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Archivio Sonoro

Annabella Rossi, Interviste 1974 (6)

Carnevale a S. Croce del Sannio, Bellizzi, Celzi, Cesinali e Montemarano

Interviste sul carnevale condotte da Annabella Rossi nel 1974 (probabilmente tra gli ultimi mesi di quell’anno e i primi del 1975) in cinque diverse località campane della provincia di Avellino (Cesinali, Celzi, Bellizzi, Montemarano) e a S. Croce del Sannio, nel beneventano. Gli interlocutori sono i protagonisti delle rappresentazioni (il capozeza di Bellizzi, il Pulcinella di Cesinali, ecc.) o commentatori che raccontano la storia, l’organizzazione e i "segreti" delle rappresentazioni carnevalesche dei loro rispettivi paesi. Parte di questi documenti è stata trascritta e indagata nel volume, curato dalla ricercatrice stessa e da Roberto De Simone, Carnevale si chiamava Vincenzo.

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  • Descrizione

    Intervista ad un cittadino di Santa Croce del Sannio sul carnevale. Si parla di una rappresentazione che vede coinvolte le maschere del capitano di sopra e del capitano di sotto: uno si mette da una parte e l'altro in quella opposta, poi ci sono i corrieri con i muli che portano l’imbasciata, si usano anche sciabole, lance, picche, come ad inscenare una battaglia. C’è poi la donzella che è vestita di bianco: si tratta sempre di un giovane mascherato poiché le donne non partecipano considerate anche le rigide temperature nei mesi del carnevale. Sono in tutto dieci-dodici maschere o personaggi, tra cui le pacchiane.Partecipano anche bambine dell’asilo di un paese vicino, Sepino (della provincia di Campobasso), che arrivano in pullman. I vestiti sono antichi e ognuno ce l’ha di solito già a casa. Le parti non sono tramandate all'interno della famiglia ma sono apprese dai giovani che delle volte concertano ovvero fanno delle prove. Non c’è musica ma solo un tamburo "antico" e i piattini, a volte escono anche con le trombe. Quando viene a mancare qualcuno per le parti, chi le interpreta in genere è un contadino o un operaio, può capitare che occorra coinvolgere dei figuranti a pagamento. I soldi vengono raccolti tra i partecipanti e tra i cittadini stessi ma senza un vero e proprio comitato organizzatore. La stessa amministrazione comunale spinge la popolazione a fare il carnevale affinché si mantenga viva la tradizione. Il carnevale a Santa Croce si fa sempre il martedì, per l’occasione tornano pochi emigrati, di più invece per il 15 agosto. La rappresentazione inizia verso le 14,30-15 e finisce alle 17-17,30, quando il capitano di sopra e quello di sotto si runiscono e dichiarano chiuse le ostilità. Il testo può anche cambiare. A volte vanno con i muli, a volte con i cavalli o, se mancano, anche a piedi. Alla fine si va tutti sul municipio del paese e si fanno "balli moderni" ai quali partecipa anche gente di paesi vicini (come Morcone). Si balla anche la tarantella ma su dischi registrati, prima invece c’erano anche gli organetti che suonavano.

    Data: 1974

  • Durata 07:45
  • Luogo Santa Croce del Sannio
  • Provincia Benevento
  • Regione Campania
  • Esecutore Anonimo: voce
  • Autore Annabella Rossi

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  • Descrizione

    Lunga intervista di Annabella Rossi a Ferdinado Tomeo, capozeza di Bellizzi, effettuata durante il periodo della commemorazione dei defunti, quindi quasi in prossimità della preparazione della Zeza del 1975. Tomeo, che all’epoca dell’intervista aveva cinquantaquattro anni e faceva il muratore, pur essendo di Bellizzi abitava da alcuni anni nella contrada S. Tommaso di Avellino. Racconta di recitare la Zeza da quando aveva quattordici anni (anche il padre e il fratello erano stati vecchi zezaiuoli) e di avere praticamente fatto tutte le parti: la prima volta interpretando il Marinaio (personaggio presente però nella Zeza di Cesinali, a cui lui aveva partecipato, non in quella di Bellizzi); dal secondo anno aveva invece vestito i panni di Don Zinobio, ovvero il Dottore(che, a suo avviso, è il ruolo principale) vincendo diverse gare. Si riferisce a delle gare che si facevano tutti gli anni, prima della seconda guerra mondiale, alle quali partecipavano 10-12 diverse compagnie di Zeza (due erano di Avellino, una di Bellizzi, di Monteforte, di Mercogliano e di altri paesi dell’Alta Irpinia, più una anche di Nola). La gara si svolgeva nel cinema Partenopeo di Avellino (poi chiamato Eliseo), si recitava sul palco e c’era una giuria che dava i voti per gli abiti, per il trucco, per il ballo, per il canto ecc. e alla fine si faceva la somma del punteggio, si decretavano i vincitori di premi in medaglie d’oro oppure in denaro (25 o 50 lire). Quando aveva cominciato lui, verso il 1934-35, c’erano tra le cinquanta e le sessanta persone che partecipavano e quindi almeno sette, otto persone che interpretavano ciascuna delle quattro parti dandosi il cambio durante le diverse uscite (quindi otto Zeze, otto Pulcinella, otto Don Zinobio e otto Purzielle) mentre in quel momento a stento si trovavano cinque interpreti per parte. Orazio Tomeo comanda anche il ballo, la quadriglia, che segue sempre alla parte recitata e cantata della Zeza di Bellizzi che si chiude col matrimonio tra Purziella e Don Zinobio. La quadriglia viene ballata da tutti gli interpreti delle varie parti (quindi le cinque Zeze, i cinque Pulcinella ecc.) ad eccezione di qualcuno che viene scartato o perché non sa ballare oppure perché risulta in numero dispari rispetto alle coppie di ballerini che sono composte da maschi e femmine (ovvero maschi travestiti che fanno la parte di Zeza o Purziella) e che devono essere sempre di numero pari (tipo otto+otto, un tempo potevano essere anche dodici+dodici). L'intervistato racconta che prima della guerra loro facevano la Zeza anche a Celzi e a Forino mentre adesso la fanno solo a Bellizzi e ad Avellino poiché le spese da sostenere sono troppe. Parla quindi della differenza tra la Zeza di Celzi, che secondo lui è una semplice mascherata con la rappresentazione dei mestieri, rispetto a quella di Bellizzi che è una sorta di "operetta buffa". Accenna poi al fatto che anche i costumi sono diversi rispetto al passato: ad esempio anticamente le collane e i bracciali indossati erano veramente d’oro ed erano quelli posseduti dai contadini, invece adesso si usano solo delle "imitazioni". Prima della rappresentazione e dell’uscita bisogna provare (usa il termine "concertare") almeno per un mese e mezzo, e i vecchi devono insegnare ai più giovani come interpretare al meglio le loro parti. Di solito per le prove si affitta un locale e due musicisti (un fisarmonicista e un violinista) e quindi, considerando il consumo di luce e i pasti da pagare ai musicisti durante la "prova generale" che si effettua una settimana prima, i garofani e i fiori che bisogna acquistare (che vengono poi donati al pubblico, durante la rappresentazione, dal Giardiniere, tramite la cosiddetta "scaletta" che serve per ricevere in cambio delle offerte) sono tutte altre spese che gravano sull’organizzazione generale. Si parla quindi dei posti, dei giorni e degli orari delle varie uscite in pubblico: in passato per due giorni si stava in paese (la domenica precedente e il Martedì Grasso) e negli altri due giorni si girava per diversi paesi uscendo la mattina alle 8 e tornando la sera alle 22, facendo fino a dieci-dodici Zeze al giorno, mentre in quel momento si realizzavano non più di sei-sette Zeze poiché si usciva più tardi la mattina. Tomeo ricostruisce infine in modo abbastanza dettagliato le rappresentazioni della Zeza a Bellizzi dal secondo dopoguerra fino appunto al 1974, la cui tenuta è molto spesso legata alla sua partecipazione o meno all’organizzazione della stessa, per ragioni private che lo hanno talvolta indotto a trasferirsi anche all’estero. Nell’intervista interviene un’altra voce maschile che fa una domanda a Tomeo, si tratta di una persona non identificata che probabilmente accompagnava la Rossi.

    Data: novembre 1974

  • Durata 23:24
  • Luogo Bellizzi Irpino, fraz. di Avellino
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Ferdinando Tomeo: voce
  • Autore Annabella Rossi

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  • Descrizione

    Intervista corale ad un gruppo di persone coinvolte, come organizzatori o partecipanti, nel carnevale di Celzi (frazione di Forino, comune dell'avellinese) caratterizzato dalla canzone di Zeza, dai Mestieri, dal balletto definito 'o ntreccio e dalla morte di Carnevale. Si parla dei vestiti confezionati dalle ragazze che fanno parte del gruppo. La musica è presente ma si tratta di musica registrata: tarantelle, quadriglie o altri brani tradizionali diffusi da un registratore per mancanza di fondi necessari ad ingaggiare musicisti. Si parla di alcuni ricercatori (si allude forse a De Simone e la Russo, cfr. raccolta 1973) che avevano già seguito e documentato la loro rappresentazione sottolineando la mancanza di musica suonata dal vivo. I diversi ruoli hanno subito nel tempo trasformazioni: le donne, ad esempio, ora partecipano alla rappresentazione e vengono meno i "travestimenti". La Rossi chiede se lì in paese c’è un cinema ma loro rispondono che c’è soltanto a Forino, comune di cui Celzi è frazione. Le rappresentazioni cominciano un paio di domeniche prima del carnevale per concludersi nei tre giorni di domenica, lunedì e martedì grasso quando con la morte di Carnevale si chiude tutto. Oltre che a Celzi, fanno la loro rappresentazione anche a Solofra, Avellino, Forino, Bellizzi ecc. Si parla poi del testo e di un certo professore del posto che lo conserva. Si ricorda di nuovo che erano venute delle persone da Roma per registrare con una fotografa (ci si riferisce probabilmente a Marialba Russo), e che erano poi tornate anche l’anno precedente quando però non si era fatto nulla ed erano rimasti delusi poiché gli era stato promesso un "servizio fotografico". Da queste ultime affermazioni è possibile dedurre che il presente documento possa risalire più che al 1974 ai primi mesi del 1975 poiché De Simone e la Russo avevano registrato la rappresentazione a Celzi nel 1973, invece era nel 1974 che non si era più tenuta. La loro è una Zeza "quasi classica", i Mestieri, invece, sono il pescivendolo, il falegname, il calzolaio, l’avvocato che recitano in chiave comica le loro "particine". L’innovazione riguarda la partecipazione delle donne che fanno le parti femminili, prima invece interpretate da maschi "travestiti", e poi il balletto ovvero il classico intreccio.

    Data: 1974

  • Durata 05:02
  • Luogo Celzi (frazione di Forino)
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Anonimi: voci maschili
  • Autore Annabella Rossi

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  • Descrizione

    Intervista all'interprete, di cui non vengono indicate le generalità, del ruolo di Pulcinella nella canzone di Zeza di Cesinali in quegli anni. Si parla appunto della Zeza cesinalese e del fatto che era stata ripresa da due anni, grazie soprattutto all’interesse dei ragazzi, dopo che per più di dieci anni non era stata organizzata principalmente per motivazioni economiche, dovute alle numerose spese necessarie per l’organizzazione della rappresentazione: soprattutto per la musica, poi i vestiti, i nastri ecc. Se i vestiti "vecchi" si comprano al mercato di Atripalda, altri sono recuperati, come il vestito della sposa indossato da Purziella che è quello della nuora dell’intervistato. La Zeza di Cesinali è differente e più "moderna" rispetto quella di Bellizzi, che non ha subito interruzioni e si è conservata secondo la tradizione, anche se, a detta dell’intervistato, la più antica sarebbe proprio quella di Cesinali. La musica è la stessa di Bellizzi, così come i testi, anche se cantati in modi differenti; c’è un solo Pulcinella e non cinque come a Bellizzi. L'interlocutore ha sempre interpretato il ruolo di Pulcinella, solo il primo anno che partecipò fece il Marinaio, mentre il fratello era Don Zenobio. Si racconta di una socialità perduta: quando non c’era neanche la televisione, ci si riuniva in campagna e, accompagnati soltanto dall’organetto a otto bassi, si ballava. La ripresa della Zeza è legata alla proposta, avanzata dall'intervistato durante un Venerdì Santo, quando a Cesinali veniva organizzata una rappresentazione della Passione di Cristo dal professore Carmine Fernando Venezia, di dare insieme nuovo impulso alla tradizione. Fu sempre lui a concertare (termine con il quale si indicano le prove che precedono la rappresentazione della Zeza) e le parti le ricordavano a memoria (in realtà il prof. Venezia aveva una sua trascrizione del testo della Zeza risalente al 1961, si veda la raccolta Cesinali 1973). Le donne non hanno mai recitato nella Zeza per colpa dei pregiudizi degli uomini che non volevano che le proprie sorelle, mogli o figlie partecipassero. La Rossi chiede la professione dei vari interpreti della Zeza: l'interlocutore, Pulcinella, ha cinquant'anni, faceva l’intonacatore ma in quel momento era disoccupato, la Zeza la interpretava un manovale, Purziella un marmista, il Marinaio un elettricista e infine c’erano quattro Cacciatori interpretati da contadini. L'intervistato e il fratello comandano anche la quadriglia alla quale partecipano tutti i personaggi. Si racconta che la Zeza cominciava ad uscire dalla festa di Sant’Antonio, poi nelle domeniche successive, fino ai tre giorni di carnevale (domenica, lunedì e martedì grasso). Si usciva quindi cinque-sei volte, adesso solo nei tre giorni di carnevale. L’anno precedente la Zeza per questioni organizzative ed economiche non si era fatta (ci si riferisce probabilmente al 1974, visto che nel 1973 la Zeza di Cesinali è stata documentata; l’intervista quindi potrebbe risalire in realtà al 1975) ed era stato chiamato un gruppo folcloristico del Nord.

    Data: 1974

  • Durata 11:09
  • Luogo Cesinali
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Anonimo: voce maschile
  • Autore Annabella Rossi

  • Genere Audio
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  • Descrizione

    Lunga intervista ad una donna montemaranese (di cui purtroppo non vengono specificate le generalità) effettuata dalla sola Rossi sempre nel 1974 ma in un momento successivo al carnevale, probabilmente durante il periodo della commemorazione dei defunti. Si tratta della stessa intervista di cui è riportata la trascrizione quasi integrale nel volume, curato dalla stessa ricercatrice con Roberto De Simone, Carnevale si chiamava Vincenzo, e dalla quale apprendiamo che la signora intervistata è una casalinga di cinquant'anni. La donna racconta nei dettagli i carnevali tenuti a Montemarano anche durante la seconda guerra mondiale quando gli uomini non c’erano ma si festeggiava con i giovani. Diverse le maschere usate a quei tempi (le donne di cuori, bastoni, spade e coppe; Nerone, Giovanna d’Arco ecc.) e una volta fecero anche una gondola di Venezia con una persona sopra, vestita da marinaio, che cantava. La festa più memorabile era stata quella del 1939 quando c’era anche Saccone, ’o dottore. Si racconta poi dell’organizzazione in gruppi del carnevale: prima c’era anche un carnevale "di campagna", fatto dai contadini che venivano in paese con maschere più rozze e rudimentali. Si riferisce poi che il carnevale cominciava il 17 gennaio per continuare tutte le domeniche successive, fino ai tre giorni prima del Martedì Grasso concludendosi la domenica successiva con la Morte di Carnevale e la tradizionale rottura della pignata. I ricordi si concentrano sulla giornata di Sant’Antonio Abate: quando ci si veste in gruppi e si va per le case a raccogliere le offerte vestiti da Pulcinella, con le scope in mano a dimostrare devozione per Sant’Antonio che mendicava l’elemosina. Il 17 gennaio si comincia la mattina presto, intorno alle sette, e si prosegue fino a sera quando ci si riunisce in una casa privata per ballare, mangiare e divertirsi. L’anno prima (quindi nel 1973) si erano riuniti proprio a casa sua. Le persone che ballano a Sant’Antonio sono quattro o cinque per gruppo. Si balla poi anche il 25 giugno, prima di San Giovanni, ad agosto invece no, c’è solo la festa. Il ballo è per Santa Bomba il 25 giugno: iniziano la mattina quattro musicanti, si va sul campo sportivo e si balla la tarantella, poi si scende per il paese e il giorno dopo gli stessi musicisti vanno in processione per accompagnare S. Giovanni e Paolo. Si balla però soltanto il 25 giugno, in particolare nel pomeriggio dalle 14-14,30 in poi. Infine l'interlocutrice riconosce poi i personaggi della Morte di Carnevale di quell’anno: il Dottore era interpretato dal macellaio, la Vedova da Orazio (D’Agostino) e la figlia di Carnevale da un anziano. Si racconta infine che i Pulcinella che comandano il ballo cambiano: magari "Paparone" (?) un anno fa il Mago e l'anno successivo fa Pulcinella, e i due gruppi possono essere comandati massimo da due o tre Pulcinella.

    Data: 1974

  • Durata 12:03
  • Luogo Montemarano
  • Provincia Avellino
  • Regione Campania
  • Esecutore Anonimo: voce femminile
  • Autore Annabella Rossi