Annabella Rossi, nata a Roma il 14 settembre del 1933 da padre chimico e madre violinista, già prima di conseguire la laurea lavora in ricerche in ambito preistorico e protostorico: ordina collezioni silicee conservate nel Museo Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini”, partecipa a ricerche nell’Italia centromeridionale. Si laurea nell’anno accademico 1956-1957 e nel 1958 partecipa ad una ricerca in Val Camonica sulle incisioni preistoriche e protostoriche dei camuni. Di quegli anni è il suo interesse per l’influenza dell’arte preistorica nei confronti dell’arte del Novecento. Nel 1959, inoccasione dell’uscita di un numero monografico della rivista “Nuovi Argomenti”, conosce Ernesto De Martino. Attraverso i numerosi colloqui con lo studioso e la lettura dei suoi scritti, Annabella Rossi approfondisce la tematica del rapporto tra mondo primitivo e mondo contemporaneo, inquadrandola in un ambito politico-sociale, come problematica dei rapporti tra classi al potere e classi subalterne. Questi nuovi interessi, consolidati attraverso la partecipazione nel 1959 a due ricerche dirette da Ernesto De Martino, in Puglia relativamente al fenomeno del tarantismo, in Basilicata relativamente al “senso del peccato in una comunità meridionale”.
Nel 1960 viene assunta nel Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma. Nel corso degli anni Sessanta, Annabella Rossi effettua, soprattutto nel meridione italiano, una serie di ricerche corredate di documentazione fotografica e sonora. Le ricerche riguardano soprattutto la religiosità popolare e la cultura materiale. I risultati di questo lavoro di ricerca sono confluiti, soprattutto, nei volumi Le feste dei poveri (1969, Laterza) e Lettere da una tarantata (1970, De Donato, ora anche per Squilibri editore). Nel 1964 pubblica, insieme a Simonetta Piccone Stella, il volume La fatica di leggere (Editori Riuniti), risultato di una ricerca sulla diffusione della lettura presso le classi popolari.
In questi stessi anni, partecipa all’attività di diverse associazioni: Centro Italiano di Antropologia Culturale, Italia Nostra, e collabora alle cattedre di Antropologia Culturale, e poi di Sociologia, dell’università di Roma. Contemporaneamente, entra in contatto con un gruppo di psichiatri che fa capo a Franco Basaglia; attraverso questi incontri si avvicina sempre più alla tematica dell’“esclusione” delle classi subalterne e delle patologie psichiatriche diffuse in ambito popolare.
L’incontro con il regista Michele Gandin avviene nei primi anni Sessanta, e si trasforma ben presto in un rapporto affettivo che durerà per tutta la vita, e che sarà caratterizzato dal confronto intellettuale e dal condividere, in molti casi, viaggi ed esperienze di ricerca.
A partire dagli anni Settanta inizia una collaborazione tra il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari e la cattedra di antropologia Culturale dell’Università di Salerno: la studiosa terrà l’insegnamento di questa disciplina fino all’insorgere della sua malattia. Durante gli anni di insegnamento Annabella Rossi ha effettuato, insieme a studenti e docenti dell’Università di Salerno, ed al personale del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, numerose ricerche in Campania, particolarmente sui rituali del carnevale, con documentazione sonora, fotografica e filmica. I risultati di questo complesso lavoro sono stati pubblicati in numerosi saggi, e nel volume di R. De Simone-A.Rossi, Carnevale si chiamava Vincenzo (1977, De Luca).
Nel corso di tutta la sua vita professionale, la studiosa ha partecipato a numerosi congressi e seminari, con interventi relativi alla festa, alla ritualità, al carnevale presso le comunità agropastorali dell’Italia Meridionale.
Tra gli ultimi lavori, si annovera la realizzazione, insieme a Gianfranco Mingozzi e Claudio Barbati, di un documentario di quattro ore per RAI Due, un viaggio nei luoghi e nelle tematiche demartiniane, dal titolo Sud e Magia.
Nel 1980 Annabella Rossi è colpita da una grave malattia, che le impedirà di portare a termine i numerosi progetti ancora in corso di realizzazione. Durante la sua malattia partecipa ad alcuni seminari, ed escono ancora sue pubblicazioni. Morirà il 4 marzo del 1984, lasciando, oltre ad una eredità di pensiero, di studi, di scritti, un imponente corpus documentario fotografico, sonoro e filmico, relativo alle culture agropastorali dell’Italia centromeridionale, e conservato presso il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari.
(E. Silvestrini, La biografia, in Vincenzo Esposito, a cura di, Annabella Rossi e la fotografia. Vent'anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania, Napoli, Liguori Editore, 2003, pp. 177-78).