01 Intervista sulla mascherata, parte I (gli organizzatori)
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Ampia intervista (purtroppo la qualità della registrazione non è delle migliori), effettuata in un ambiente chiuso, con alcuni uomini (ma principalmente quello che risponde è uno solo) purtroppo non identificati (da quel che si ascolta nella registrazione uno di loro dovrebbe chiamarsi Aristide) probabilmente tutti facenti parte del comitato organizzatore della mascherata di Piazza di Pandola del 1973. Si parla per cominciare del significato dell’"intreccio" che secondo l’intervistato principale dovrebbe essere collegato all’intreccio rappresentato nella Zeza, che, a suo avviso, è all’origine di tutte le mascherate. Specifica però che a Piazza di Pandola, per quel che ne sa, non c’è mai stata la rappresentazione cantata della Zeza, che pure si effettua in paesi e frazioni vicini, ma soltanto lo ’ntreccio e la mascarata alla quale partecipano persone di diversa estrazione sociale (operai, contadini, impiegati, studenti, ecc.). C’è una sorta di carriera interna alla mascherata: quando si è ragazzini si fa il "pagliaccetto", crescendo si partecipa poi all’"intreccio" e infine, da adulto, si possono sostenere anche le parti recitate e improvvisate. La partecipazione del paese è quasi totale, l’evento coinvolge in diverso modo quasi il 90 per cento della popolazione. Si parla poi dei vestiti che prima si compravano "belli e fatti", adesso invece, poiché si era instaurata una sorta di competizione a chi avesse il vestito più bello, ognuno lavorava al proprio. Si descrive l’abito tipico maschile di chi partecipa allo 'ntreccio. Il ruolo si trasmette "da padre in figlio" oppure si segue per lungo tempo chi lo interpreta e, quando esce dalla mascherata perché muore o per vecchiaia, si può prendere il suo posto. Si racconta che una delle motivazioni più forti della ripresa della mascherata a Piazza di Pandola nel 1973, dopo che per ben diciotto anni (quindi dal 1955) non si era più tenuta, era la rivalità verso due frazioni vicine, Figlioli e Borgo, che avevano ricominciato a farla negli ultimi anni, cosa che per loro era stata avvertita come offesa, e volevano dimostrare a tutti che la loro mascherata superava tutte le altre sia per l’"intreccio" che per i costumi. Si parla poi del perché le donne non partecipino, definendolo una sorta di tabu storico: siccome la mascherata risale al '600-'700, e allora le donne non potevano prendervi parte, la cosa poi si era tramandata ed era rimasta così, ma è comunque, a loro avviso, un segno di una mancata evoluzione. Si parla infatti di un tentativo (poi fallito) di creare una banda di majorettes composta esclusivamente da donne, in modo da introdurre un elemento innovativo. Vengono poi descritti altri abiti e si specifica che per ricostruire molti di questi ci si era avvalsi non solo delle testimonianze dei più anziani ma anche di quanto riportato nel volume Montoro nella storia e nel folklore di Aurelio Galiani (pubblicato nel 1947 e ristampato nel 1990). Si spiega poi che era stata ingaggiata per la mascherata di quell’anno la piccola banda di Serino poiché, a detta loro, "parlare di mascherata senza la banda piccola di Serino è un controsenso". Si racconta infine, tra le altre cose, di come spesso in passato la mascherata venisse ospitata in palazzi signorili dove il signore di turno, spesso mosso da ambizioni politiche, offriva alla popolazione vino, biscotti, taralli e così via. Un po’ quello che succedeva anche negli anni Settanta poiché in quei paesi "potevano cambiare i costumi ma non la mentalità". Loro invece cercavano di usare la mascherata anche per far cambiare la "mentalità".
Data: gennaio-marzo 1973
- Durata: 32:24
- Luogo: Piazza di Pandola (fraz. di Montoro Inferiore)
- Provincia: Avellino
- Regione: Campania
- Esecutore: Anonimi: voci maschili
- Autore: Paolo Apolito