolo Teatro di Milano
  • Provincia Milano
  • Regione Lombardia
  • Autore servizio TV7