Protagonista di assoluto rilievo della fotografia italiana, Franco Pinna (La Maddalena 1925 - Roma 1978), è stato innanzitutto un fotogiornalista le cui collaborazioni con Ernesto De Martino e Franco Cagnetta costituiscono un episodio di straordinaria importanza, anche ai fini della sua affermazione professionale, all'interno però di una carriera svoltasi per grandissima parte al di là della ricerca antropologica, con la quale non vennero mai stabiliti rapporti di carattere sistematico.
Dopo la militanza nella Resistenza romana e la partecipazione, come direttore di fotografia, al documentario Canto d’estate di Pier Luigi Martinori e Stefano Ubezio, si avvia alla professione costituendo, assieme ad altri colleghi, la cooperativa Fotografi Associati, ispirata al modello internazionale della famosa agenzia Magnum. La pratica della fotografia giornalistica viene concepita in parallelo a un'intensa militanza politica nella quale Pinna si distingue come attivista del Partito Comunista Italiano: nel 1952 a Roma riprende, con Tazio Secchiaroli, le cariche della polizia durante una manifestazione contro la NATO, con metodi da blitzphotographie che in seguito sarebbero stati ripresi, con tutt'altre finalità, dal cosiddetto "paparazzismo".
Nel periodo delle prime due spedizioni in Lucania al seguito di De Martino (1952, 1956), Pinna collabora con testate illustrate quali Paese Sera, Vie Nuove, Noi Donne, Il Mondo e RadioCorriereTV, per il quale è ingaggiato dal direttore Luigi Greci, padre della sua futura compagna di vita, specializzandosi nei servizi a colori e nelle cover. Negli anni Sessanta e Settanta sono invece L'Espresso e Panorama le riviste per le quali lavora più frequentemente, realizzando comunque numerosi réportages anche per importanti testate straniere come Life, Stern, Sunday Times, Vogue, Paris Match.
Nel 1959 pubblica il suo primo fotolibro, La Sila, con testi di De Martino, a cui fa seguito, nel 1961, Sardegna, una civiltà di pietra, opere che bene chiariscono i termini dell'autonomia espressiva di Pinna rispetto alle ricerche antropologiche di De Martino.
A partire dal film Giulietta degli Spiriti (1965), diventa fotografo di fiducia di Federico Fellini, del quale aveva già seguito le riprese de La strada. A suggellare il rapporto, l'uscita, nel 1977, del fotolibro Fellini's Filme, con la maggior parte delle immagini di Pinna, che consegue notevole successo internazionale.
Franco Pinna muore improvvisamente il 2 aprile del 1978. Fellini fu il primo a visitarne la salma.
Le collaborazioni di Pinna con De Martino, che lo portano al suo seguito in Basilicata (1952, provincia di Matera; 1956, provincia di Potenza; 1959, S. Giorgio Lucano, Gioco della Falce) e in Salento (1959, tarantismo), s'inseriscono dunque come esperienze particolari all'interno di un'attività di fotoreporter che le ricerche antropologiche non riescono a snaturare, semmai obbligano a un adeguamento, ricercato sul posto secondo l'approccio empirico che contraddistingue buona parte delle spedizioni interdisciplinari. Apportò quanto andava maturando nel corso della sua formazione, con particolare riferimento ad alcuni interessi tecnico-formali quali la precoce specializzazione nel colore, nel modulo del fotodocumentario e nell'uso di formati speciali come il panoramico, per il quale si rivela probabilmente come il maggior specialista nazionale. Nelle foto sui maghi lucani o le tarantate salentine, emerge così la vena militante del reporter, incline verso forme di spietata analisi sociale e di costume e votato a una ispirata opera di denuncia civile, ma anche la ricerca formale dell'autore, capace di alternare la poetica dell'istante, cara a Cartier-Bresson, con le pose lunghe, le immagini isolate e le sequenze paracinematografiche, sempre in linea con una cura meticolosa nella resa di toni, dettagli ed equilibri compositivi.
Nel 2002, l'Archivio Franco Pinna di Roma ha provveduto a catalogare i materiali realizzati in Lucania secondo criteri di filologia fotografica che nelle sue linee di principio rispecchiano "un certo modo di concepire e organizzare la pratica di lavoro" del fotogiornalista: "si sceglie la ripresa, si scatta, si sviluppa, si provina, si selezionano ed eventualmente si riquadrano i provini, si stampa in modo più o meno variabile (per formato, tipo di carta, per modalità di resa ecc.) a seconda della destinazione prevista, in certi casi si ritocca. Il risultato finale di questo processo è la fotografia del fotogiornalista, il testo da lui configurato in un certo modo e non in uno degli altri mille e più possibili" (G. Pinna, Con gli occhi della memoria. La Lucania nella fotografie di Franco Pinna 1952-1959, Trieste, 2002, p. 9). Se, dunque, in quanto documenti tutti i materiali in questione possono essere accomunati comodamente in un'unica categoria, da un punto di vista più strettamente fotografico essi vanno considerati tenendo conto della basilare distinzione fra ripresa (la risultanza documentale di quello che il linguaggio ordinario chiama "scatto") e fotografia (ripresa selezionata ed eventualmente configurata dal fotografo nell'intento di determinarla come specifico testo visuale). In queste sede, i materiali lucani di Pinna, suddivisi secondo il succedersi delle spedizioni demartiniane, sono stati distribuiti in due distinte raccolte per ognuna delle due principali spedizioni: nella prima, Fotografie e riprese, compaiono i testi visuali riconoscibili come tali, sulla base di evidenze documentali che testimoniano delle scelte dell'autore, e altre riprese in relazione con essi; nella seconda, denominata Provini, sono invece visibili le stampe a contatto, preliminari ai testi della sezione precedente, che documentano della loro elaborazione.