La riproposta (14)
Contro una filologia mutila, un'originale esperienza
Nato nell'ambito del teatro d'avanguardia, il Teatrogruppo si volge, a partire dal 1974, a una rivisitazione dei repertori popolari dell'area campana grazie all'impulso di uno dei fondatori, Carlo Vassallo, che da sempre coltivava interessi spiccatamente musicali, e all'arrivo di Paolo Apolito, impegnato allora nelle ricerche sui carnevali campani accanto a Roberto De Simone, che aveva nel frattempo imposto all'attenzione nazionale l'esperienza della Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Da un'iniziale adesione alle tendenze più rilevanti del folk revival militante, orientato allora verso la creazione di una "nuova" canzone popolare più adatta alla sensibilità di un pubblico di area urbana e di matrice operaia, il gruppo evolve rapidamente in una riproposta più filologicamente calibrata sulle teorie del cosiddetto "ricalco" che doveva offrire, in contesti diversi ma secondo lo "specifico stilistico", canti e musiche raccolti sul campo.
Una linea evolutiva chiaramente evidenziata nella successione dei primi tre spettacoli musicali: dal prevalente riferimento ai canti di Giovanna Marini, che caratterizzano Ricerca musicale n. l e, in modo minore, anche Ricerca musicale n. 2, si passa, con Ricerca musicale n. 3, a brani esclusivamente raccolti sul campo e riproposti secondo criteri e modalità esecutive il più possibile vicine a quelle originarie, come testimoniato anche dalla predilezione per strumenti acustici (chitarra a battente, tammorra, campanelli e bacchette con la fisarmonica usata come zampogna) e dalle inflessioni delle voci secondo modalità arcaiche del canto contadino con un'impostazione che avrebbe ulteriormente accentuato la carica antagonistica e contestativa di queste musiche e evitato, allo stesso tempo, le contraddizioni e incoerenze in cui rischiava di arenarsi la spinta rinnovatrice di tanto folk revival, come sottolineato nelle fitte note a corredo degli LP Musica popolare del salernitano, del 1976, e Carnuvà pecché si' muorto, e Musica popolare del salernitano, vol. 2, del 1977, promossi e prodotti da Roberto Leydi per la collana Albatros.
Negli spettacoli musicali, come nei due dischi, i singoli brani erano riproposti con innesti sonori che, legandoli l’uno all’altro secondo quella che Vassallo indicava come la "tecnica dell'accumulo", doveva offrire un'efficace rappresentazione della circolarità di temi e motivi all'interno di una cultura unitaria, dotata di propri codici espressivi e formali, sia pure differenziati a seconda dei territori. Circolarità e unitarietà che dovevano risaltare anche dalla "omogeneità territoriale" prevalente nei due dischi: nel primo, riferito all’ambiente contadino dell’agro sarnese-nocerino, spiccava il ritmo dettato da tamburi, tammorre, nacchere e strumenti percussivi, mentre nel secondo, riferito al Cilento, dominava il suono più melodicamente strutturato di chitarre battenti, campanelli, tamburello e fischietto: nell'impossibilità di cogliere come separati e autonomi i singoli pezzi, l'ascoltatore/spettatore era così immerso in uno "spaccato" profondo delle sonorità delle due aree culturali.
Grazie anche alla sua originaria e mai dismessa vocazione teatrale, il Teatrogruppo si accostò inoltre ai repertori tradizionali con un'attenzione particolare alla gestualità popolare che doveva rendere ancora più pregnante la rappresentazione di una straordinaria eredità culturale, all’epoca rivisitata con riferimento pressoché esclusivo alle componenti verbali e musicali e, più raramente, anche alle specifiche modalità esecutive dei repertori di tradizione orale.