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16 O giovinetta amabile

  • Genere: Audio
  • Audio:

  • Descrizione:

    Testo: O giovinetta amabile 
    sappi la scelta far 
    a chi usa stare in ozio 
    il cuore non donar. 
    Su da bravi giovanotti 
    dite pure l’arte che fate 
    quanto al giorno guadagnate, 
    se bramate di sposar. 
    Io vi do la figlia mia 
    questa gioia questa perla 
    di saperla ben tenerla 
    e di non farla tribular. 
    Ci son io che fo il sarto 
    sono un bel giovanetto, 
    io guadagno qualche cosetta,
    quando c’ho da lavorar. 
    Alle quali io sono istruito 
    e lavoro ancor da donna 
    alla mia moglie abiti e gonne 
    non gli fo giammai mancar. 
    Non ci vuole panno, non ci vuole gonna 
    che mi vieni a me d’intorno 
    tu non guadagni un grosso al giorno
    giovanotto va via di qua. 
    E ritorna ancor di zinni 
    e ritorna ancor di nanna 
    e ritorna ancor di nanna 
    un ragazzo di vostra età. 
    Ci son io che fo il barbiere 
    la mesata guadagno certo, 
    quattro scudi son di certo 
    qualche cosa ancor di più. 
    Alle quali io sono impiegato, 
    ciò la casa della mia 
    questa è tutta roba mia 
    la ragazza la sposerò.
    Quattro scudi basteranno 
    i tuoi vizi a mantenere 
    come figlia di un barbiere, 
    io per me dico di no. 
    Io che abito in montanino 
    fo il mestiere da muratore 
    e c’ho un giusto cuore 
    di poter colei campar. 
    Stai zitto o montanino 
    che vuoi parlar che vuoi,
    scontrastare qui con noi 
    l’avvenir tuo avvenir. 
    Tu dell’arte non ne sai 
    e guadagni pochi denaro
    ci son io che fo il calzolaio
    la ragazza la sposerò. 
    Cucio scarpe e birzicchini 
    son famoso lavorante 
    son pulito e sono elegante 
    la miseria qui non c’è. 
    Stai zitto ciabattino 
    ti conosce il vicinato, 
    che vai tutto rappezzato
    che di nuovo non sai far. 
    Tu dell’arte non ne sai 
    e guadagni pochi denaro 
    ci son io che fo il falegname 
    la ragazza la sposerò. 
    Stai zitto mastro d’ascia 
    che la moglie a te t’impiccia 
    e per bocca gli dai i ricci 
    non li puole digerir. 
    Tu dell’arte non ne sai 
    e guadagni poco denaro 
    ci son io che fo il fabbro ferraio 
    la ragazza la sposerò. 
    Stai zitto mastro fabbro 
    che sei di guasta serrature 
    e tu non ci hai il cuore 
    di poter colei sposar. 
    Tu dell’arte non ne sai 
    e guadagni troppo poco 
    ci son io che fo il cuoco 
    la ragazza la sposerò, 
    che carne, minestra e brodo 
    non gli fo giammai mancar. 
    Amanti miei mi compatite 
    se la mia madre vi ha sviliti 
    la mia madre mi vuole dare 
    uno che mi può campare. 
    Che sia un giovanetto 
    bello, grazioso e senza difetto 
    e se brami la mia destra 
    di venir capo maestro 
    e compiuto il matrimonio 
    allegro al fin si sta. 
    Evviva gli sposi evviva 
    evviva la libertà.


    Il canto illustra, nelle parole di una mamma che cerca marito per la figlia, i pregi e i difetti di alcuni mestieri. Un evidente richiamo ad un mondo in cui le fascie sociali artigiane avevano un certo rilievo nella vita comunitaria. La cantrice introduce il canto affermando: "questo si canta il giorno di carnevale". E' probabile che fosse collegato alle rappresentazioni satiriche e al sistema cerimoniale e rituale diffuso in questo periodo dell'anno.

    La registrazione è stata effettuata nell'estate 1964.

  • Durata: 04:42
  • Luogo: Pietracamela
  • Provincia: Teramo
  • Regione: Abruzzo
  • Esecutore: Ginevra Bartolomei: voce
  • Autore: Nicola Jobbi